Trenta all'ora? Agli svizzeri «va bene così»

Gli svizzeri sostengono le zone 30 ma solo sulle strade secondarie e di quartiere. Un’eventuale generalizzazione di questo limite di velocità agli interi centri urbani è invece bocciata da una netta maggioranza dei cittadini, come emerge da un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca internazionale YouGov per conto del Touring club svizzero (TCS), i cui risultati vengono rivelati oggi in anteprima da La Domenica insieme alla Sonntagszeitung e a Le Matin Dimanche.
«I risultati sono chiari in tutte le regioni linguistiche - commenta Peter Goetschi, presidente centrale del TCS -. La popolazione non vuole estendere le zone 30, vuole mantenere le strade principali a 50 e chiede un’armonizzazione delle regole in tutta la Svizzera».
Lugano non c’entra
Il sondaggio, sottolinea Goetschi, non vuole inserirsi nella campagna verso la votazione del 28 settembre a Lugano in merito all’estensione delle zone 30. Quello è un tema locale sul quale il TCS non prende posizione. Il sondaggio è piuttosto la terza edizione di un rilevamento nazionale con il quale il club che rappresenta gli automobilisti - ma anche tutti gli altri utenti della strada - vuole sondare l’opinione della popolazione su una questione che fa discutere e che a volte genera confusione per i differenti approcci messi in atto dalle differenti autorità pubbliche. Oggi in Svizzera ci sono città dove il limite 30 è quasi generalizzato, altre che lo generalizzano solo di notte (Losanna), altre ancora dove buona parte della rete stradale continua a essere limitata a 50 chilometri orari.
«La popolazione chiede regole omogenee in tutta la Svizzera, non una moltitudine di regole diverse a seconda delle città», osserva il presidente centrale del TCS.
Maggioranza di due terzi
Nel dettaglio, dal sondaggio emerge che quasi i due terzi degli svizzeri (64%) sono contrari a una generalizzazione del limite 30 nei centri urbani, contro un 36% di interpellati che invece si dicono favorevoli o tendenzialmente favorevoli. Da notare che in Ticino il sostegno alla generalizzazione del limite 30 è leggermente maggiore che nel resto della Svizzera.
Le proporzioni si rovesciano quando si tratta di esprimersi in merito al limite 30 sulle strade secondarie e di quartiere. In questo caso i favorevoli sono il 67%, mentre solo un terzo degli svizzeri (33%) si oppone anche a questa eventualità, che di fatto è già quasi ovunque realtà. Da notare che anche in questo caso i ticinesi si mostrano leggermente più favorevoli alle zone 30 rispetto agli altri connazionali, mentre i romandi sono i più contrari.
Ad ogni modo, riassumendo, si può dire che una buona maggioranza degli svizzeri è soddisfatta con l’attuale estensione delle zone 30 e non vede motivo di andare oltre.
«Ascoltare la volontà popolare»
«Esatto, è proprio così - conferma Goetschi -. A dimostrarlo non è solo questo sondaggio ma anche i precedenti rilevamenti condotti nel 2021 e nel 2023. In realtà, dall’ultima volta che il popolo si è espresso su questo argomento, nel lontano 2001, le opinioni non sono cambiate. All’epoca il 79,7% della popolazione e tutti i Cantoni avevano respinto la proposta dell’ATA «Strade per tutti», volta a imporre la regole del 30 km/h nei centri abitati. Sarebbe ora di ascoltare la volontà popolare e di smettere con questa estensione caotica del 30 km/h nelle città, soprattutto sulle strade principali».
Il messaggio del presidente centrale del TCSè rivolto a quelle autorità cittadine - non Lugano - che continuano a pianificare nuove zone 30 inglobandovi a volte anche gli assi di transito, ciò che secondo una maggioranza degli interpellati nel sondaggio potrebbe avere conseguenze negative anche per i mezzi di soccorso e per i trasporti pubblici.
Ideologia ed effetti collaterali
«I motivi dell’ulteriore estensione delle zone 30 sono ideologici - sostiene Goetschi -. Imporre il 30 km/h dappertutto fa parte di una politica volta a impedire alle automobili di circolare liberamente nelle città. Con lo stesso obiettivo si eliminano parcheggi, si aumentano le tariffe, vengono soppresse corsie di circolazione e si introducono vari ostacoli per il traffico privato e professionale. Purtroppo, questa politica porta a uno spopolamento dei centri, di cui si lamentano in primo luogo i commercianti e le aziende, ma anche gli abitanti che vedono il traffico di aggiramento percorrere le stradine per evitare gli ingorghi».
