Detto tra noi

Difficili convivenze urbane

I marciapiedi da spazio prioritario per il camminamento sono sempre più un luogo avulso a chi si muove a piedi
Mauro Rossi
25.11.2022 06:00

Ore 7.35. Sto facendo il mio jogging mattutino correndo su un marciapiede di una strada che porta verso il centro città. A un certo punto sono costretto a fermarmi: un’automobile ostruisce completamente il passaggio nel tentativo di immettersi sulla carreggiata. Pazientemente attendo, saltellando sul posto per non raffreddare i muscoli. Dopo una quindicina abbondante di secondi però, visto che la situazione non si sblocca a causa del traffico intenso, picchietto sul finestrino del conducente. Che abbassandolo mi dice «Ha bisogno?». Le faccio notare che sta bloccando il marciapiede che, come dice il nome, è riservato ai pedoni, osservo. «Si ma io devo uscire», replica il tizio lanciando uno sguardo alla mia tenuta da corsa e aggiungendo con fare sardonico «…e comunque può anche aspettare un po’ visto che mi pare non abbia nulla da fare di importante». Lo ammetto: la prima reazione è stata di scatenare l’inferno. Poi però ha prevalso il lato zen, mi sono dunque limitato lanciargli uno sguardo di compatimento, a passare davanti alla sua auto appoggiandomi volutamente sul cofano e, dribblando il traffico, a riprendere la corsa. Un episodio questo che, in varie declinazioni (dall’auto che si immette guardando solo da un lato rischiando di centrare il pedone che proviene dall’altro, a quella che strombazza perché, camminando, le impedisci di svoltare...) credo sia comune a chiunque si trovi a percorrere in città i marciapiedi. Che sembrano ormai essere diventati un tabù per coloro che dovrebbero esserne gli utilizzatori, i pedoni. I quali, oltre agli irrispettosi automobilisti come quelli descritti devono a ogni loro uscita fare i conti anche con: ciclisti che se incrociano qualcuno a piedi il più delle volte dimostrano palesemente il loro disappunto nel dover interrompere la loro corsa; monopattini a motore cui conducenti neppure mostrano alcun disappunto ma si limitano a lanciarsi in spericolati slalom sfiorandoli; motociclisti che usano i marciapiedi come parcheggio, il più delle volte piazzando i mezzi in verticale in modo da rendere problematico il passaggio a carrozzine, deambulatori o anche solo ai portatori di una borsa della spesa; furgoni e camion che caricano e scaricano incuranti del fatto che impediscono ogni transito; mamme con SUV che sostano sui marciapiedi in attesa dei loro pargoli, incuranti del fatto che esistono anche mamme senza SUV che vorrebbero camminare tranquillamente mano nella mano con i loro piccini; lavoratori a qualsiasi altra cosa sul pubblico suolo e/o sottosuolo e abbinati «securini» che si preoccupano di coordinare il traffico automobilistico ma mai di garantire un passaggio pedonale e così via. I marciapiedi, insomma, da spazio prioritario per il camminamento sono sempre più un luogo avulso a chi si muove a piedi. E questo in barba ai tanti proclami a favore di una mobilità cittadina «dolce» che invece si sta rivelando talmente «amara» e pericolosa da invogliare chiunque a usare l’auto anche solo per gettare la spazzatura.