Il ricordo

Claudia Cardinale: resta il suo fascino, inimitabile

Morta ieri all’età di 87 anni, è stata semplicemente l’attrice italiana più importante della sua generazione – Basterebbe ricordare i film interpretati nel 1963: «Il Gattopardo», «8 e mezzo» e «La Pantera Rosa» – Pardo d’Oro alla carriera nel 2011
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Paolo Galli
24.09.2025 07:09

A renderla unica era la bellezza. Quella bellezza che tutti, da sempre, hanno usato come definizione della mediterraneità. Sì, d’accordo, ma mica solo quello. Era tutto il mondo che si portava appresso e che rifletteva, attraverso la telecamera, sui nostri schermi. Era quel timbro nella voce, rauco, che agli inizi fu vissuto quasi come un difetto, ma che per tutta una carriera l’ha resa distinguibile, unica appunto. Era la personalità. Un suo film minore, «Le pistolere», un western buffo, la vide dividere la scena con un’altra bellezza della sua stessa epoca, Brigitte Bardot. Due stereotipi e, al contempo, due esseri irripetibili, due attrici che hanno segnato un secolo. Ora Claudia Cardinale non c’è più, ma resta il fascino delle sue interpretazioni, del suo modo di occupare i film in cui recitò, con la sua enorme intensità emotiva.

Tutti i registi più grandi

Pochi giorni fa, il cinema ha salutato per l’ultima volta Robert Redford, e tutti ci siamo spesi nel ricordare quel suo film piuttosto che un altro. Lo stesso giochetto, oggi, potremmo farlo per Claudia Cardinale. Ha recitato per tutti i migliori registi italiani del Novecento. Roba da Wikipedia, ma come potremmo esimerci dal ricordare «C’era una volta il west» (1968, Sergio Leone), e prima ancora «I soliti ignoti» (1958, Mario Monicelli), «Rocco e i suoi fratelli» e «Il Gattopardo» (1960 e 1963, Luchino Visconti), «8 e mezzo» (1963, Federico Fellini). Ma ha recitato pure per Mauro Bolognini, Luigi Comencini, Luigi Magni. E fuori dai confini italiani, il film più importante è stato «La Pantera Rosa» (1963, Blake Edwards). Lei, nata in Tunisia quando era protettorato francese - il 15 aprile del 1938, erede di due famiglie emigrate dalla Sicilia, imparò l’italiano soltanto in età adulta. Non poteva rendersi conto che quella sarebbe stata parte della sua fortuna. L’accento, il timbro, l’aspetto, ma anche la predisposizione per il mestiere di attrice. Fece discutere un’intervista realizzata da Alberto Moravia, in cui le domande erano tutte finalizzate a sottolineare la fisicità di Claudia Cardinale. Ma lei a lungo giocò con questo aspetto del mestiere e della critica, utilizzando - per sua stessa dichiarazione - il proprio corpo «come una maschera, come una rappresentazione di sé stessa». D’altronde se ha iniziato a fare cinema lo deve proprio alla sua forte apparenza. Venne scoperta così dal regista francese René Vautier, a Tunisi, davanti alla sua stessa scuola. «In quel momento non pensavo assolutamente che il cinema sarebbe stato il mio destino».

Non potrei interpretare questi personaggi senza aver vissuto, senza aver amato o pianto

Diva del mondo

Claudia Cardinale è stata una diva italiana, ma solo fino a un certo punto. È stata internazionale, è stata francese, è stata attrice del mondo tutto. Lei stessa, in una recente intervista al «Corriere della Sera» ha spiegato di aver scelto di vivere in Francia quasi come una reazione. «Chi lo sa… In fondo la mia prima lingua, e la mia prima cultura sono state quella francese, seppur attraverso la Tunisia. In Italia vivevo un po’ rinchiusa. Era difficile avere una vita normale. Fare la spesa, andare a passeggio. In Francia ho trovato un Paese amico in cui il rapporto con le persone pubbliche è un po’ più vivibile che in Italia. Almeno per me in quegli anni era così». Anni in cui è stata l’attrice più grande e importante. Basterebbe soffermarsi su quell’anno, sul 1963: «Il Gattopardo», «8 e mezzo», «La Pantera Rosa». Un’esplosione, così fragorosa da arrivare in ogni parte del mondo e da portare una ancora giovane Claudia a dividersi tra l’Italia e l’America. Soltanto poi, in un secondo tempo, scelse la Francia. Ma come ha ammesso, fu un modo come un altro - basti pensare alla scoperta del teatro - per togliersi di dosso il peso dei riflettori, non quelli di scena, ma quelli mondani e mediatici. La sua non fu una vita interamente da sogno. Il suo primo figlio, Patrick, nacque infatti da uno stupro. Lei aveva soltanto vent’anni. Poi trovò l’amore del produttore cinematografico Franco Cristaldi e del regista Pasquale Squitieri. «La mia vita è stata una bellissima avventura. Poi non potrei neanche interpretare dei personaggi senza aver vissuto delle cose, senza aver amato, pianto. È importante per interpretare altre vite, altre donne », ha poi rivelato in un’intervista negli anni Novanta. Nel libro «Io, Claudia. Tu, Claudia» (Frassinelli, 1995) disse in effetti qualcosa di molto simile: «Mi sono resa conto che per recitare usavo molto la mia vita interiore, che il mio modo di essere attrice era di mettere me stessa dentro i miei personaggi. Il mestiere del cinema, non per scappare dalla vita, ma per viverla meglio di come ho vissuto la vita vera, se non altro con più sincerità e consapevolezza ». Insomma, Claudia Cardinale portava in scena anche le sue sofferenze, una bellezza che non è stata gratuita. E che lei ha usato con saggezza, mai con superficialità.

L’impegno civile

Un tratto che poi è emerso nella sua vita adulta, nel suo impegno a favore dei diritti umani. Un’attivista elegante ma altrettanto combattiva, aperta a vari temi, dalla protezione delle donne dalle violenze sino all’ecologia, e poi è stata volto dell’UNESCO e della lotta all’AIDS. Quella definizione scherzosa di David Niven - «La più bella invenzione degli italiani dopo gli spaghetti» - rispecchia la leggerezza con cui ha interpretato la fama e il successo. Per quel che ci riguarda, il Locarno Film Festival la premiò nel 2011 con il Pardo d’Oro alla carriera. E mai pardo fu più meritato.

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