Sulla SSR un voto che è anche un crocevia

La SSR è ben consapevole che il voto del prossimo 8 marzo sull’iniziativa «200 franchi bastano!», comunque vada a finire, sarà uno spartiacque nella sua storia, molto più del voto sulla «No Billag» dell’ormai lontano 2018. L’annuncio di ieri del taglio, previsto, di 900 posti a tempo pieno (mica pochi) entro il 2029 va letto in quest’ottica. I tempi si stanno accorciando, ça va sans dire, le urne incalzano e dal prossimo 1. gennaio sarà tutta una discesa precipitosa verso il voto, in una campagna che si prevede senza esclusione di colpi. E così la SSR, quando può, agisce giustamente in anticipo, anche con eventi informativi come quello di sabato scorso organizzato dalla CORSI all’USI di Lugano, che è stato ben partecipato.
La consapevolezza che sta spingendo la SSR verso una campagna sempre più stringente è appunto quella che il voto dell’8 marzo sarà la vera e incontestabile emersione del sentimento popolare verso la tivù pubblica in un’epoca dove gran parte della popolazione deve fronteggiare pesanti rincari di ogni tipo. Il contesto, in altre parole, è delicato, e come abbiamo già scritto su queste colonne non pochi cittadini potrebbero essere tentati di usare il voto sull’iniziativa, al di là dei contenuti e dei meriti della tivù pubblica, come una potenziale occasione di risparmio. Da qui l’esigenza della SSR di spiegare a tappeto le proprie ragioni, di mettere sul piatto il proprio valore di servizio pubblico e di raccontare un processo di trasformazione aziendale ormai inevitabile. È certamente un segno dei tempi. Una volta, era solo il settore privato dei media a dover battagliare a tutto campo, spiegando al proprio pubblico il valore intrinseco, non solo per la democrazia, del giornalismo ben fatto e del pluralismo, nonché la difficoltà di restare competitivi.
Comunque, per la SSR la partita reale si giocherà nei prossimi tre mesi. È vero che il piano di riorganizzazione «Enavant», che prevede risparmi per 270 milioni di franchi, è stato pensato anche a seguito della decisione del Consiglio federale di ridurre gradualmente a 300 franchi il canone a carico delle economie domestiche e ha come raggio di azione un periodo di tre anni, da qui al 2029 escluso. Ma è altrettanto vero che l’esito delle urne definirà quanto radicale dovrà essere la riorganizzazione della SSR nonché le strategie da impostare dopo «Enavant». Da questo punto di vista, l’annuncio di ieri del taglio di centinaia e centinaia di posti di lavoro in tutte le regioni linguistiche è certamente drammatico, come sempre quando si va a incidere nel tessuto sociale per motivi di risparmio obbligato, ma dovrà essere accompagnato anche da una completa e trasparente comunicazione sulle strategie riguardanti la riforma delle strutture e dei processi aziendali e il servizio che si intende offrire nei prossimi anni. È questa una sfida non da poco, per un gigante come la SSR, abituato a realizzare i propri palinsesti con una certa larghezza di risorse. In un’epoca dove l’offerta di informazione e di intrattenimento è tanto ampia da essere persino inverosimile, e dove molti attori internazionali - ma con mezzi decisamente superiori - stanno catturando l’attenzione anche degli svizzeri, la popolazione andrà alle urne, nel migliore dei casi, valutando innanzitutto la qualità del servizio pubblico che scaturirà dal proprio voto.
Per quanto dolorosi e tremendi - e specchio purtroppo dei nostri tempi - i tagli sono insomma solo una parte dei «compiti a casa» previsti dalla riorganizzazione. La campagna in vista dell’8 marzo è già iniziata, e si annuncia senza esclusione di colpi in particolare in Ticino, dove per l’iniziativa «200 franchi bastano» si sono raccolte circa 30.000 sottoscrizioni (sulle oltre 128.000 complessive) malgrado il nostro cantone rappresenti solo il 4% del Paese a livello demografico.


