Reportage

«Ci tocca fare colletta per una bottiglia d'acqua»

A Chiasso i migranti ricevono 3 franchi al giorno – Come li spendono? Siamo andati a vedere
© CdT
Davide Illarietti
11.02.2024 09:00

In piazza Indipendenza a Chiasso i bambini giocano tra le panchine, divisi in due squadre. Quattro donne chiacchierano del più e del meno e un uomo si guarda attorno con aria stanca. Una normale scena di paese non fosse che nessuno (bambini, donne, l’uomo) sa una parola d’italiano. Sono richiedenti l’asilo turchi arrivati tre giorni fa dal canton Obvaldo: dalle nevi di Glaubenberg (il centro d’asilo più alto della Svizzera, 1.543 metri) il salto è grande ma lo «spillatico» rimane lo stesso: 21 franchi a settimana. «Per il resto ci sono parecchie differenze» spiega Mehmet, 37 anni, di professione insegnante. «La questione economica non è il problema principale».

Le preoccupazione di Mehmet è per i figli piccoli, più che per i soldi. Quelli che riceve dalla Confederazione - 105 franchi a settimana per una famiglia di cinque persone - li spende soprattutto per loro: caramelle, merende, qualche gioco, biglietti dei mezzi pubblici. «Riusciamo a farceli bastare contando comunque anche su fondi nostri e sul cibo e i servizi presenti all’interno del centro d’asilo» spiega.

Il problema è che, nel centro, ci sono anche minori non accompagnati e adulti soli: la convivenza «è spesso un problema» per le famiglie. «A Glaubenberg c’era una divisione, nel centro c’erano anche spazi gioco per i bambini e una scuola». Per Mehmet l’istruzione è fondamentale: ha perso il lavoro per le sue posizioni anti-Erdogan. Oggi fa da maestro ai figli suoi e di famiglie amiche in piazza Indipendenza, lontano dal campo: per tenerli alla larga dai cattivi esempi.

Caffè e sigarette

Ma i cattivi esempi si vedono anche in pieno centro e in pieno giorno. C’è chi i soldi dello spillatico li spende in birre e sigarette: Ahmad, 25.enne sudanese, cammina con due amici in direzione della Dogana e non ha voglia di farsi fare i conti in tasca. «Sigarette, sì, sono un fumatore: che male c’è?» taglia corto mentre gli amici (sono dello Sri-Lanka) lo guardano storto. Cercano un posto dove mangiare un kebab, alle tre del pomeriggio: si sono svegliati da poco. «Abbiamo un po’ di clienti richiedenti asilo» conferma il titolare di un ristorante kebab in corso San Gottardo. Anche lui non ha voglia di parlare, né di spiegare se - oltre ai panini - vende bene anche gli alcolici. «Ognuno spende come vuole».

A girare tra gli uffici della SEM a Chiasso - dove vengono effettuate le interviste per l’ammissione all’asilo in Svizzera - e il centro di prima accoglienza di Balerna - dove i migranti attendono l’esito delle loro pratiche - si raccolgono storie diverse e pareri anche discordanti. A occhio, il «rischio» sembra essere che i soldi distribuiti dalla Confederazione si riversino sul territorio sotto forma di acquisti a volte discutibili, piuttosto che diventare rimesse verso i paesi d’origine.

Due kebab alla settimana

«Molti di noi hanno portato con sé i propri risparmi» racconta Emine, 35 anni, studentessa di archeologia a Izmir (Turchia). Passeggia in centro con la sorella e una nipote («siamo scappati insieme, la nostra famiglia è politicamente schierata contro il governo») ma non ha intenzione di fare shopping. «Cerchiamo di non spendere troppo, anche perché i prezzi qui in Svizzera sono così alti rispetto ai nostri redditi di prima» sottolinea. Un panino kebab - per restare su un esempio tipico - in Turchia costa cento lire, 2,85 franchi. A Chiasso 10 franchi.

Con due panini lo «spillatico» è finito. E anche i 500 franchi a testa che attendono chi verrà ammesso al programma di asilo «non sono sufficienti per fare una vita decorosa» secondo Emine. La sua intenzione, come quella di Mehmet, è di trovare lavoro «il più presto possibile». Da uno stipendio medio svizzero («si parla di 4-5 mila franchi, giusto?») sì che avanzerebbe denaro da mandare ai parenti in patria. Almeno, così sperano.

Il foglio di via

Ai tavolini del Bar Svizzero di fronte alla stazione di Chiasso c’è chi alle speranze ha già dovuto rinunciare. Tre maghrebini aspettano il treno che li porterà a Milano. Hanno ricevuto il «foglio di via» dalla Confederazione: le loro richieste d’asilo hanno ricevuto esito negativo. «Ci hanno spiegato che dai Paesi del Maghreb non vengono normalmente accettate domande» lamenta Kamal, 46 anni, algerino. Ha lavorato nei campi di pomodori della Calabria - «tutto sommato la paga non era male» - ma con l’inverno è rimasto senza lavoro e ha deciso di tentare la strada del nord. Il TiLo delle 16.31 lo riporterà alla dura realtà.

«È stata una grande delusione» conferma Adda, 46 anni, muratore algerino, che ha conosciuto i due compagni di viaggio in un centro federale d’asilo fuori Zurigo. Prima ha trascorso un mese circa a Ginevra: dormiva fuori dalla stazione Cornavin, tra i tossicodipendenti della nuova scena aperta - «una cosa da non credere» - ed è scappato inorridito. «Al centro d’asilo mi hanno dato un tetto sopra la testa ma per il resto l’accoglienza non è stata granché. Lo spillatico? Impossibile viverci».

La colletta per il viaggio

I soldi avanzati non bastano a pagare il treno per Milano. In tre riescono a mettere appena insieme gli spiccioli per comprare una bottiglietta d’acqua per il viaggio. Mohammad, 20 anni, si accomoda in un vagone di coda sperando di non incappare in controlli. Non tanto per i documenti - ha un foglio rosa rilasciato dalla SEM che certifica il suo stato di richiedente respinto - quanto per il biglietto che non ha. A Marrakesh faceva l’apprendista parrucchiere e se ne è andato dopo il terremoto - «la nostra casa è stata distrutta, ho perso i miei genitori» - ma dopo mesi di vagabondaggio anziché guadagnare ha speso anche i pochi risparmi. «Non mi è rimasto niente» assicura. Al centro di Zurigo tagliava i capelli agli altri richiedenti asilo, ma lo faceva gratis, «tanto per passare il tempo e allenarmi».

Il controllore non passa. In compenso un altro passeggero si avvicina: è un muratore egiziano, salito a Como dopo una giornata di lavoro. Ha ascoltato la storia di Mohammad e prima di scendere dal treno - «buona continuazione» - gli allunga una banconota da 50 euro. È il doppio di una settimana di spillatico. Mohammad ringrazia e sorride, mentre si prepara a scendere alla prossima.

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