Tradizioni

Se l’anno inizia in maschera

I Silvesterkläusen: la tradizione appenzellese di mettersi in maschera per il nuovo anno… due volte
(KEYSTONE/Benjamin Manser)
Michele Castiglioni
13.01.2023 11:00

È il 13 gennaio a Herisau. Il pallido sole invernale sta per sorgere e nell’aria cominciano a sentirsi i primi «Zäuerli», i tipici Jodel senza parole, mentre in paese l’eccitazione aumenta. Gli «Schuppel», i gruppi di maschere, sono pronti per cominciare le loro danze rituali per le strade del borgo, mentre saltellano facendo tintinnare a ritmo i campanelli che sono parte integrante dei loro costumi e si radunano nella piazza del villaggio. A breve partiranno per percorrere le strade portando i suoni e le maschere secolari ancora una volta in giro per il paese. È una tradizione che si rinnova da secoli e rappresenta non solo uno dei più peculiari eventi folcloristici in Svizzera, ma anche un interessantissimo incontro di arte, tradizione, natura, mistero e superstizione. Il suo significato, come sempre in queste tipologie di eventi tradizionali, risiede anche in una ritualità auspicale ed esorcizzante che, attraverso ben precise caratteristiche estetiche (dei costumi) e dinamiche (andare di casa in casa, cantare gli Zäuerli), porta avanti un discorso che ha origine da un antico contrasto.

I Silvesterkläusen hanno infatti inizio con il rifiuto della riforma del calendario voluta nel 1582 da Papa Gregorio XIII con la bolla papale Inter gravissimas. Riforma con la quale è stato adottato il calendario che oggi utilizziamo normalmente, quello che comprende gli anni bisestili per compensare il fatto che il calendario solare non è composto da un numero di giorni finito. Il calendario Gregoriano ha quindi sostituito il precedente calendario Giuliano, promulgato da Giulio Cesare – da cui il nome – nel 46 a.C ed utilizzato, appunto, fino alla fine del ‘500 in Europa e nelle Americhe. Ma un piccolo gruppo di villaggi dell’Appenzello esterno si oppose allora all’imposizione del nuovo calendario e tutt’oggi festeggia con orgoglio quella protesta. Ecco perché i Silvesterkläusen girano nei paesi in due capodanni distinti: la prima volta il 31 dicembre in accordo con il resto della Svizzera e la seconda volta il 13 gennaio, ovvero la data del capodanno giuliano.

Ma le maschere di San Silvestro sono ben di più di una semplice rievocazione di una protesta testarda e pugnace: è un’usanza che ha origini antiche, pagane e che rinnova il rapporto dell’uomo con la natura e i suoi cicli, facendosi rito propiziatorio per il nuovo anno che arriva. In realtà, va anche detto che in tempi più recenti l’assunto secondo il quale l’origine dei Silvesterkläusen vada ricercata in epoca precristiana è stato messo in discussione, visto che il rito presenta chiari riferimenti ad elementi tipicamente cristiani, come il fatto che lo stesso termine Kläuse deriverebbe da St. Niklaus. I primi riferimenti scritti alla consuetudine appenzellese si trovano in un documento divulgato dalla chiesa riformata nel 1663. Le varie Schuppen partono alle prime luci dell’alba per il loro giro e si fermano ad ogni casa, di fronte alla quale si producono in canti – gli Zäuerli, appunto – benauguranti per il nuovo anno, portando una sorta di «benedizione pagana» sulle famiglie che vi risiedono. Un rito che risuona similare in molte culture, peraltro e al quale non sfugge neanche la Chiesa cattolica, pensando alla benedizione rituale delle case fatte dai parroci di paese. Dopodiché, finiti i canti, i componenti del gruppo di maschere ricevono bevande o un po’ di denaro (proseguendo la memoria di quando i Silvesterkläusen servivano agli interpreti anche per raccogliere un pochino di soldi extra per la propria famiglia) e ripartono, facendo risuonare i loro campanelli e scuotendo i campanacci, alla volta della prossima casa.

Le caratteristiche peculiari dei Silvesterkläusen risiedono soprattutto nella caratterizzazione delle maschere e dei costumi. Tutti fatti rigorosamente a mano personalmente da chi li indosserà, si suddividono i tre tipologie: gli «Schöne», ovvero «i belli», i «Wüeschti», i «brutti» e gli «Schö-Wüeschti», letteralmente i «belli-brutti», ovvero i Kläuse della foresta/natura, o «uomini-albero». I primi sono caratterizzati da maschere «dagli occhi buoni» e dalle gote rosse alle quali vengono associati abiti tradizionali della regione in velluto ricamati con fili d’argento e in testa portano cappelli decorati con scene di vita quotidiane; i secondi invece vestono costumi composti da rami secchi, paglia e fogliame, mentre la testa è coperta da maschere minacciose in cartapesta. I terzi, infine, risultano come una specie di via di mezzo tra gli altri due: i costumi sono sempre composti da materiali naturali, ma invece di essere grezzi come quelli dei Wüeschti, sono finemente lavorati.

I Silvesterkläusen, che sono un’usanza prettamente maschile (nonostante la presenza di maschere che rappresentano figure femminili) hanno rischiato di scomparire tra gli anni ’30 e ’50 del secolo scorso a causa delle restrizioni emanate – paradossalmente – per proteggere la tradizione dall’arrivo di questuanti spinti dalla fame a presentarsi con maschere simili (i Bettelchläuse – i Kläuse mendicanti) per racimolare qualche soldo. Fortunatamente, alla fine l’usanza è giunta quasi intatta fino ad oggi e può essere ammirata ogni 31 dicembre e 13 gennaio in una manciata di località: Urnäsch, Herisau, Hundwil, Stein, Waldstatt, Schönengrund, Teufen, Bühler , Schwellbrunn, Speicher, Gais e Hemberg.

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