Detto tra noi

Per favore, usate le mascherine

Personalmente - lo ammetto - la mascherina l’ho sempre detestata e portata controvoglia anche se, adesso, comincio a provare una certa nostalgia per i mesi in cui tutti e in qualsiasi contesto erano obbligati a indossarla
Mauro Rossi
13.05.2022 06:18

Fino a due anni fa erano degli oggetti sconosciuti ai più e, nell’immaginario collettivo, legati unicamente alle professioni mediche tanto che, quando capitava di vederle sfoggiate al di fuori di quei contesti, la reazione era quella di bonaria ironia. Poi con l’arrivo della pandemia le mascherine che coprono naso e bocca – perché è di questo che sto parlando – sono entrate nella nostra vita quotidiana e anche adesso che l’emergenza sanitaria pare rientrata (ma «Never Say Never Again», come ripeteva James Bond) fatichiamo a liberarcene. Un po’ per prudenza, un po’ per una sorta di paranoica maniacalità che sembra aver colpito una discreta parte della popolazione dando vita a situazioni talvolta anche un po’ ridicole. Come chi la indossa mentre, da solo nell’abitacolo, guida la macchina («Un comportamento giustificabile solo se la vettura in questione il guidatore l’ha rubata», commentò un illustre medico interpellato sulla questione) o chi si ostina a portarla mentre passeggia nei boschi o addirittura fa jogging o ancora gira in bicicletta. Ma tant’è...

Personalmente - lo ammetto - la mascherina l’ho sempre detestata e portata controvoglia anche se, adesso, comincio a provare una certa nostalgia per i mesi in cui tutti e in qualsiasi contesto erano obbligati a indossarla. La ragione? La mia pessima memoria visiva che, unita a una vista non più brillante come in gioventù, mi porta a non riconoscere le persone che incontro, rischiando ogni volta colossali figuracce quando qualcuno mi saluta calorosamente, chiede informazioni su mia moglie, i miei figli, il mio lavoro e i miei hobbies mostrando di sapere tutto di me mentre il sottoscritto non ha la minima idea di chi si trova davanti. Un imbarazzo che è ancora maggiore quando ancor prima di arrivare a un dialogo diretto – dal quale, con un po’ di sforzo e qualche domanda a trabocchetto, si riesce quasi sempre ad uscire – mi capita di incrociare qualcuno che ho la certezza di conoscere ma che non riesco a inquadrare. A quel punto la prima domanda che mi pongo, oltre a «Chi è costui?», è «Ci diamo del Tu o del Lei?» seguita da un quesito sul grado di familiarità che intercorre tra noi. Ed è in tali frangenti che mi trovo a rimpiangere l’uso delle mascherine che, senza troppi fronzoli, mi toglievano da ogni impaccio spingendomi a chiedere senza alcun pudore, con chi stessi parlando visto che «dietro queste coperture e senza occhiali ormai non riconosco più nessuno». Un’escamotage che, a viso aperto, ormai non posso più utilizzare, ritrovandomi a dover ritirare fuori quegli asettici «Salve», «Come andiamo?», «Heilà» con i quali tentare goffamente di ovviare alle mie deficienze cognitive che mi spingono a guardare non con scherno, ma con una sorta di riconoscenza, chi mi si avvicina... mascherato.