Saranno le canzonette a ricompattare l'Europa

Quando alla fine della Seconda guerra mondiale si dovette pensare ad una riconciliazione tra le varie nazioni europee uscite a pezzi dal conflitto, una delle prime idee fu di utilizzare lo sport e la musica quale elemento unificatore. E di coinvolgere direttamente l’unico Paese al centro del continente - il nostro - uscito tutto sommato illeso dall’immane tragedia. Alla Svizzera fu infatti affidata l’organizzazione, nel 1954, dei primi mondiali di calcio su suolo europeo dopo la guerra. E sempre la Svizzera - e Lugano in particolare - si fece carico di compiere un’analoga operazione di riavvicinamento attraverso un’arte ancora più pacifica del calcio (che, non va dimenticato resta pur sempre un surrogato del contesto bellico): la musica. Furono queste le premesse che portarono alla nascita, il 24 maggio del 1956 nell’ormai scomparso Teatro Kursaal, dell’Eurovision Song Contest, all’epoca una piccola competizione canora copiata dal Festival di Sanremo che nel tempo, è diventata il massimo evento televisivo non sportivo a livello continentale riuscendo, nonostante le sue mille contraddizioni e metodologie organizzative non sempre cristalline, a unire per qualche giorno l’Europa all’insegna di un’arte autenticamente popolare e sostanzialmente «buona» quale la canzonetta. Perché diciamolo: un motivetto può piacere o non piacere, emozionare o far venire l’orticaria, dividere in fazioni ma sempre con risvolti positivi che difficilmente sfoceranno negli eccessi e nella violenza che caratterizza, ad esempio, lo sport.
La musica, insomma, è uno dei pochi veri elementi di unità, in grado di superare le barriere linguistiche, etniche e culturali e di far se non dialogare, quanto meno comunicare le persone. Ecco perché l’edizione numero 69 dell’Eurovision Song Contest che prende il via quest’oggi a Basilea è particolarmente significativa. Non tanto dal punto di vista artistico (nella storia del concorso sono uscite poche canzoni che hanno fatto la storia e non crediamo che ciò accadrà quest’anno…) ma perché cade in uno dei momenti più difficili del nostro continente nell’ultimo mezzo secolo, in cui la cooperazione e il percorso di creazione di un’identità europea intrapreso tra non molte difficoltà (e parecchi errori) sta vacillando sotto i colpi sferrati da oltre Oceano e dall’area degli Urali da chi, contrariamente a noi, vede nell’Europa unita un pericolo alla propria egemonia e non un baluardo planetario della sicurezza e della socialità. E perché, come quasi sette decenni fa, vede la Svizzera nel ruolo di ricompattatore del continente attraverso un qualcosa magari non fondamentale sul fronte economico e finanziario ma emotivamente forte quale la musica.
Non poteva dunque esserci slogan più perfetto dello United By Music scelto dagli organizzatori per accompagnare la settimana canterina basilese, sottolineando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, il potere salvifico e rasserenante della canzone. Che ci auguriamo nella chiassosa, coloratissima e anche un po’ kitsch kermesse basilese possa nel suo piccolo contribuire a ridare a tutti un po’ di quella serenità della quale gli abitanti del nostro complesso ma nonostante tutto splendido continente, ha più che mai bisogno.