Detto tra noi

I buoni, i cattivi e la sorte

La considerazione che i malvagi la fanno sempre franca e campano più a lungo dei buoni è un argomento che salta sempre fuori
Mauro Rossi
17.06.2022 06:00

Una delle abitudini che ci distingue dagli altri abitanti del Continente è che i quotidiani, da noi, si leggono al contrario. Dopo uno sguardo alla prima pagina, si rovescia infatti il (sempre più esile, ahinoi) malloppo è si comincia a leggerlo partendo dalle pagine degli annunci funebri. Una lettura questa solitamente accompagnata da espressioni di cordoglio, molto più marcate quando, tra le righe, si ritrova qualcuno di conosciuto. «Era ancora giovane», «Non sapevo che fosse malato», «Era davvero una brava persona» e «Sono sempre i migliori che se ne vanno» - sono le frasi di prammatica utilizzate nel frangente. Quest’ultima, solitamente, affiancata da un amaro «Con tutti quelli che meriterebbero di fare una brutta fine, proprio a lui doveva toccare...».

Già, la considerazione che i cattivi e i malvagi la fanno sempre franca e, soprattutto, campano più a lungo dei buoni è un argomento che salta sempre fuori, principalmente in contesti luttuosi. E che, a mio, avviso, è sorretto da una verità di fondo. Il cattivo, infatti, di regola vive più a lungo del buono in quanto meno esposto al rischio di patologie e di malattie che nella nostra società colpiscono i soggetti più sensibili. Raramente, ad esempio, il malvagio è vittima di un infarto: semmai, con le sue azioni, lo procura a qualcun altro. Essendo infatti per naturale predisposizione e filosofia una persona che non si aspetta molto dagli altri – dei quali, tra l’altro, non importa alcunché – il cattivo difficilmente è distrutto da una brutta notizia (che di solito gli scivola addosso), da un dolore (l’empatia gli è infatti spesso sconosciuta) o da un eccesso d’ira: avvolto completamente nel proprio egoismo, qualunque cosa accada, il malvagio prosegue imperterrito verso i propri obiettivi senza minimamente curarsi di ciò che accade accanto a lui. Difficilmente, inoltre, è affetto da malattie al fegato: anche in questo caso lascia infatti al buono la prerogativa di «mangiarselo» di fronte a un qualcosa che non lo aggrada e che si trova costretto a subire, scegliendo di imboccare la strada dell’indifferenza. Pure la tanto temuta oggigiorno depressione è un malessere che normalmente non lo colpisce in quanto abile nello scaricare all’esterno la sua carica distruttiva derivante da situazioni infelici che invece i più sensibili interiorizzano lasciando che divorino l’animo.

Per campare a lungo, insomma, conviene essere cattivi e malvagi? Apparentemente sì, anche se poi, alla prova dei fatti, scopriamo che il più delle volte questa categoria di persone apparentemente invincibili finisce per diventare anch’essa un’illustre vittima, non tanto degli eroi buoni (che la spuntano solo al cinema) ma dei più banali scherzi della sorte. Sorte che, alla lunga, finisce per trionfare sopra ogni cosa, battendo tutti gli stratagemmi e le furberie e senza alcuna possibilità di replica. Perché è imprevedibile e, come la stupidità umana, imbattibile. Per fortuna, verrebbe da dire…