Il nuovo Erez ha rifiutato
Ha insegnato a Berkeley, alla SUPSI e all’USI, dove è prorettore. Ha all’attivo più di 300 pubblicazioni scientifiche e oltre 60.000 citazioni. La Stanford University l’ha inserito nella «Top 2%» degli scienziati a livello mondiale. Ha diretto per venticinque anni l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale.
Luca Maria Gambardella, classe 1962, sarebbe un ottimo candidato per succedere a Boas Erez quale rettore dell’Università della Svizzera italiana (USI). Ne è cosciente anche il Consiglio dell’USI che, secondo indiscrezioni, sarebbe già andato a bussare alla porta dello scienziato italiano per proporgli la salita ai vertici dell’ateneo. Ma Gambardella avrebbe cortesemente declinato l’offerta. Sarà quindi un concorso internazionale a permettere di trovare la nuova guida dell’università.
Qualche possibile nome circola già tra i corridoi. Nomi di professori già presenti all’università, ma soprattutto nomi esterni. Nomi nuovi. Non è infatti un mistero che finora la prassi all’USIsia stata quella di selezionare come presidente, e in seguito come rettore, qualcuno che fosse specialista in una disciplina non insegnata all’USI. Qualcuno che, in un certo senso, potesse essere considerato sopra le parti.
Tutti da fuori
Il primo presidente, Marco Baggiolini, era un noto immunologo e biochimico che aveva fatto carriera oltralpe e oltreoceano. Fu richiamato in Ticino a dirigere un’università che, allora, comprendeva le sole facoltà di scienze della comunicazione e di economia, oltre all’Accademia di architettura. Nulla che avesse a che fare con il suo ramo di competenza.
Lo stesso discorso vale per il secondo presidente, Piero Martinoli, un altro ticinese che si era fatto un nome a livello internazionale, nel suo caso nella fisica. Un’altra disciplina che all’USI non è di casa.
Infine anche la terza guida dell’ateneo, l’ormai ex rettore Boas Erez, è stato scelto come matematico nato in Ticino ma cresciuto accademicamente in prestigiosi istituti esteri, da Harvard a Bordeaux.
Si può legittimamente supporre che anche il prossimo rettore dovrà avere un profilo simile.Non sarà facile trovarlo.
Le alternative locali
È forse anche per questo che tra i corridoi circolano altresì i nomi di personalità ticinesi che non insegnano all’USI ma si trovano già sul territorio. Come quel Mauro Dell’Ambrogio che già ebbe un ruolo di primo piano nella creazione dell’Università della Svizzera italiana, di cui fu il primo segretario generale.
«Figuriamoci... - reagisce il diretto interessato -. Ho 69 anni, sono un felice pensionato. Sarei una soluzione di estremo ripiego, sgradevole per il cantone. Come rettore ci vuole una personalità forte che sappia proiettare l’università verso il futuro. Nessuno mi ha cercato e mi sembra altamente improbabile che qualcuno possa cercarmi».
Scartato l’ex segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione, nonché ex comandante della polizia cantonale ed ex moltissimi altri incarichi, resta il nome del filosofo Fabio Merlini, direttore della Scuola universitaria federale per la formazione professionale della Svizzera italiana (SUFFP). Ma anche lui dice di stare bene dov’è. «Mi piace questa dimensione nazionale, che mi ha permesso di capire molte cose sui meccanismi di una realtà complessa qual è il nostro sistema confederale - afferma -. E ho ancora tanto da fare qui».
Pensando all’USI, Merlini sostiene che il nuovo rettore «dovrà da un lato sapersi muovere nell’orizzonte dell’innovazione, della creatività, dell’anticipazione e della ideazione di tendenze. Ma dovrà anche, d’altra parte, disporre di notevoli competenze imprenditoriali, considerato il contesto di mercato, altamente concorrenziale, nel quale si muovono oggi le istituzioni che fanno ricerca e formazione. Trovare un profilo così, con questa doppia anima, non è affatto semplice».
I legami con la società
Remigio Ratti, già membro del Comitato ordinatore USIper l’avvio delle facoltà di Lugano nonché docente di economia e istituzioni, aggiunge che il nuovo rettore dovrà riuscire a rafforzare i legami tra l’ateneo e la società. «Altrimenti l’USI rischia di diventare un corpo estraneo - afferma - da quel Ticino politico che tende a chiudersi su se stesso».
Uno scollamento che, secondo Ratti, già il rettore uscente aveva chiaramente intravisto. «Boas Erez ha cercato di avvicinare l’università alla società - afferma -, si è mosso molto e si è anche scottato.Ma è tutto il corpo accademico a dover esserne consapevole. L’Università ha anche una funzione di servizio oltre a quelle di insegnamento e ricerca. E questa va aldilà dei mandati di prestazione, certo necessari e funzionali, ma anche eredità di un New Public Management che tanto new non è. È una cosa che voglio sottolineare. La libertà accademica è anche accompagnata da responsabilità etiche e morali rispetto alla società da coniugare, ognuno nella propria disciplina, con e da tutti i collaboratori».
Per questo è importante avere un rettore forte. Con dei requisiti che, nel Ratti-pensiero, andranno ad aggiungersi a quelli più tecnici. Un’ampia esperienza accademica e internazionale, se possibile anche a livello manageriale. «E dei legami con il Ticino, o almeno con la Svizzera».
Il Dies Academicus
Il momento del passaggio di consegne è stato emblematico.Quando Boas Erez, ieri al termine del Dies Academicus a Lugano, ha passato la catena che portava al collo al suo successore ad interim Lorenzo Cantoni, non è riuscito a nascondere la commozione. Dopo aver tentato di sprizzare ottimismo per tutta la durata della cerimonia, ed esserci riuscito molto bene, il rettore uscente si è lasciato scappare una lacrima.
«Io sarò l’anello debole di questa catena» diceva intanto Cantoni, elogiando l’operato di coloro che finora hanno condotto l’Università della Svizzera italiana, in particolare del rettore Erez.
Non sarà facile succedere a Erez. Ma forse a Cantoni - destinato a fare le veci del rettore per alcune settimane o più probabilmente mesi - basterà mantenere il suo stile semplice e sobrio. Riportare normalità in un ambiente che ha faticato ad accettare l’estro del matematico grigionese.
Lo si è visto ancora ieri.Erez ha parlato di aprire l’USIverso l’Africa, ha portato un disco di Elvis Costello per discutere di verità, è stato nuovamente critico sulla gestione della COVID, ha invitato la giornalista d’inchiesta Serena Tinari a fare un interessante ma contestabile discorso sui mali che affliggono la comunicazione.Con tanto di appello alla liberazione diJulian Assange.
È stato un Dies Academicus vivace, frizzante. E inclusivo. Come dimostra il fatto che le tre persone premiate durante la cerimonia sono tutte donne. Lorrie FaithCranor eRoxana Mehran, conil dottorato honoris causa in scienze informatiche rispettivamente biomediche, Laura Pozzi, con il Credit Suisse Award «per la qualità dell’insegnamento».
L’USIè una realtà viva. In ventisei anni ha saputo crescere fino ad affermarsi come una realtà riconosciuta a livello mondiale. Non resta che andare avanti così. Come ha cantato ieri il pubblico sollecitato dal solista Erez: «Vai, USI, vai!».