Russia

Perché l'ISIS avrebbe attaccato Mosca

Un commando armato si è infiltrato venerdì nel Crocus City Hall, gremito di persone per un concerto, e ha sparato sulla folla – L'ISIS-K si pone come obiettivo la fondazione di un nuovo califfato che riunisca parti dell’Iran, dell’Afghanistan e del Pakistan, ma anche alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan
© KEYSTONE (EPA/MAXIM SHIPENKOV)
Red. Online
23.03.2024 14:44

«I combattenti dello Stato Islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia della capitale russa, Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grande distruzione nel luogo prima di ritirarsi sani e salvi nelle loro basi». È la dichiarazione pubblicata, ieri sera, sull'account Telegram dello Stato Islamico (ISIS), che ha rivendicato l'attentato al Crocus City Hall in cui hanno perso la vita – il bilancio è provvisorio – 133 persone. Il presidente russo Vladimir Putin ha detto in un discorso televisivo alla nazione che i quattro responsabili dell'attacco sono stati arrestati. «Sono tutti cittadini stranieri», ha aggiunto il ministero dell'Interno russo.

Non è ancora stata verificata l’attendibilità della rivendicazione dell'ISIS, ma il modus operandi è quello dei terroristi. Un commando armato si è infiltrato nel teatro, gremito di persone per un concerto, e ha sparato sulla folla. Gli attentatori hanno anche provocato il crollo del tetto dell'edificio con almeno due detonazioni. E, oggi, lo Stato Islamico ha rivendicato nuovamente l'attentato, dichiarando che a mettere in atto l'attacco sono stati quattro dei suoi «combattenti» di cui ha pubblicato le foto. «L'attacco si inserisce nel contesto di una guerra furiosa tra lo Stato Islamico e i Paesi che combattono l'Islam», ha aggiunto l'agenzia di stampa Amaq del gruppo militante su Telegram.

Perché l'ISIS avrebbe attaccato Mosca

ISIS è la sigla di Islamic State of Iraq and Syria (Stato islamico dell'Iraq e della Siria), comunemente noto come Stato islamico. Si usa spesso IS, nome più breve e meno territorialmente circoscritto. Ma nel caso dell'attentato a Mosca, sui media si parla di ISIS-K, uno specifico gruppo armato di estremisti islamici sunniti fondato tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015 nell'area di confine tra Pakistan e Afghanistan. Lo Stato Islamico-Khorasan, la «provincia» con basi nell’area afghana diventata oggi punta di lancia del Califfato, anche se al momento non c'è un link diretto con la componente Khorasan, area storica dell'Asia che contiene alcune zone di Iran, Pakistan, Afghanistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. L'ISIS-K ha come obiettivo quello di ottenere il controllo del Khorasan e di creare lì un califfato (Wilayat Khorasan, «provincia di Khorasan») che abbia come fondamento la sharia, la legge islamica, da espandere oltre i confini della regione. In questo processo il gruppo armato è in lotta anche contro lo stesso regime talebano afghano e contro le forze armate ufficiali pakistane.

Uno dei più noti attacchi terroristici dell'ISIS-K è quello all'aeroporto di Kabul, il 26 agosto 2021, durante il ritiro degli USA dall'Afghanistan. La fazione ha reclutato mujaheddin nelle ex repubbliche sovietiche e nel Caucaso, e ha coltivato simpatizzanti in Europa, inquadrando nel mirino Russia e Iran.Una combinazione di lotta totale, propaganda e proselitismo, dichiarando guerra ai nemici storici occidentali, ai cristiani, agli ebrei, ai russi, agli iraniani.

Una vendetta?

Il portale Geopop ipotizza tre scenari per l'attacco a Mosca. Partendo dal fatto che negli ultimi mesi l'ISIS-K aveva fatto alcune dichiarazioni in senso anti-russo, definendo Putin «nemico» e «assassino di musulmani», a causa degli interventi militari di Mosca in Afghanistan, Cecenia e Siria. A inizio marzo le forze armate dell'Inguscezia hanno fatto sapere di avere eliminato sei membri dell'ISIS. 

