Detto tra noi

Il calcio e il mutato clima

La crisi ambientale che stiamo vivendo ci impone di cambiare alcune nostre consuetudini
Mauro Rossi
22.07.2022 06:00

Lo scorso fine settimana è ripartito il campionato di calcio. Non sono uno scatenatissimo fan, ma mi piace andare allo stadio a seguire la squadra del cuore anche perché la cosa ha un aspetto che va oltre lo sport: è infatti un momento di socialità in cui incontrarsi con gli amici, chiacchierare di cose assolutamente futili con una birretta in mano e nel contempo entusiasmarsi o indignarsi, sempre tra il serio e il faceto, di ciò che combinano i venticinque (giocatori più arbitri, ovviamente) che corrono sul campo. Dunque avevo deciso di andarci, almeno fino a quando non ho scoperto che in una giornata di canicola estrema avrei dovuto lasciare casa proprio nel momento di massima calura per poi restare due ore ad arrostire sotto la stecca del sole. Chiedendomi il perché della scellerata scelta dell’orario e dandomi già delle risposte (consuetudine, pianificazione, esigenze televisive e quant’altro) ho dunque lasciato perdere, accontentandomi di seguire alla tv il resoconto durante il quale ho realizzato che molti avevano fatto il mio stesso ragionamento (gli spalti erano infatti semivuoti) e che anche lo spettacolo che avrei visto era, causa il caldo, decisamente opaco. Più o meno contemporaneamente, sullo schermo è poi apparsa un’immagine che nelle ore successive è divenuta virale: quella di una guardia reale britannica, vestita di tutto punto con tanto di cappellone di pelo che, stoicamente immobile davanti a Buckingham Palace con una temperatura che superava i 40 gradi, veniva pietosamente soccorsa da un passante che gli versava un po’ di acqua sul viso e sul collo per alleviare la sua sofferenza.

Due situazioni diverse ma allo stesso tempo simili, conseguenze di quei cambiamenti climatici che stiamo vivendo sulla nostra pelle e di fronte ai quali, evitando di limitarci a scaricare delle colpe, è bene prendere al più presto delle contromisure, riorganizzando la nostra quotidianità in modo da poter affrontare al meglio quell’emergenza odierna che, è ormai certificato, sarà la normalità negli anni a venire. Ossia rimodulando gli orari lavorativi in modo da evitare di uscire durante i momenti più caldi della giornata; favorendo l’apertura di negozi e di uffici alla sera quando è più fresco, insomma rivedendo i nostri attuali parametri giornalieri alla luce di un mutato status quo che impone dei rapidissimi adattamenti. Che passano anche attraverso dei gesti apparentemente banali ma significativi: come ad esempio rivedere le tenute di ordinanza delle guardie reali britanniche e, nel nostro piccolo, anche determinati «dress code» che hanno poco significato. E magari cominciando pure a pensare che le partite di calcio possono essere disputate alle dieci di sera oppure, invece che durante la torrida estate, in quell’inverno che ormai, anche in Svizzera, non è più così polare come in passato.