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Donne e camion? Anche in Svizzera gli stereotipi sono duri da eliminare

Prendiamo spunto dalla pellicola che vede protagonista Juliette Binoche per capire com'è la situazione nel nostro Paese – Ne parliamo con Danuscia Tschudi della SUPSI
Jenny Covelli
08.08.2022 06:00

«La camionista Sally è costretta a contrabbandare merci illegali per salvare il fratello Dennis incarcerato da una feroce banda di malviventi. L’agente dell’FBI Gerick è sulle sue tracce, ma le motivazioni e la coscienza di Sally vengono messe a dura prova quando la consegna finale si rivela essere...». È questa la logline di Paradise Highway, film del sabato sera in Piazza Grande presentato in anteprima mondiale fuori concorso. Si tratta di un thriller di produzione statunitense in cui Juliette Binoche interpreta il ruolo della camionista. L'attrice premio Oscar  - lo vinse nel 1997 con Il paziente inglese (Anthony Minghella) - ha dichiarato alla CNN di essere stata attratta sin da subito da quel ruolo che per lei rappresenta un'interessante sfida. «Un'occasione per entrare in un altro mondo». Un'avventura. «E ho voluto vivere l'esperienza fisicamente, mettermi al volante di un vero camion». Un'attrice francese sulle autostrade americane, «difficile da immaginare», per sua stessa ammissione. E non solo per la diva del cinema francese.

© PHYW DISTRIBUTION LTD
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Tanti sguardi per una giovane donna su un veicolo pesante

La protagonista del film, la camionista Sally, consente di allargare il campo a una riflessione, cercando di non scadere in superficiali banalizzazioni e inutili moralismi: ci sono professioni tradizionalmente ritenute maschili e altre tradizionalmente ritenute femminili. Tanto che anche in Svizzera, nel 2019, quando l'allora 17.enne Michelle Lombardi aveva appena concluso il primo di tre anni di formazione sui mezzi pesanti presso il Centro logistico dell'esercito del Monte Ceneri aveva attirato tanti sguardi. Tanto da finire sul sito del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). «Michelle Lombardi sarà la prima donna autista di veicoli pesanti», vi si leggeva. E ancora: «Ha scelto un lavoro tipicamente maschile, che nel trasbordo di merci pesanti può anche essere parecchio fisico». Una «privilegiata», così si era definita lei, perché «nel settore privato i formatori hanno meno tempo per gli apprendisti, dove peraltro le donne sono sottovalutate». Anche a scuola, fra gli apprendisti meccanici o autisti di veicoli pesanti, era l'unica donna. «Certo, mi sento particolarmente osservata, ma con il tempo ti ci abitui. Devi farti uno scudo».

© DDPS
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Una scelta «pilotata»

«Nei suoi giochi c'erano poche bambole e tante macchinine - scriveva allora il servizio comunicazione della Difesa, che nella scheda sull'apprendistato come autista di veicoli pesanti ora utilizza un'immagine femminile -. L'attività del padre nella logistica o nei trasporti dell'esercito l'hanno ispirata». Un aspetto su cui si sofferma anche da Danuscia Tschudi, ricercatrice senior del centro competenze lavoro, welfare e società della SUPSI: «Al giorno d'oggi sono ancora presenti dei condizionamenti che fanno sì che al momento della scelta formativa i ragazzi e le ragazze siano portati a non guardare le professioni considerate atipiche per il loro genere». Ecco quindi che, dati alla mano, le donne sono più indirizzate verso il settore sociosanitario e la cura della persona, il commercio e le professioni artistiche. Mentre gli uomini hanno la possibilità di scegliere da un ventaglio molto più ampio di mestieri, nell'ambito industriale e dell'artigianato. «Le ragazze spesso si muovono prima - aggiunge Tschudi -. Già in terza media si attivano per trovare un posto di apprendistato, consce della concorrenza di coetanee e i coetanei, soprattutto se desiderano formarsi quale impiegate di commercio».

