Il reportage

Stavolta il lupo l'ha fatta grossa

In elicottero sull’alpe tra gole e crepacci dove sono scomparse oltre 50 pecore
Giorgia Cimma Sommaruga
17.07.2022 06:00

Ore 13.30 la squadra REGA coordinata dal capo base Daniel Kränzlin atterra a bordo del suo elicottero a San Carlo, in alta Val Bavona. Il motivo? Sull’Alpe Antabia, dallo scorso fine settimana, mancano una decine di pecore. Le ha mangiate il lupo? O i lupi? Sono ferite? La Rega è qui per questo. «Ho ricevuto un avviso via SMS della possibile predazione lo scorso 10 luglio, e l’invito ad aumentare la sicurezza. Appena ho saputo che mancavano degli ovini dal mio gregge sono subito partita da Sobrio per raggiungere l’alpeggio - racconta Giulia Giugliemma, che a giugno ha accompagnato il suo gregge sull’Alpe Antabia -, è da due giorni che giro in lungo e in largo. Non possono essere sparite».

Caricata l’attrezzatura per creare un recinto per le pecore, l’elicottero decolla. Sale in quota. Pendii ripidi, terreno scosceso, «è probabile che le pecore più giovani, spaventate dal lupo, nella fuga siano cadute in qualche precipizio», spiega Germano Mattei co-presidente dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori a livello svizzero che si trova a bordo. E così l’elicottero si avvicina il più possibile ai burroni, ai dislivelli. Delle pecore non c’è traccia.

«Facciamo il punto»

È tempo di fermarsi, riordinare le idee e poi continuare le ricerche. «Quante pecore devono ancora essere attaccate? - si chiede Giulia Giugliemma, la proprietaria del gregge colpito -, voglio trovare quelle ferite, se sono ancora vive, e poi scendere in valle, caricarle sulle bighe e riportale in Leventina: l’alpeggio ora non è un posto sicuro». E pensare che, quest’anno, sull’alpe c’è un pastore fisso a sorvegliare le greggi. Gli allevatori, visti i continui attacchi hanno deciso di essere prudenti: «Ma non è bastato», osserva Giulia.

Ad attendere a valle, a San Carlo, è rimasto il fratello di Giulia, John, che racconta: «La situazione è insostenibile, sto aiutando mia sorella anche se non è il mio mestiere. Abbiamo chiesto aiuto all’Ufficio caccia e pesca per intervenire con i loro droni». Questi, essendo più piccoli, riuscirebbero a perlustrare tutte le zone inaccessibili per un elicottero. «Purtroppo però la mia richiesta non ha avuto seguito: mi hanno detto scherzando che ai lupi non possono dare multe».

Cosa facciamo?

L’elicottero della Rega nel frattempo è atterrato sul Piano delle Creste a 2.108 metri sul livello del mare. Ci sono alcuni escursionisti, e la guardiana del Rifugio s.a.v. «Non abbiamo visto in giro corvi: di solito se ci sono animali morti la fauna alpina lancia dei segnali», e poi, chi è salito in quota camminando per i vari sentieri: «Anche noi non abbiamo visto niente di sospetto in giro».

Ma pochi metri più in giù, c’è una capanna, dove Giulia ha raggruppato tutte le pecore che ha trovato nei due giorni di ricerche. «Ho già trovato 14 carcasse. Scenderò a valle con 136 pecore, ma sono salita con 209: ritroverò le 59 disperse? Chi mi risarcirà dei capi perduti? Se non troviamo le carcasse il Cantone non risponde».

Probabilmente le pecore più giovani, spaventate dal lupo, nella fuga siano cadute in qualche precipizio

Sull’Alpe Antabia

Daniel Kränzlin richiama i suoi uomini: «Konzentration!», ammonisce i piloti. L’impresa è ardua, ma il gruppo è deciso a ritrovare gli ovini scomparsi. L’elicottero decolla nuovamente, questa volta si spinge fino ai confini con l’Italia, e poi più su, dove c’è ancora neve ghiacciata. «Eccone alcune! - esclama Mattei - Sono marchiate con il colore rosso!». «Le pecore non si muovono da sole, cercano di stare sempre assieme», spiega Renato, l’altro fratello di Giulia. Sono 15 le pecore ritrovate, mischiate ad un altro gregge.

