Eurovision

Quasi una rivincita dell'Eurotrash nella seconda semifinale a Basilea

Completato il lotto dei partecipanti alla finale di sabato con la qualificazione di Armenia, Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Israele, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Malta in una serata segnata dal prepotente ritorno delle sonorità più stereotipate
© KEYSTONE/Georgios Kefalas
Mauro Rossi
15.05.2025 23:53

Armenia, Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Israele, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Malta: sono le dieci nazioni che alla S. Jakobshalle di Basilea hanno completato il tabellone dei partecipanti alla finalissima, domani sera, del 69. Eurovision Song Contest. Un verdetto che, contrariamente a quello della prima semifinale, ha riservato qualche colpo di scena: non tutti coloro che, alla vigilia, venivano indicati come i favoriti, sono stati premiati dalle due giurie (quelle specializzate dei vari Paesi e il televoto) che, rispetto alla prima serata, hanno dato maggior spazio al... «trash». Il tutto in una al solito gremitissima arena renana dove le annunciate – e temute – proteste contro la rappresentanza israeliana, timidamente manifestatesi in sala durante le prove generali pomeridiane (una manciata di persone, subito accompagnate all’uscita dal servizio di sicurezza) non sono si sono verificate consentendo allo spettacolo uno svolgimento come da copione. Il quale, rispetto alla prima serata, non ha subito variazioni strutturali, ivi compresa la mancanza di una presentazione tra un concorrente e l’altro, introdotti unicamente dalle solite «cartoline elvetiche» da loro trovate nella cassetta della posta e accompagnate dalla solita musichetta insulsa – quattro, per curiosità, quelle dedicate a località ticinesi ossia Ascona per la concorrente francese, Bruzella per S. Marino, Peccia per la Grecia e Morcote per Israele che hanno portato fortuna ai.... destinatari, tutti approdati alla finale.

In sostanza sedici esibizioni dei concorrenti intervallati da tre intermezzi. Il primo dedicato all’Eurosong che… non c’è stato, quello del 2000, cancellato dall’emergenza pandemica, ricordato attraverso un medley canoro che ha avuto quali protagonisti quattro artisti e band che avrebbero dovuto prendervi parte: l’elvetico Gjon’s Tears, il trio lituano The Roop, l’azera Efendi e la giovane maltese Destiny (artisti che, comunque hanno avuto modo di presentarsi l’anno seguente nei Paesi Bassi). Il secondo, intitolato «On time», in stile musical è stato un inno alla libertà personale e al valore del tempo mentre in quello finale la presentatrice Sandra Studer, ha avuto modo di ribadire le sue doti canore (non dimentichiamo che utilizzando il nome d’arte di Sandra Simò, rappresentò la Svizzera all’ESC nel 1991 a Roma ottenendo un lusinghiero quinto posto eseguendo Insieme: 1992 di Toto Cutugno).

Tornando alla serata, stilisticamente dai toni più variati rispetto alla prima semifinale hanno ottenuto i favori della giuria molte canzoni nel più stereotipato «stile eurosong», ovvero dall’alto contenuto di BPM (leggi ritmitissime), le cui sonorità si rifanno alla disco degli anni Ottanta e Novanta e accompagnate da coreografie spesso al... limite come quella della maltese Miriana Conte (Serving), della danese Sissal (Hallucination) e, soprattutto, della finlandese Erika Vikman, la cui Ich Komme ha un tasso di «trash» talmente elevato da trasformarla in ... avanguardia pura.

All’interno della serata non sono tuttavia mancate – seppur con alterna fortuna – né proposte stilisticamente più «alternative» (il rock in stile U2 dei lituani Katarsis, le sonorità blues oriented del ceco Adonxs e la sbarazzina Poupée della lussemburghese Laura Thorn) né coinvolgenti «ballad», come la favoritissima Wasted Love del controtenore austriaco JJ, più per le doti vocali del suo interprete (questa sera, tuttavia, non proprio impeccabili) che per l’eccessiva qualità della canzone, le intense New Day Will Rise dell’israeliana Yuval Raphae, Asteromata della greca Klavdia presentatasi con un look che richiamava (volutamente? involontariamente?) la grande Nana Mouskouri e Freedom della purtroppo eliminata georgiana Mariam Shengelia.

Tra le «Big Five» già qualificate per la finale, ci è piaciuta la struggente Maman con cui la francese Louane dialoga idealmente con la madre scomparsa mentre sconcertanti ci sono parse le proposte di Gran Bretagna e Germania: What The Hell Just Happened? del trio femminile inglese Remember Monday è una sorta di medley costruito rieleborando e cucendo assieme canzoni già sentite (ne abbiamo individuate almeno sette nei tre minuti del brano) mentre Baller dei teutonici Abor & Tynna è caratterizzata da un ossessivo «la-la-la-la-la» in grado di procurare l’orticaria ma che rimane drammaticamente in testa e che potrebbe anche rivelarsi l’ingrediente segreto per il successo. 

In questo articolo:
Correlati