Il commento

Predazioni, norme e cavilli, al lupo serve un avvocato

La legge è dura ma soprattutto chiara e il destino del lupo era segnato da tempo
Nico Nonella
19.05.2022 06:00

Si consoli, il lupo. La statistica è dalla sua parte: in 22 anni, su 23 autorizzazioni di abbattimento decise in tutta la Svizzera, i predatori effettivamente caduti sotto i colpi dei guardacaccia sono stati solo nove.

«Dura legge, ma è legge», amavano ripetere i romani. E infatti, il lupo della Val Rovana poco ha potuto contro la marea di norme e codicilli: il suo destino era segnato sin dal momento in cui, tre settimane fa, sbranò 19 pecore a Cerentino. La legge federale parla chiaro: un grande predatore, specie protetta, può essere abbattuto se ha ucciso più di dieci capi protetti da misure di protezione «ragionevolmente esigibili». Secondo il legislatore, se un lupo è sufficientemente coraggioso da sfidare cani da guardia e reti elettrificate, allora è da considerarsi un problema.

Peccato che la zona della predazione fosse già stata riconosciuta sia dall’Ufficio federale dell’ambiente sia dal Cantone come «non proteggibile». Ciò significa che alla luce delle caratteristiche del territorio non è stato possibile installare, ad esempio, le reti elettrificate. Ed ecco che codici e cavilli condannano il nostro quadrupede: il requisito delle misure di protezione viene a cadere e fa stato solo il numero di capi predati.

Stupisce dunque come sia stato possibile che questa vicenda - che ha di nuovo diviso il cantone tra lupisti e anti-lupisti, catturando l’attenzione dell’opinione pubblica in misura certamente maggiore dell’ultima votazione cantonale - sia durata così tanto. Per la precisione: tre settimane. Ventidue giorni in cui si sono susseguiti analisi, sopralluoghi, approfondimenti giuridici, giornalisti banditi da serate informative e un’azione di protesta davanti a Palazzo delle Orsoline. Ma un aspetto sollevato dal Governo è condivisibile. La legge federale mal si adatta a una realtà di montagna come quella ticinese dove la maggior parte degli allevamenti sarebbero in zone «non proteggibili».

Come detto, però, la legge è dura ma soprattutto chiara e il destino del lupo era segnato da tempo. Perché, dunque, attendere tanto? In Ticino la questione ha diviso ben due Dipartimenti: il DFE cui fa capo l’Ufficio dell’agricoltura (favorevole all’abbattimento) e il DT, cui fa capo l’Ufficio caccia e pesca (contrario). A essere maligni si potrebbe pensare che gli approfondimenti giuridici, sotto sotto, fossero un po’ più elettorali. In Vallese, invece, la decisione spetta a un solo consigliere di Stato. Il fatto che qualche anno fa l’allora ministro vallesano avesse un lupo impagliato in ufficio ben fa intuire come i nostri cugini francofoni approccino il problema. Ve lo immaginate un giudice delle Assise criminali con una ruota medievale in ufficio? Ecco.

Certo, neppure il miglior avvocato sulla piazza avrebbe potuto salvare il nostro lupo. Ma visto il tempo ormai trascorso, non escludiamo di immaginarlo ormai lontano. Magari ci sentiamo di consigliargli di girare al largo dal Vallese. Dei nove predatori abbattuti, sette sono caduti proprio nel cantone del Fendant. 

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