L'intervista

La fine del mondo? Tra 100 secondi

L’orologio dell’apocalisse è da due anni fermo alle 23:58:20 – Arrivare a mezzanotte significherebbe trovarsi di fronte alla fine dell’esistenza umana – Per scoprire di più su questo strumento e sui pericoli che fanno avanzare in avanti le lancette abbiamo intervistato il premio Templeton 2019, Marcelo Gleiser
Federica Serrao
07.03.2022 19:00

L’orologio dell’apocalisse è da due anni fermo alle 23:58:20 – Arrivare a mezzanotte significherebbe trovarsi di fronte alla fine dell’esistenza umana – Per scoprire di più su questo strumento e sui pericoli che fanno avanzare in avanti le lancette abbiamo intervistato il premio Templeton 2019, Marcelo Gleiser

Qualunque ora segnino i nostri orologi, non è quella giusta. Almeno, secondo il Doomsday Clock: l’orologio dell’Apocalisse. Lo strumento ci indica un orario diverso, ma uguale per tutti: mancano cento secondi alla mezzanotte. La mezzanotte dell’autodistruzione della specie umana. Era il 1945, quando un gruppo di scienziati impegnato nel progetto Manhattan – tra i quali si distingue anche Albert Einstein – prese coscienza di quelle che sarebbero state le conseguenze per l’umanità una volta realizzato il progetto al quale stava lavorando: la bomba atomica. Di lì a pochi mesi seguirono infatti i primi bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, sul finire della Seconda guerra mondiale. Einstein e colleghi rilevarono nella loro arma una pericolosità tale che li portò a istituire il Bulletin of the Atomic Scientists, una rivista che si occupava di informare la popolazione sui dibattiti delle politiche nucleari. Pochi anni dopo, nel 1947, gli scienziati del Bulletin inventarono l’Orologio dell’apocalisse. Settantacinque anni fa, alla sua nascita, l’orologio segnava sette minuti mancanti alla mezzanotte, ovvero alla fine del mondo per opera dell’uomo. Col tempo, i minuti restanti sono diminuiti più o meno velocemente, per poi aumentare durante particolari momenti storici (come nel 1991, al termine della Guerra Fredda), fino a raggiungere limiti mai toccati prima, come quello attuale. Da due anni, infatti, il Doomsday Clock segna minacciosamente le ventitré, cinquantotto minuti e venti secondi. Cento secondi, insomma, rimasti alla fine dell’umanità. Per scoprirne di più abbiamo intervistato Marcelo Gleiser, fisico, astronomo e filosofo brasiliano, docente di fisica e astronomia presso il Darmouth College di Hanover (New Hampshire), premio Templeton 2019.

Il riscaldamento globale tra i colpevoli
«La decisione di inventare l’orologio dell’apocalisse fu abbastanza propagandistica», inizia a spiegarci Marcelo Gleiser. «Lo scopo era proprio quello di informare le persone, spiegare loro che il pericolo era ed è reale. Nel corso di questi settantacinque anni abbiamo assistito ad alcune grandi crisi a livello globale, o a minacce per l’umanità, che hanno fatto avvicinare l’orologio alla mezzanotte. Ma mai così vicino com’è ora». Parte di questa accelerazione delle lancette è spiegata anche da alcune modifiche attuate nel riconoscimento dei problemi che contribuiscono all’autodistruzione, tra cui spicca il riscaldamento globale. «Era il 2007 quando tra i colpevoli si cominciò a includere anche il riscaldamento globale, e non più solo il nucleare. Ma non solo: attualmente, nelle valutazioni scientifiche che determinano lo spostamento delle lancette, vengono presi in considerazione anche altri problemi, come l’uso incontrollato dell’intelligenza artificiale. In questo momento sembra che qualunque cosa l’uomo sia in grado di creare possa diventare una minaccia alla sua stessa esistenza».