Ciò non significa che non vi siano delle ragazze che scelgono professioni tecniche o tradizionalmente ritenute maschili. «Ma spesso hanno una certa forza di carattere. O sono sostenute dal proprio entourage, genitori, fratelli, sorelle. Anche le nostre ricercatrici alla SUPSI spesso citano quali persone di riferimento insegnanti o familiari vicini al settore». È il caso anche di Janina Martig, fondatrice nel 2013 dell'azienda di logistica Janina Martig Logistics GmbH. «È cresciuta in Svizzera come figlia di un imprenditore edile, dal quale ha ereditato la passione per i camion e ha acquisito il suo senso degli affari in tenera età», scriveva di lei nel 2016 autosprint.ch. «All'età di 19 anni, Janina ha completato la sua formazione di camionista e ha sostenuto suo padre per due anni come autista di camion e ribaltabili. Di nascosto, lavora come modella di moda. Ma non dimentica mai le sue radici e la sua passione».

Ci sono delle aziende sensibili alla tematica e già a livello di formazione cercano di smontare gli stereotipi di genere e le "leggende" che rendono meno attrattive alcune professioni
Danuscia Tschudi

La sensibilità delle aziende

Dai dati dell'Ufficio federale di statistica emerge come, in proporzione, le donne lavorano molto più spesso degli uomini nel settore dei servizi. Nel quarto trimestre del 2020 rappresentavano l'87,8% contro il 68%. Solo il 10,5% delle donne lavorava nell'industria e l'1,7% nell'agricoltura. Tra gli uomini occupati, il 29,1% lavorava nell'industria e il 2,9% nell'agricoltura. Ma è giusto sottolineare anche i progressi. «Osserviamo - aggiunge Danuscia Tschudi - che ci sono delle aziende sensibili alla tematica e già a livello di formazione cercano di smontare gli stereotipi di genere e le "leggende" che rendono meno attrattive alcune professioni». Nell’ambito della meccanica industriale, ad esempio, nell'immaginario persiste il luogo di lavoro sporco, mal retribuito e poco femminile. Il che rende la professione poco attrattiva. «Ma in realtà le prospettive sono molto più ampie, come la possibilità di diventare ingegnere meccanico o ingegnera meccanica partendo da un apprendistato». Quando lo stereotipo di genere si incrocia con quello legato alla professione, crolla il numero di candidati, come nella metalcostruzione meccanica e nei settori legati all'industria. «Gli stereotipi sono così diffusi che a volte le ragazze e i ragazzi non escono dai "sentieri più battuti" perché osservano la realtà. Una studentessa un giorno mi ha detto "quanti datori di lavoro sarebbero effettivamente aperti ad assumermi se scegliessi una professione tecnica anziché commerciale?"».

Il discorso, poi, si sposta a livello dirigenziale. Dove la quota di donne è ancora nettamente più bassa. Qui la ricercatrice senior del centro competenze lavoro, welfare e società della SUPSI introduce il concetto di «dilemma del doppio vincolo»: «Da una donna che occupa una posizione di responsabilità ci si aspetta che abbia un'attitudine direttiva associata più al "maschile" e che sia in grado di applicare il "pugno duro" quando necessario, ma anche che, proprio in quanto donna, sia più propensa alla collaborazione, all'ascolto e al lavoro in team».

Non solo principesse

Ma chiudiamo tornando da dove siamo partiti. Juliette Binoche che interpreta il ruolo della camionista in Paradise Highway. Perché il tema della rappresentazione dei personaggi femminili e maschili è decisamente interessante. «Se chiediamo ai bambini il nome di uno scienziato, la maggior parte dirà Albert Einstein. Forse qualcuno Marie Curie», conclude Danuscia Tschudi. Che però è positiva: «Un'evoluzione nel tempo c'è sicuramente stata. Da Cenerentola e Biancaneve siamo passate a Merida (la principessa di Brave, ndr.) e le altre eroine più improntate all’azione che non all’aspetto fisico. Gli stereotipi si combattono sin da piccoli. Tenendo conto della complessità della realtà».

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