Serie

La musica di Stranger Things 4 (e non solo)

La quarta stagione è un successo planetario e sta rivitalizzando una Netflix uscita malconcia dalla pandemia e attaccata dalla concorrenza
Stefano Olivari
10.06.2022 16:30

La quarta stagione di Stranger Things è un successo planetario e sta rivitalizzando una Netflix che la fine dell’era COVID e la concorrenza di tante altre piattaforme stanno mettendo in relativa difficoltà. I segreti di questo successo non sono poi tanto segreti: nostalgia anni Ottanta per i quaranta-cinquantenni, identificazione per i giovanissimi visto che i protagonisti sono spesso nerd bullizzati, citazioni a raffica per tutti e anche errori che creano discussione, come quello sulla porta per il mouse dell’Amiga 1000. Ma a dominare, più che nelle prime tre stagioni, è la musica, capace di unire le generazioni in una retromania, per citare il fortunato libro di Simon Reynolds, che rende attuali personaggi del passato e fornisce spunti di conversazione fra persone di età molto diverse.

Non solo Kate Bush

Macroscopico il caso di Running Up The Hill, la canzone di Kate Bush che proprio grazie a Stranger Things ha scalato le classifiche in tutto il mondo, dopo essere stata fra le primissime nel 1985. Canzone fra l’altro importante in diverse scene, ascoltata da Max con il suo walkman e decisiva nella lotta della stessa ragazza con Vecna, per tenerla in questo (cioè il nostro) mondo invece di essere risucchiata dai mostri del Sottosopra. Fra l’altro la cantante inglese, vero mito senza tempo (nel 1979, a 21 anni, all’apice del successo, decise di non fare più concerti e avrebbe tenuto fede al proposito fino al 2014), era una fan di Stranger Things da ben prima che venisse contattata perché concedesse il diritto di utilizzarla nella serie. Per il marketing non guastano le accuse di riferimenti demoniaci nel testo, peraltro sempre smentiti dall’artista di Wuthering Heights, che voleva soltanto dire che uomini e donne dovrebbero ogni tanto scambiarsi le parti, stringendo una sorta di patto con Dio, per potersi davvero capire.

NeverEnding Story

Prima della quarta stagione la canzone simbolo di Stranger Things era senza dubbio The NeverEnding Story, che Dustin e Suzie cantano in un momento di grandissima tensione in una delle scene più famose della serie, con tanto di successo fuori tempo massimo per Limahl. Qualcosa di simile era accaduto ai Clash, grazie alla Should I Stay or Should I go della prima stagione. Ma tutte le canzoni della quarta hanno una loro importanza, forse anche perché sono di meno, in totale 62. Di sicuro i gemelli Duffer oltre al tasto dell’horror, con citazioni a piene mani di Nightmare (a partire dalla presenza di Robert Englund) hanno toccato quello della musica, consapevoli del fatto che già negli Ottanta che l’immaginario collettivo occidentale era qualcosa di molto caratterizzato, almeno a livello pop.

La colonna sonora

Uno dei nuovi personaggi, il metallaro Eddie (in teoria un liceale, in pratica interpretato da un ventinovenne: ma anche altri personaggi non scherzano…), entra in scena sulle note di Fever, dei Cramps, il gruppetto di adolescenti della squadra di basket che gli dà la caccia è invece accompagnato dai Talking Heads, con Psycho Killer. Dream a Little Dream of Me di Ella Fitzgerald viene usata per sottolineare la provvisorietà della felicità familiare, ma ogni canzone è un colpo al cuore, da Tarzan Boy di Baltimora a You Spin Me Round dei Dead or Alive fino a Rock Me Amadeus di Falco, tutte nell’episodio 2, e California Dreamin’ dei Beach Boys (episodio 1). Astuto l’accostamento di generi diversissimi, dal rock all’italodisco, come a voler trovare uno spirito unificante: bastano poche note e una personalissima serie parte nel cervello di tutti. Poi c’è anche una colonna sonora originale, scritta da Kyle Dixon e Michael Stein, con abuso di sintetizzatori ed evidenti citazioni, per non dire altro, di Giorgio Moroder e dei Tangerine Dream.

© Netflix
© Netflix

Cinema

Musica a parte, Stranger Things 4 è uno dei rarissimi casi in cui le citazioni cinematografiche e letterarie sparate a raffica non rappresentano una mancanza di idee, ma proprio l’opposto, da tanti che sono gli stimoli rielaborati e addirittura nascosti, senza contare la miriade di easter egg che porta il nerdismo a livelli insostenibili. Evidenti gli omaggi ad Alien 3, Carrie (ma lo spirito di Stephen King aleggia ovunque, più dello Spielberg dal quale si era partiti), Il dottor Zivago, Il silenzio degli innocenti, ovviamente Dungeons & Dragons (di fatto la trama della quarta stagione è una storia di Dungeons & Dragons, al di là del riferimento a Vecna). I Goonies degli inizi sembrano lontani, ma qualcosa di loro è arrivato fino all’adolescenza.

La videoteca

Ma la citazione che comprende tutte le altre è quella della videoteca che noleggia film in VHS, dove lavorano (nei ritagli di tempo fra un mostro e l’altro) Steve e Robin. Un tipo di negozio arrivato, sia pure grazie a dvd e videogiochi, quasi ai giorni nostri: l’ultima videoteca in Ticino, la Videodiva di Giubiasco, ha chiuso proprio quest’anno. Il fascino di quel mondo già moderno, abbastanza simile a quello di oggi ma ancora analogico e con le informazioni che andavano conquistate, rimane intatto. Non a caso ha oltrepassato i confini della nostalgia, conquistando i giovanissimi di tutto il mondo che non si ricordano quali canzoni hanno ascoltato ieri o che comunque non le inseriscono in una gerarchia di importanza.

© Netflix
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