Adesso siamo molto vicini alla mezzanotte perché il cambiamento climatico è un problema serio, per il quale non si stanno trovando le soluzioni giuste
Marcelo Gleiser

«Adesso siamo molto vicini alla mezzanotte perché il cambiamento climatico è un problema serio, per il quale non si stanno trovando le soluzioni giuste. È un discorso diverso dalla minaccia nucleare, perché in quel caso si parla di missili, che esistono già e che possono essere utilizzati. Col clima la faccenda è più lenta, e non è una cosa scontata. La gente non sta sviluppando la coscienza del pericolo che si sta piano piano avvicinando. Gli scienziati, però, lo sanno. I problemi sono già presenti: se le cose dovessero proseguire in questa direzione, tra dieci anni sarà già troppo tardi. La popolazione spesso pensa: “Fa ancora freddo a Lugano! Non esiste il riscaldamento globale!”, ma non è così che si deve vedere la faccenda. Si tende ad avere una visione troppo semplificata della questione. Il punto è che le proprietà del clima diventano sempre più estreme: i luoghi aridi diventano e diventeranno ancora più aridi. Quelli travolti dalle tempeste, ne subiscono e ne subiranno sempre di più violente. L’orologio serve ad acquisire consapevolezza di questi eventi. Ha lo scopo di portare a una coscienza globale del pericolo che rappresentiamo per noi stessi».

La relazione tra pandemia e Doomsday Clock
Quando pensiamo all’orario che abbiamo raggiunto, pensiamo inevitabilmente anche all’impatto che ha avuto tutto quello che è accaduto (e ancora sta accadendo) negli ultimi anni. Come, per esempio, la pandemia da COVID-19. «Non si sa quanto forte sia stato l’impatto della pandemia nell’avanzamento delle lancette. Quando l’orologio ha raggiunto per la prima volta i cento secondi alla mezzanotte, non sapevamo ancora quanto pericolosa fosse. Un problema della nostra società è che più persone ci sono nel mondo, più persone affamate ci saranno. E la parte più povera della popolazione, che non ha accesso al cibo, sarà costretta ad andare nelle foreste, per esempio, e a mangiare quello che troverà. In questo modo si mangiano animali esotici, che portano al diffondersi di nuove malattie, che possono poi purtroppo, come abbiamo visto, diventare pandemie in alcuni casi. La COVID-19 non è stata l’unica. Recentemente ci sono stati dei casi in Africa di un’influenza trasmessa dalle scimmie. È questo il punto: quando la gente entra nei territori di animali con cui non abbiamo frequentemente contatto c’è il pericolo si trasmettano nuovi patogeni all’uomo, com’è probabilmente successo con la COVID. Anche se la realtà dei fatti è che ancora non sappiamo come sia nato questo virus. Si pensa ai pipistrelli del mercato di Wuhan, ma nessuno ne ha davvero la certezza». Di una cosa però, possiamo essere sicuri: la combinazione di pandemie e riscaldamento globale, se persistente, «potrebbe davvero continuare a peggiorare la situazione». Ma non finisce qui.

Il conflitto russo-ucraino minaccia le lancette
«Le guerre non hanno mai cessato di esistere», afferma Marcelo Gleiser.

Le bombe esistono ancora. E sono abbastanza per danneggiare parecchio la generazione moderna
Marcelo Gleiser

«Le bombe esistono ancora. E sono abbastanza per danneggiare parecchio la generazione moderna». Con l’inizio del conflitto russo-ucraino tutto il mondo sembra aver acquisito maggior consapevolezza sull’argomento. «Nonostante l’orribile aggressione e le intenzioni distruttive di Putin, le sue provocazioni contro l’Ucraina e la NATO hanno una probabilità molto bassa di ottenere un successo geopolitico. Sembrerebbe che il risultato più immediato sia un ulteriore isolamento della Russia. La tragedia in Ucraina ora è davanti agli occhi di tutto il mondo, e la leadership russa ne sarà ritenuta responsabile. È difficile prevedere cosa accadrà nelle prossime settimane, ma penso si possa escludere un’escalation che coinvolga qualsiasi tipo di arma nucleare. Per questo motivo, spero che l’orologio dell’apocalisse rimanga fermo dov’è, nonostante il conflitto. In caso contrario, potremmo avvicinarci ai sessanta secondi alla mezzanotte».