Sull’alpe sono presenti tre greggi appartenenti a tre proprietari differenti. Con loro c’è un pastore, certo, ma, «con tutti questi lupi un pastore da solo non può controllare 400 ovini - spiega John Giugliemma -, i cani da difesa sono una soluzione, ma è altresì importante delimitare le zone di pascolo, perché questi cani sono addestrati a proteggere le pecore, quindi chiunque, animale o essere umano si avvicini, loro attaccano». Questo salverebbe molte pecore certo, ma i pastori vogliono assumersi una tale responsabilità? «No. I politici dicono che bisogna proteggersi con i cani, e se succede qualcosa ci sono le assicurazioni. Ma chi vuole avere sulla coscienza un ferito? O peggio una vittima?», riflette John.

E poi: «È ora che i guardiacaccia intervengano, questi poveri pastori sono esasperati, perdono capi, e quindi guadagni, vorrei proprio sapere perché, come peraltro avviene già con altre specie, come la selvaggina, non si abbattono i lupi in eccesso nelle varie zone del Cantone? Non agire significa percorrere la strada del declino per le comunità montane».

Quanta paura

Ore 18. L’elicottero della Rega continua a volteggiare attorno all’alpe. Ma dopo un intero pomeriggio di ricerche è chiaro, servono i droni. «Sono stati impeccabili questi ragazzi, ma non possono più fare nulla», è sconsolata Giulia. Kränzlin raduna i suoi uomini, è tempo di tornare a Berna ma prima si fa tappa alla base Rega di Magadino. «Per fortuna nel mio gregge c’erano pecore che sono con me da 20 anni- spiega l’allevatrice -, mi conoscono e si fidano di me. Quando le ho trovate erano terrorizzate, ma dopo un’ora a parlarle, a coccolarle, mi hanno seguito. Anche questa volta. Su un terreno davvero impervio».

Ma a mancare all’appello, tra gli ovini scomparsi, «sono soprattutto le giovani, che probabilmente si sono arrampicate più in alto per fuggire all’attacco del lupo. Forse sono cadute in qualche precipizio». Sono solo ipotesi certo, ma «faccio questo lavoro da più di vent’anni, e so di cosa parlo. Il mio gregge è sull’alpe da inizio giugno: è possibile che gli attacchi siano stati molteplici in questo lasso di tempo? Forse è per questo che non troviamo i corpi, già sbranati dalla fauna di montagna». Solitamente si dice «l’unione fa la forza», soprattutto tra chi svolge lo stesso lavoro, e si trova in difficoltà come in questo caso, minacciati dai lupi.

«Ho voluto vedere di persona cosa sta succedendo – interviene Mattei -. Sono un po’ deluso. Ho colto molto nervosismo e disorganizzazione. Quando gli allevatori spostano le greggi sull’alpe in estate, è fondamentale che ci sia un documento di ingresso che certifichi quante pecore salgono in quota. In questo caso, i numeri non tornano: gli allevatori presentano cifre diverse da quelle riferite dal gestore dell’alpe. Bisogna essere più organizzati, una mancanza del genere rischia di oscurare i pericoli che ci sono quassù».

La situazione resta delicata

«Al posto che aiutarci a vicenda - interviene l’allevatrice -, c’è astio. Sono una persona onesta e mi trovo in difficoltà, sia economica, sia psicologica, perché vedere soffrire i propri animali è straziante. Perdere così tanti capi giovani è un grosso danno per la mia piccola azienda agricola. Speravo di avere più supporto».

Toni tesi a parte, la situazione resta complessa. «I lupi che arrivano dalla Val Formazza, visto che è stato comprovato che si tratta di un branco - spiega Mattei -, passano per il Tamierpas, e fanno molta paura. Ora ci sarà la luna nuova e vi è apprensione per quel che resta delle greggi».

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