Detto tra noi

Indiretti protagonisti della storia

Ogni volta che succede un fatto, miliardi di persone stanno facendo un qualcosa che non solo non incide sull’evento in questione ma, spesso, non ha alcuna rilevanza nell’essere rievocato
Mauro Rossi
18.11.2022 06:00

Dove eravate quando papa Giovanni Paolo II arrivò a Lugano, o quando qualche anno prima, fu inaugurata la galleria autostradale del S. Gottardo? E come viveste i festeggiamenti per i settecento anni della Confederazione oppure quando arrivò la notizia della vittoria di Clay Regazzoni al volante della sua Ferrari al Gran Premio di Monza? Sono alcune delle domande che il «Corriere del Ticino» recuperando alcune sue storiche prime pagine, ha posto ai propri lettori nell’ambito della campagna abbonamenti partita qualche settimane fa il cui tema è «la notizia che (grazie anche al giornale, ovviamente) diventa storia».

Una serie di quesiti che se ha il potere di far aprire a ciascuno di noi lo scrigno dei ricordi, da un punto di vista prettamente analitico sono decisamente pretestuosi. È infatti ovvio che ogni volta che succede un fatto, miliardi di persone (da un paio di giorni ufficialmente otto) stiano facendo un qualcosa che non solo non ha inciso sull’evento in questione ma, spesso, non ha alcuna rilevanza nell’essere rievocato, sebbene attraverso il ricordo di quei gesti e di quelle particolari situazioni, si tenda a dare maggior solennità a ciò che accadde, dimostrando che è rimasto talmente impresso nella mente da aver lasciato un nitido ricordo delle cose nelle quali si era impegnati in quei frangenti.

Eppure nonostante questo gioco non abbia alcun senso, continuiamo a praticarlo. Perché? Cosa c’è dietro questa bramosia di eleggersi a testimoni diretti di eventi che appartengono alla storia? Cosa spinge ciascuno di noi a voler dimostrare a forza che ci ricordiamo perfettamente («ci mancherebbe altro che non so cosa stessi facendo!») quando sentimmo alla radio o vedemmo alla televisione che era accaduto un determinato fatto? C’è, a mio personale avviso, più o meno la stessa ingenua presunzione (ovviamente meno deleteria) degli sciagurati che incidono il proprio nome sulle colonne di un monumento, di entrare in qualche modo a far parte della sua storia. C’è il modesto tentativo di collocarsi al centro di vicende importanti, capovolgendone il punto di osservazione e creando un rapporto diretto tra noi stessi e quello che ha sconvolto o semplicemente segnato la società, diventando noi stessi la società e quindi testimoni, vittime e protagonisti di un pezzetto del cammino dell’umanità dal quale non vogliamo sentirci esclusi o all’interno del quale non vogliamo ritrovarci unicamente come massa anonima. E dietro questo volerci collocare all’interno di eventi pur sostanzialmente estranei c’è, probabilmente, anche un innocente desiderio di partecipazione e di poter riportare un fatto, un accadimento, qualunque sia la sua grandezza, all’interno delle nostre personali emozioni.