Cinema

David Cronenberg compie 80 anni: ecco alcuni suoi film da riscoprire

Ecco alcune opere del regista canadese che meritano di essere (ri)guardate
Michele Montanari
15.03.2023 13:38

Il maestro David Cronenberg compie 80 anni. Nato il 15 marzo del 1943, il regista canadese ha presentato il suo ultimo lavoro, Crimes of the future, lo scorso anno alla 79esima edizione del festival di Cannes, dopo 8 anni dalla satira anti-hollywoodiana di Maps to the stars. Nella recensione della sua terza pellicola con l’attore Viggo Mortensen (già in scena in A History of Violence e La promessa dell’assassino), il collega Antonio Mariotti scrive: «Per Cronenberg il corpo umano rimane un inevitabile campo di battaglia. Una battaglia che però, diversamente da quanto accade in altri suoi film (basti pensare a La mosca del 1986), non riguarda più l’esterno ma l’interno». In occasione dei suoi 80 anni, vediamo quali sono le opere da riscoprire del re del body horror.

Videodrome, 1983

L’uomo-spettatore si perde nella televisione e questa, quasi oggetto di desiderio sessuale, ne modifica la percezione della realtà. Un tema fortissimo affrontato con lucida follia da Cronenberg agli inizi degli anni 80, con il boom delle emittenti commerciali in tutto il mondo. Videodrome è un programma televisivo in cui vengono mostrate torture, stupri e omicidi. Max Renn (James Woods) è il proprietario di una TV via cavo che trasmette porno e contenuti violenti, neanche lontanamente paragonabili a quelli in onda su Videodrome. Max finisce col perdersi dentro la rete televisiva, un’allucinazione più reale della realtà stessa. Il maestro canadese manda lo spettatore in cortocircuito, mostrando l’immagine del mondo filtrata dalla falsità (o forse è verità?) del tubo catodico. Un’opera filosofica, in cui la mutazione del corpo fa dell’uomo un contenitore, una sorta di videoregistratore di carne capace di accogliere in sé nuove realtà, come fossero di volta in volta impresse su videocassette che restituiscono alterate e alternative visioni del mondo. Un capolavoro invecchiato solo nei mezzi, giovanissimo nei concetti: basta sostituire tubi catodici e videoregistratori con streaming, videogiochi e social. Ed ecco che Videodrome torna a vivere, come fosse nuova carne.

La mosca, 1986

Tratto dal racconto La mosca (1957) di George Langelaan, remake de L'esperimento del dottor K. (1958), in realtà l’opera di Cronenberg non ha granché da spartire con i lavori appena citati. Il film con Jeff Goldblum e Geena Davis è considerato uno dei capolavori del cinema horror, genere che tuttavia gli va decisamente stretto. Quella tra lo scienziato Seth Brundle e la giornalista Veronica «Ronnie» Quaife è una storia d’amore deforme. Seth, nel tentativo di creare un dispositivo per il teletrasporto, finisce col fondersi con una mosca: il suo corpo e il suo comportamento mutano mostruosamente. Nella metamorfosi del protagonista c’è tutta l’ossessione di Cronenberg per la carne che diventa altro. Un’ossessione sublimata nel terrore di Veronica che, rimasta incinta, decide di abortire temendo che il figlio in arrivo possa essere un’aberrazione. Amore, deformità, liquidi (dis)umani e pietà. La mosca è il più grande successo commerciale dell’autore canadese (vinse un Oscar per il miglior trucco), la battuta «Abbi paura. Abbi molta paura» è una delle più citate del cinema anni 80.

Il pasto nudo, 1991

Film infilmabile ispirato al romanzo (illeggibile?) di William S. Burroughs. E infatti Il Pasto Nudo è un deliro allucinogeno su celluloide, che alterna suggestioni del libro a storie di vita reale (o presunte tali) dello scrittore americano durante il suo soggiorno a Tangeri. Inutile parlare della trama, che sembra più un susseguirsi di incubi sotto effetto di droga. Sono i temi a prendere il sopravvento nel mondo dell’assurdo immaginato dal canadese: il linguaggio come creatore e distruttore di realtà, l’impossibilità di comunicare e la dipendenza da sostanze stupefacenti, sesso (deviato), morte e depravazioni. L’atto di scrivere diventa atto sessuale, creazione e annientamento. William Lee (Peter Weller) spara in testa alla moglie cercando di centrare un bicchiere, come fosse un Guglielmo Tell privo di un qualsivoglia senso. L’uxoricidio diventa la porta di ingresso per l’Interzona, la dimensione più visionaria e psicotica portata su schermo da Cronenberg.

A History of Violence, 2005

Altro tema molto caro a Cronenberg, insieme alla mutazione del corpo e l’infezione, è quello del doppio. Già esplorato a fondo in Inseparabili (1988), questa volta il dualismo convive in una sola persona (due miserie in un corpo solo, cantava Gaber): Tom Stall (Viggo Mortensen), tranquillo padre di famiglia dal passato oscuro. A History of Violence (opera basata su un fumetto di John Wagner del 1997) è un film apparentemente atipico per il regista canadese, che si spinge verso il gangster movie (d’autore), lasciando intatta la sua gelida mano. Pacatezza e normalità vengono spazzate via da improvvise esplosioni di violenza, sesso animalesco e incursioni nella torbida psicologia dei personaggi. Cronenberg diventa sadico strizzacervelli (non a caso qualche anno dopo darà vita A Dangerous Method, film sui rapporti tra Carl Gustav Jung e Sigmund Freud): Tom è davvero un uomo malvagio o si tratta di un terribile scambio di identità? È possibile accettare un mostro nella nostra famiglia, che credevamo perfetta?

La promessa dell’assassino, 2007

Ancora Viggo Mortensen a fare la parte del leone, questa volta affiancato da Naomi Watts. Cronenberg conferma il suo distacco dal body horror, realizzando un noir tesissimo, in cui il tema dell’identità assume il ruolo di vero protagonista: l’identità celata dell’autista Nikolai (Mortensen), ma anche quella ignota della ragazzina che muore dando alla luce la figlia Christine. La mutazione della carne diventa scrittura sulla pelle, attraverso i vistosi tatuaggi sui corpi degli uomini (segni che raccontano storie di morte). La promessa dell’assassino è un film brutale (la rissa di corpi nudi nel bagno turco è già storia del cinema) ambientato a Londra nel durissimo mondo della malavita russa (ma anche curda e cecena). L’apparente lieto fine nasconde una dura realtà, l’ennesimo pugno nello stomaco sferrato da Cronenberg: non si sfugge alla legge del sangue, agli errori (e gli orrori) del passato.