Detto tra noi

Esteriori desideri di cambiare

La scelta di tatuarsi è spesso collegata al desiderio di «firmare» il proprio corpo e quindi se stessi
Mauro Rossi
30.09.2022 06:00

Nelle scorse settimane ho visitato una importante rassegna interamente dedicata all’arte del tatuaggio. Premetto: non sono un fan del settore anzi, a dirla tutta, i tatuaggi proprio non li sopporto. Non mi piace vederli sfoggiare, sovente in modo esagerato se non addirittura di cattivo gusto, e il solo pensiero di averne uno mi fa rabbrividire. Non amo infatti orpelli sul mio corpo che non siano strettamente necessari come gli indumenti; non porto orologi, collane, orecchini, braccialetti o altro. Pure la fede nuziale dal giorno successivo al matrimonio l’ho relegata chissà dove: figurarsi dunque l’idea di avere qualcosa di indelebile sulla mia pelle... no, proprio non ci siamo.

E allora perché questa visita? Proprio per cercare di capire le ragioni di questa mania dilagata in modo potentissimo da circa un ventennio, per provare a comprendere quali ragioni hanno portato a trasformare in un fenomeno di massa quello che un tempo era unicamente il tratto distintivo di determinate e particolari categorie che desideravano testimoniare «sulla propria pelle» speciali esperienze. È una moda? Visto che la stessa è per definizione l’esaltazione dell’effimero, direi che farsi tatuare sul corpo uno o più disegni che non potranno mai più scomparire se non con dolorosi interventi chirurgici, è un qualcosa di completamente diverso. Ho provato dunque a interpellare varie persone – tatuatori e tatuati – ma, sinceramente, non ho ricevuto che risposte piuttosto generiche e fumose sulle ragioni che spingono a scelte così impegnative. A quel punto è maturata in me la seguente considerazione: forse la scelta di tatuarsi è semplicemente collegata al desiderio, il più delle volte inconscio, di «firmare» il proprio corpo e quindi se stessi, in modo personalissimo, come si trattasse di un’opera d’arte, in ossequio alla moda ma nel contempo trasgredendo a essa perché la moda passa, appunto, mentre un tatuaggio resta. Incidere disegni o segni indelebili sul proprio corpo potrebbe dunque essere un modo per recuperare, in una società che spinge sempre più verso l’omologazione, una propria identità smarrita o che si teme di perdere nel momento in cui il corpo rischia di confondersi in mezzo a tanti altri tristemente uguali. Un amico a cui ho confidato queste mie riflessioni me ne ha tuttavia suggerita un’altra, collegando la mia analisi sui tatuaggi alle sue considerazioni su un’altra moda diffusasi a macchia d’olio negli ultimi lustri, quella dei piercing: ossia che di fronte alla consapevolezza diffusa che è ormai quasi impossibile cambiare il sistema, alcune persone, in un impeto di ribellione o semplicemente per una sostanziale mancanza di iniziativa, abbiano scoperto che è più facile intervenire su ciò che è più a portata di mano. E dunque, invece di cambiare il mondo, si accontentano di cambiare e modificare se stessi, anche se purtroppo solo esteriormente.