Difatti anche il sondaggio dimostra che una maggioranza degli svizzeri (61%) è preoccupata dall’eventualità che una generalizzazione del limite 30 possa spostare il traffico di transito su strade secondarie, residenziali e di quartiere. A parità di velocità, queste stradine hanno spesso il vantaggio di non essere semaforizzate, ciò che può tradursi in un guadagno di tempo per l’automobilista, ma in una perdita di qualità di vita per i residenti a causa del traffico parassitario .
«Una chiara gerarchia delle strade nei centri abitati porta parecchi vantaggi - afferma Goetschi -. Il flusso del traffico viene concentrato su poche strade, i quartieri possono beneficiare di maggiore tranquillità, i soccorsi sono più rapidi e le biciclette elettriche veloci possono esprimere tutto il loro potenziale. Ovviamente, anche i mezzi pubblici sono più efficienti su strade a 50 km/h e possono quindi offrire un servizio migliore. Per questo motivo varie associazioni nazionali di trasporto pubblico sono contrarie alla generalizzazione del 30 km/h nei centri abitati».
La mossa di Albert Rösti
Tra i contrari si annovera anche il consigliere federale Albert Rösti, che proprio questa settimana è riuscito a far passare in Consiglio federale una modifica di ordinanza che permetterà di inasprire i criteri da soddisfare per poter ridurre la velocità sulle cosiddette «strade a prevalenza motorizzata». Si tratta di una decisione voluta dal direttore del DATEC per frenare i piani di generalizzazione delle zone 30 promossi in particolare dalle città a maggioranza rossoverde. Una decisione che è stata subito contestata dalle associazioni ambientaliste, in particolare dall’Associazione traffico e ambiente (ATA), che ha parlato di «piani antidemocratici» e di limitazione all’autonomia di Cantoni e Comuni.
«La competenza è di Berna»
«Questo argomento è poco comprensibile - ribatte il presidente centrale del TCS -. Basta leggere l’articolo 82 della Costituzione svizzera e la legge sulla circolazione stradale per capire che la competenza in questo campo è della Confederazione. E poiché è sempre stato così, tutti i limiti di velocità sono definiti nelle ordinanze e non a livello di legge. Quando le regole venivano modificate dai ministri dei trasporti precedenti, in primis la signora Simonetta Sommaruga, non ricordo nessuno lamentarsi di «misure anti-democratiche». In realtà il Parlamento svizzero si è espresso con ampia maggioranza a sostegno della mozione Schilliger nel 2024 e ha chiesto al Consiglio federale di stabilire nuove regole in materia. Toccherà ora ai Cantoni e alle città attuarle».
Il sondaggio è stato effettuato in luglio, prima che il Consiglio federale decidesse l’inasprimento delle regole per la riduzione del limite di velocità nei centri urbani. Non è quindi stato possibile chiedere agli interpellati che cosa ne pensassero. È stato però chiesto loro se fossero favorevoli a un’armonizzazione delle regole a livello nazionale, per evitare che ogni Comune faccia a modo suo. E il 68% si è espresso a favore di un regolamento uniforme in tutta la Svizzera, contro un 28% che vorrebbe lasciare più autonomia ai Comuni e un 4% che non sa.
Divisi sulla riduzione notturna
Più equilibrato è il responso del pubblico sull’introduzione dei 30 km/h unicamente di notte, come è stato fatto a Losanna, dove tra le 22 e le 6 su molte strade viene abbassato il limite di velocità, con l’intento di ridurre l’inquinamento fonico. Per il 41% degli interpellati si tratta di una buona idea, mentre il 50% non vede di buon occhio questa misura e il 9% non sa. Da notare che l’abbassamento dei limiti di velocità durante la notte piace soprattutto ai giovani tra 15 e 29 anni. Le altre fasce d’età sono tendenzialmente contrarie, così come il TCS.
