Il caso

«Le minacce da sole non erano sufficienti per un fermo»

È la domanda delle domande, all’indomani di qualsiasi tragedia: si sarebbe potuta evitare? Ad Aurigeno, frazione di Maggia, se lo chiedono in tanti
© CdT/Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
14.05.2023 06:00

È la domanda delle domande, all’indomani di qualsiasi tragedia: si sarebbe potuta evitare? Ad Aurigeno, frazione di Maggia, se lo chiedono in tanti. Sui social alle manifestazioni di solidarietà - compresa una raccolta fondi a favore degli orfani - si alternano le critiche neanche troppo velate: «Per dieci mesi una persona ha minacciato ininterrottamente e la polizia non ha fatto niente fino a ieri», si è sfogato su Instagram un giovane che potrebbe essere uno dei figli della compagna della vittima.

In realtà, qualcosa era stato fatto. Nell’autunno 2022 la polizia ha avviato un’inchiesta - ancora aperta alla vigilia dell’omicidio - a seguito di un atto intimidatorio. Delle bottiglie incendiarie erano state trovate in un prato vicino all’abitazione del custode, di fianco alla scuola. L’episodio era stato chiarito, spiegano dal Ministero pubblico. L’autore: il 42.enne che giovedì ha premuto il grilletto. Ma il monitoraggio della polizia e nemmeno il percorso di cure psicologiche intrapreso dall’aggressore (era seguito dal servizio Psico Sociale di Locarno) sono bastati ad evitare il peggio. Anche all’interno della scuola «nessuno immaginava che esistesse un pericolo simile», spiega il presidente del consorzio scolastico Bassa Vallemaggia Massimo Ramelli. Eppure la relazione tra il custode e una collaboratrice dell’istituto era nota, come «era noto il fatto che con l’ex compagno di lei c’erano dei problemi». La stessa vittima, «non aveva mai manifestato timori di una possibilità di escalation».

A posteriori i messaggi su Facebook - quelli inviati via telefono sono al vaglio degli inquirenti - sembrano espliciti. Ma a posteriori è sempre tutto più chiaro. Il Ministero pubblico si attiene al riserbo sui dettagli. Lo stesso vale per l’avvocato Fabio Bacchetta Cattori, difensore del 42.enne, che contattato si limita a confermare di avere incontrato l’assistito (nel frattempo trasferito alla clinica psichiatrica di Mendrisio, ndr.) il quale si sarebbe mostrato finora collaborativo. «No comment», su presunte minacce e precedenti. L’uomo risulta comunque incensurato.

Di tragedie che «a posteriori» avrebbero potuto essere evitate, del resto, la cronaca anche recente è piena. Dal femminicidio di Ascona del maggio 2017 all’ultimo omicidio-suicidio a sfondo passionale, commesso tra Cantello e Stabio a luglio scorso. «A volte i segnali ci sono ma l’autorità non ha abbastanza elementi per avviare misure preventive», sottolinea l’avvocato Yasar Ravi, difensore tra gli altri del 20enne che il 21 ottobre 2021 sparò un colpo di fucile alla ex compagna a Solduno. «Anche in quel caso dei segnali c’erano stati. Dal punto di vista delle vittime e dei familiari è chiaro che questi elementi possono generare rabbia».

Il tema è caldo anche politicamente. A fine marzo il Consiglio di Stato ha licenziato il messaggio sulla revisione della legge di polizia (LPol) che tra le altre cose prevede un maggior margine d’intervento in caso di minacce, sul modello di altri Cantoni. Sarà discusso in commissione giustizia nelle prossime settimane.

Secondo Nicola Corti, avvocato ed ex procuratore pubblico, il problema «non riguarda tanto le risorse della polizia ma il fatto che, in assenza di atti preparatori concreti, gli autori di minacce non possono essere fermati ma solo monitorati». Per l’avvocato Elio Brunetti, difensore di altri imputati «illustri» in passato, l’elemento umano resta fondamentale. «Alcune segnalazioni possono essere rivelatrici di un disagio, ma determinare se chi minaccia è prossimo a passare all’atto è estremamente difficile», avverte. «A volte le risorse, la sensibilità e l’intuito semplicemente non bastano». Il rischio di altre Aurigeno ci sarà sempre. Con qualsiasi legge. 

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