Detto tra noi

Stupidità e ottusità belliche

La guerra che ormai da due mesi si sta combattendo in Ucraina, oltre che incalcolabili danni in termini di vite umane e dal punto di vista economico-finanziario, sta avendo degli effetti altrettanto funesti e – temo – più duraturi dal punto di vista cerebrale, facendo lievitare oltre ogni ragionevole misura il tasso globale di cattiveria e di imbecillità
Mauro Rossi
29.04.2022 06:00

La guerra che ormai da due mesi si sta combattendo in Ucraina, oltre che incalcolabili danni in termini di vite umane e dal punto di vista economico-finanziario, sta avendo degli effetti altrettanto funesti e – temo – più duraturi dal punto di vista cerebrale, facendo lievitare oltre ogni ragionevole misura il tasso globale di cattiveria e di imbecillità. Un esempio lampante in tal senso è la sfrenata e dilagante «russofobia» che sta spingendo alla cancellazione di tutto ciò che è legato a quel Paese: dai balletti di Ciaikovskij ai testi di Dostoevskij fino al cocktail Moskow Mule. Un movimento che di questo passo potrebbe presto portare ad un’ostracizzazione dell’insalata russa (che, per inciso, loro chiamano «insalata Olivier» o «francese») e alla criminalizzazione del russamento in quanto azione che la «cancel-culture» potrebbe giudicare una fastidiosa ancorché inconscia manifestazione di sentimenti filo-putiniani. Siamo insomma all’archetipo della tragicommedia, in cui si strilla indignati perché un film dedicato agli zombie in cartellone al prossimo Festival di Cannes ha nel suo titolo una «Z» tanto da costringere il regista, in nome della quieta convivenza, a toglierla (prossimo obiettivo sarà Zorro che presto o tardi sarà obbligato a modificare il suo storico simbolo…); in cui si mettono al bando dei giocatori di tennis che, pur avendo pubblicamente ripudiato ciò che sta facendo il loro capo di Stato, hanno la colpa di avere un passaporto russo e in cui (come fa Google) si toglie il simbolino che attesta l’origine russa dalle biografie ufficiali di molti personaggi di spicco della cultura e dell’arte. Operazioni stupide, che non hanno alcuna incidenza pratica (credete che Putin e i suoi accoliti si lascino condizionare da simili gesti?) e che, anzi, rischiano di trasformarsi in un pericoloso boomerang, alimentando e fomentando le divisioni, facendoci scendere allo stesso livello del «nemico» e in un certo senso addirittura rafforzandolo e trasformandolo in una sorta di vittima che, in quanto tale, ha il diritto/dovere di ribellarsi e replicare. Finché si decide di non andare in Russia o di boicottare/sabotare alcuni elementi strategici su cui si regge la sua attuale oligarchia, insomma, nulla da eccepire: cercare di vincere un Paese oscurando la sua storia e le sue tradizioni è invece un alto indice di ottusità oltre che una palese manifestazione proprio di quel fanatismo che si dichiara di voler combattere. Ciò che sarebbe necessario fare in questi difficili giorni è sì chiudere le porte a Putin ma, contemporaneamente, spalancare le finestre a Puskin, Pasternak, Sostakovic, Stravinskij, Gorkij ma anche a tennisti, sportivi, artisti e gente di cultura in generale che rappresentano l’autentica anima russa e dimostrare che sono anzitutto l’oscurantismo, la propaganda e la dittatura del pensiero i principali e più temibili nemici contro cui è necessario mobilitarsi.

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