L'editoriale

Il sangue, la paura e la miscela inedita

Quello della lotta al terrorismo internazionale è l’unico terreno che dovrebbe vedere gli schieramenti opposti nella guerra in Ucraina su una posizione comune, almeno nei confronti dell’Isis
Ferruccio de Bortoli
Ferruccio de Bortoli
25.03.2024 06:00

Mai ci era capitato di provare un minimo di sollievo nel leggere la rivendicazione di un attentato terroristico. Peccato sia durato poco. Un’attualità che mischia sangue e paura in una miscela inedita ci obbliga a impreviste torsioni. A reazioni fuori registro. Meglio che la mano assassina sia stata quella dell’Isis, ammesso che sia veramente così. Perché ne conosciamo la brutalità. La strage è più facilmente catalogabile. E ciò paradossalmente ci conforta. Lo stato islamico - di cui avevamo perso colpevolmente la memoria pensando di averlo sconfitto definitivamente - è l’acerrimo nemico dell’Occidente e della Russia. Putin contribuì non poco a contenerne la pericolosità, anche là dove, per esempio in Siria, altri preferirono non impegnarsi. Quello della lotta al terrorismo internazionale è l’unico terreno che dovrebbe vedere gli schieramenti opposti nella guerra in Ucraina su una posizione comune, almeno nei confronti dell’Isis. E c’è stato anche, in questa tragica circostanza, un allarme dell’intelligence americana sulla probabilità di attentati. Mosca lo ha sottovalutato. Era il prezioso aiuto del nemico che arma di più l’Ucraina. Il terrorismo si batte tutti insieme. Ce lo eravamo dimenticati!

La domanda che sorge spontanea è se tutto questo non debba, almeno in linea teorica, addirittura avvicinare le parti. Purtroppo è una pia illusione. Ci ha pensato lo stesso neoeletto presidente russo a sciogliere ogni piccola bolla di speranza. La propaganda di Mosca lascia intendere che sia così profondo l’odio dei suoi nemici da essere inclini ad ogni crudele espediente, anche quello di armare e proteggere frange terroristiche. Come se non esistesse più alcuna regola, alcuna convenzione. Come se si fosse precipitati nel più buio Medioevo. Kyiv, ovviamente non aveva alcun interesse. Il solo sospetto di complicità rischia però di alienare all’Ucraina alcune simpatie delle opinioni pubbliche dei Paesi liberi, che il Cremlino cerca costantemente di condizionare. Con tutti i mezzi, con tutte le menzogne, con qualche successo.

L’attentato rafforza o indebolisce Putin dopo il plebiscito di metà marzo? Da una parte lo Zar viene smentito nella promessa di sicurezza fatta ai cittadini poche settimane fa. Dall’altra ne capitalizza ulteriormente il consenso. La Russia riscopre comunque - al di là della propaganda - un altro fronte, quello del terrorismo islamico che si radicalizza nel Caucaso. E si sente ancora più accerchiata. I focolai interni non sono stati spenti dopo la strage, a firma cecena, al teatro Dubrovka a Mosca del 2002 e quella di Beslan nel 2004. L’assalto antisemita nel Dagestan dello scorso ottobre ne era stato un esempio premonitore.

L’attacco di Hamas a Israele, con la dura e sproporzionata reazione che ne è seguita, ha riportato in primo piano la causa palestinese, appoggiata dagli Hezbollah libanesi, dai guerriglieri Houti e dall’Iran. L’attentato di Mosca ha rilanciato la minaccia estremistica sunnita. Come se quest’ultima si fosse sentita, con la guerra nella striscia di Gaza, derubricata e ridotta nella sua importanza politica e militare. E avesse sentito la necessità di riaffermare, dopo la strage a Kerman, in Iran, del gennaio scorso, il proprio ruolo. Le grandi crisi sono ancora più intrecciate in un groviglio di torti, ragioni e soprattutto interessi. E, a questo punto, persino di terrorismi tragicamente e strumentalmente utili. Il valore delle vite umane, intanto, precipita, trovandoci spesso disattenti se non rassegnati.

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