L'editoriale

Perché la Luna è di tutti e di nessuno

Una riflessione che prende spunto dalle polemiche sorte negli scorsi giorni attorno a possibili rivendicazioni da parte cinese
Paolo Galli
04.01.2023 06:00

Mia figlia ha quattro anni e mezzo. Ed è indubbiamente affascinata dalla Luna. La disegna. La colora dei colori più improbabili e le aggiunge, ogni volta, una faccina. La cerca nel cielo e si interroga: è piena questa sera, o forse no? La sente sua. Come la natura, il mondo, tutto. Ma è una bambina di quattro anni e mezzo. Che ne sa lei della corsa allo spazio? Neppure può immaginare che noi grandi ci affanniamo a rincorrerla, quella stessa Luna. Che diciamo, consapevoli: è mia, non è tua, non è vostra. Che la guardiamo e non pensiamo a quanto sia magica, o romantica. E che non ci chiediamo più se sia mezza o piena. Pensiamo alle sue risorse, possibili nuove magiche materie prime. Una colonizzazione, ben al di là dell’idea di un nuovo territorio da abitare.

Possedere la Luna. Al netto di ogni ingenuità, va ammesso che la discussione sorta negli scorsi giorni sul tema ha un che di grottesco, di surreale. Dapprima la Cina ha presentato la scoperta, da parte sua, di una nuova roccia vulcanica, con caratteristiche chimiche e mineralogiche uniche. E l’ha scoperta proprio sulla Luna, grazie alla missione della sua sonda Chang’e 5, che aveva raccolto oltre 1.700 chilogrammi di regolite lunare, un insieme di polvere e frammenti di materiale superficiale. Stiamo parlando quindi di una materia inedita, mai osservata prima sulla Luna e proveniente, perdipiù, da una zona ancora sconosciuta. Soltanto due giorni dopo l’annuncio della scoperta - una tempistica che non possiamo considerare casuale -, poi, Bill Nelson, capo della NASA, intervistato da Politico, ha tuonato: «È un dato di fatto: ci troviamo in competizione per lo spazio. Ed è vero che dobbiamo stare attenti che i cinesi non raggiungano un luogo sulla Luna con la scusa della ricerca scientifica. Non è escluso che dicano: “State alla larga, siamo qui, questo è il nostro territorio”». Nelson ha pure fatto esempi concreti, molto terrestri, riferendosi allo sviluppo di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. «Guardate cosa hanno fatto con le isole Spratly», un arcipelago che ha assunto nell’ultimo periodo un significato geopolitico di grande rilevanza, con tensioni crescenti in questo caso con il Vietnam.

L’uscita di Nelson arriva al termine di un’annata, il 2022, di grandi successi da parte americana nel settore della ricerca spaziale. La missione Artemis I - il fatto che fosse numerata ribadisce che siamo soltanto all’inizio - ha riportato gli Stati Uniti lassù, a stretto contatto con la Luna, dove intendono tornare presto (2025-2026) portandovi la prima donna e altri uomini. E lo faranno, alla NASA, forti di un budget recentemente garantito dal Congresso. Evidentemente però la Cina fa paura, mette pressione. E al di là delle scoperte scientifiche, vi è pure una forte componente simbolica. Rivendicare la proprietà della Luna non è neppure una cosa nuova. L’idea era di fatto venuta anche a Donald Trump. Sempre Politico infatti, nel 2017, svelò i piani dell’allora neo-insediata amministrazione repubblicana di proporre uno «sviluppo economico di larga scala dello spazio», con tanto di «sonde lunari private che rivendicano di fatto “diritti di proprietà” del suolo lunare per gli americani». Lo spazio extra-atmosferico - «compresi la Luna e tutti gli altri corpi celesti» - in realtà è protetto dal Trattato del 1967 (entrato in vigore anche per la Svizzera il 18 dicembre del 1969), che stabilisce come lo spazio stesso non sia soggetto «ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile». La Luna è di tutti e di nessuno, insomma. Non è neppure di Elon Musk, ambiguo, a firmare contratti - fondamentali, perché la corsa allo spazio è anche ricerca e tecnologia e spinta verso il domani, per fortuna - con gli Stati Uniti e a flirtare con la Cina. Non ha nulla di romantico, questa Luna contesa nella polemica. Non è piena e non è mezza, per loro. E non ha faccine. Ha solo bandiere.

 

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