L'attacco al teatro di Mosca potrebbe essere anche un modo per destabilizzare maggiormante il quadro della guerra in Ucraina, con l'obiettivo di «fomentare conflitti in atto tra Stati o forze non musulmane - "nemici dell'Islam" - in contrasto tra loro». Putin, annunciando alla nazione l'arresto di quattro terroristi, ha precisato che dai risultati parziali dell'inchiesta sarebbe emerso che dalla parte ucraina del confine era stata creata «una finestra» per permettere loro di attraversare il confine. «Ci aspettavamo la versione dei funzionari russi sulla "traccia ucraina" nell'attacco terroristico al Crocus City Hall. Primitivismo e prevedibilità sono le caratteristiche dei servizi di sicurezza russi: qualsiasi tentativo di collegare l'Ucraina all'attacco terroristico è assolutamente insostenibile – ha dal canto suo ribattuto il consigliere presidenziale ucraino, Mikaylo Podolyak –. L'Ucraina non ha il minimo legame con questo attacco. La versione dei servizi russi è assurda».

Inoltre, un attacco così drammatico con risonanza internazionale potrebbe servire all'ISIS-K per rafforzarsi come gruppo e attirare nuovi adepti.

Le cellule cecene

Le cellule cecene, scrive il Corriere della Sera, erano tra le più feroci e militanti tra i ranghi del Califfato nel suo periodo di massima espansione tra il 2014 e il 2016. Quando, negli anni successivi, l'ISIS venne battuto, gli analisti puntarono il dito sul pericolo rappresentato dai militanti che tornavano alle loro case nelle province musulmane della Russia. Alcuni tornarono nelle repubbliche islamiche del Caucaso del nord, dove crearono un attivo movimento locale. Il 18 febbraio 2018 un militante dell'ISIS ha ucciso 5 persone nella chiesa russa di Kizlyar. Altri scontri a fuoco sono avvenuti nel 2019, in Daghestan, e sembra che alcuni elementi si siano spostati in Azerbaigian.

L'ISIS-K, conosciuto anche come Wilayat Khorasan, si pone come obiettivo la fondazione di un nuovo califfato che riunisca parti dell’Iran, dell’Afghanistan e del Pakistan, ma anche alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan. Una chiara minaccia per la Russia, che non dimentica le ribellioni islamiste nel Caucaso settentrionale, in particolare in Daghestan e in Cecenia con le due guerre degli anni Novanta e una lunga serie di sanguinosi attentati che fecero stragi di civili in varie città russe, compresa la capitale.

Solo due settimane fa, i servizi d’intelligence russi hanno rivendicato di avere eliminato una cellula dell’ISIS che pianificava un attacco contro una sinagoga a Mosca. E gli Stati Uniti avevano avvertito la Russia del rischio di attacchi da parte dell’ISIS-K, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante.

Nell'aprile del 2017 attacchi nella metropolitana di San Pietroburgo provocarono la morte di 15 persone. Il 27 dicembre di quell'anno un altro attentato era stato compiuto al Gigant Hall, nel supermercato Perekrestok. Il giorno successivo, alla cerimonia della consegna delle onorificenze ai soldati che si erano distinti in Siria, Putin aveva parlato del rischio del terrorismo «di ritorno». E aveva usato parole forti: «Ho dato l’ordine ai servizi di uccidere i terroristi senza indugi, sul posto, nel caso ci siano pericoli per i nostri agenti nel corso delle operazioni di arresto». «Cosa sarebbe successo – aveva aggiunto parlando ai militari – se migliaia di terroristi fossero tornati in patria armati e ben preparati?”. Un rischio concreto dato che qualche mese prima il Consiglio per la Sicurezza Nazionale aveva stimato in 2.700 i cittadini russi, perlopiù originari del Caucaso, partiti alla volta di Siria e Iraq per combattere nelle fila dello Stato Islamico e al Qaida.
Correlati
L'ISIS rivendica l'attacco a Mosca
I combattenti dello Stato islamico hanno diffuso un comunicato via Telegram – Smentita, nel frattempo, la notizia del ritrovamento di esplosivi nel parcheggio del Crocus City Hall – Kiev: «Le accuse verso di noi solo una provocazione»
«Almeno 40 morti a Mosca, quattro attentatori sono in fuga»
Si aggrava il bilancio dell'attacco al Crocus City Hall, posizionato nei sobborghi della capitale – Oltre 145 i feriti, mentre i soccorsi cercano di spegnere le fiamme che hanno avvolto l'edificio – Le autorità russe accusano Kiev, mentre gli 007 ucraini negano ogni responsabilità