«A nostro parere non è una buona idea - afferma Goetschi -. Non si percepisce la necessità di rallentare su strade a più corsie, soprattutto di notte quando il traffico è scarso. La qustione del rumore si può risolvere con i rivestimenti fonoassorbenti, come indicato dal Consiglio federale. Su questo punto gli esperti sono concordi. Un asfalto fonoassorbente riduce il rumore da 3 a 6 decibel, compensando quindi ampiamente il beneficio di un rallentamento del traffico, stimato a circa 3 decibel. Inoltre, sappiamo che la mobilità elettrica contribuirà a risolvere questa problematica nei centri urbani».
Rallentino anche le e-bike
Infine il sondaggio contemplava anche un punto sul quale praticamente tutti gli interpellati si sono dimostrati d’accordo. Il limite di velocità di 30 km/h deve valere anche per le biciclette elettriche, comprese quelle che in teoria potrebbero andare anche ben più veloce. A sostenerlo è il 91% dei partecipanti al sondaggio, contro un 7% che invece sarebbe favorevole a dispensare le e-bike.
Ma questo non è il punto più importante. Il messaggio centrale che emerge dal sondaggio del TCSè che la maggioranza della popolazione è favorevole alle zone 30 nei quartieri residenziali ma vuole mantenere il limite di 50 km/h sulle strade principali. «Sarebbe ora di ascoltare la volontà popolare - ripete Goetschi - e di smettere con questa estensione caotica del 30 km/h nelle città».
«Le proposte funzionano se c’è coerenza»
Non solo Lugano. Da Chiasso a Basilea passando per Bellinzona, Mendrisio, Locarno e naturalmente i centri più grandi, oltre Gottardo, le zone 30 hanno ingranato la marcia anche in Svizzera negli ultimi anni, tra immancabili polemiche e non infrequenti passi indietro. «La tendenza è sovracantonale e sovra-nazionale, si tratta di un processo complesso che sembra andare in una direzione univoca e inarrestabile» osserva il professor Giovanni Pini, a lungo direttore dell’Osservatorio sulla mobilità dell’Università di Ginevra. In realtà, spiega il professore, «le correzioni di rotta lungo il percorso non sono mancate».
A fare da apripista e traino tra le grandi città è stata Zurigo, che già nel 2021 ha annunciato l’intenzione di ridurre a 30 km/h la velocità su tutte le strade entro il 2030. Un percorso ambizioso ma irto di ostacoli (il Parlamento cantonale rema contro) e che rispecchia la traiettoria difficile della mobilità lenta o lentissima nella Confederazione: «Nel nostro Paese assistiamo a un sostanziale ritardo rispetto a quanto si vede già nei contesti urbani europei» prosegue Giuseppe Pini. «Penso alla pedonalizzazione dei centri urbani, che nelle grandi città dei Paesi a noi vicini è un processo relativamente avanzato e da noi sarebbe quasi una rivoluzione».
Il Röstigraben della mobilità
Esistono chiaramente delle differenze geografiche, anche macroscopiche. La Svizzera romanda è il motore propulsore a livello teorico e ideologico del «movimento 30 all’ora», con Losanna come laboratorio principale (è qui che nel 1990 la ricercatrice Lydia Bonanomi, con il suo studio «Le temps des rues», diede avvio al dibattito internazionale), ma nella pratica «è la Svizzera tedesca a dettare il ritmo - osserva Pini - mettendo in atto un esempio concreto che il resto del paese segue non senza difficoltà». Una sorta di Röstigraben urbanistico in cui il Ticino e la stessa Romandia «cercano di tenere il passo con iniziative a volte estreme, e che si scontrano con la realtà delle esigenze complesse della mobilità urbana» avverte il professore. «Ricordo ad esempio il caso di Gienvra, città in cui vivo, che tempo fa annunciò l’introduzione dei trenta all’ora in 200 strade, un progetto poi tramontato per l’opposizione dei cittadini».
Un puzzle da comporre
Il nodo cruciale sono proprio le strade di transito e il dilemma eterno tra sicurezza e scorrevolezza («chi va piano va lontano, ma quanto ci mette?») che ogni volta si ripropone. «Le statistiche mostrano un calo degli incidenti e una maggiore sicurezza non solo percepita» sottolinea Pini. «Bisogna però vedere se gli incidenti semplicemente non si spostano altrove, fuori città, assieme ai flussi del traffico automobilistico ». La cosa più importante «è che i nuovi disegni della mobilità cittadina abbiano una coerenza complessiva» conclude Pini. «È la coerenza delle proposte a determinare il loro successo o meno».