L’apocalisse e la Earth’s Black Box
Ma l’apocalisse cos’è di preciso? Cosa succederebbe se le lancette arrivassero a toccarsi e a indicare la mezzanotte in punto? «Nessuno sa cosa sia davvero l’apocalisse. Secondo me non arriveremo mai a quel punto. Anche perché, se succedesse, nessuno (o quasi) lo saprebbe. È per questo motivo che in Tasmania è stata recentemente installata la Earth’s Black Box, ovvero lo scenario più deprimente che si possa immaginare. Si tratta di una scatola nera che ha la stessa funzione di quella di un aereo. La Earth’s Black Box è ubicata però in un luogo della Terra considerato indistruttibile (in Tasmania, appunto). Dentro la scatola si scrive e si conserva un registro del comportamento umano, che influenza la storia del nostro pianeta. Tutte le decisioni dei politici, dell’IPCC, – Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico – o persino l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, verranno registrate all’interno della scatola e serviranno a raccontare la storia della nostra autodistruzione. Se qualche essere umano dovesse sopravvivere, andando nel luogo in cui si trova la scatola nera della Terra sarebbe in grado di capire cosa sia successo alla generazione precedente. È una cosa terribile, a pensarci. Eppure, sia il Doomsday Clock che la Earth’s Black Box sono dei simboli che servono a svegliare l’umanità».

La speranza che le lancette retrocedano
Nel 1991, come già sottolineato, il Doomsday Clock riportò indietro le sue lancette, arrivando a segnare diciassette minuti alla mezzanotte. Sperare in uno scenario simile anche per il nostro futuro, secondo Marcelo Gleiser, non sarebbe così utopico. «Io sono una persona molto ottimista per natura. Perché non sperare che l’orologio torni indietro di nuovo? Nel 1991 è accaduto quando George W. Bush emanò il Trattato di riduzione delle armi strategiche (START I, ndr). Immagino che, anche ora, sia prevalentemente una questione in mano ai politici. Per esempio, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha delle buone idee, anche se si tratta spesso di legislazioni difficili da mettere in atto. Se alla prossima elezione invece dovesse per esempio vincere Trump il discorso sarebbe diverso: in quel caso ci avvicineremmo ancora di più alla mezzanotte». Da ultimo, il fisico menziona anche l’intelligenza artificiale. «Molti vedono l’anno 2040 come l’anno del disastro, sia per colpa del riscaldamento globale che per l’intelligenza artificiale. Si pensa che i computer, prossimamente, diventeranno più furbi e intelligenti di noi. Questa è un’interpretazione completamente fantasiosa. Non c’è niente di vero e scientifico. Una macchina non sarà mai capace di pensare come una persona che, al contrario, possiede una coscienza di esistere. Un computer, al massimo, esegue dei comandi».

Gli esseri umani sono entità dotate del desiderio di vivere e sopravvivere, e nessuno sa da dove nasca questa caratteristica nel nostro cervello e in quello degli animali. Ma è ciò che fa e farà sempre la differenza, e non potrà mai essere tradotta nel programma di un computer
Marcelo Gleiser

«Gli esseri umani sono entità dotate del desiderio di vivere e sopravvivere, e nessuno sa da dove nasca questa caratteristica nel nostro cervello e in quello degli animali. Ma è ciò che fa e farà sempre la differenza, e non potrà mai essere tradotta nel programma di un computer. Per questo motivo sono molto più ottimista della gente che sostiene che siamo schiavi dell’intelligenza artificiale. Io credo che la prossima generazione di essere umani farà una grande differenza. Ho molte speranze per i giovani che la storia sia diversa, che ci sia molta più flessibilità ideologica, rispetto a quella della mia generazione». Marcelo Gleiser conclude quindi il suo intervento rinnovando l’invito a essere ottimisti. «Il pessimista è colui che comincia a giocare una partita, ma sa già di aver perso. Perché giocare, allora? L’ottimista prova a giocarla senza credere di sapere già quale sia il risultato. Il pessimista, addirittura, alcune volte, non inizia nemmeno a giocare la partita, tanta è la paura di perderla. Ma in questo modo non si può vivere».

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