Calcio

«C'erano tante aspettative, non le abbiamo tradite»

Il commissario tecnico Murat Yakin commenta con orgoglio la qualificazione della Svizzera al Mondiale 2026 - Dopo l'1-1 in Kosovo, sinonimo di sesta Coppa del Mondo consecutiva, prevalgono gioia e consapevolezza - Michel Aebischer: «Perché ce la facciamo sempre? Perché siamo una grande nazionale»
©KEYSTONE/SALVATORE DI NOLFI
Massimo Solari
19.11.2025 00:02

La Svizzera si regala un altro Mondiale. Il sesto consecutivo. Oddio, stiamo iniziando a perdere il conto, mentre altri dovranno passare dal purgatorio, dai playoff in programma il prossimo marzo. Fra le sedici squadre ancora in bilico c’è anche il Kosovo, che a Pristina - come previsto - non ha cercato di dare vita ad alcun miracolo. Sotto il diluvio, tra i padroni di casa e i rossocrociati è finita 1-1. Insomma, la selezione di Murat Yakin ha chiuso la campagna di qualificazione al torneo americano della prossima estate da imbattuta. No, nessuna macchia, solo tanta convinzione e orgoglio.

Missione compiuta

Poco importa, quindi, se l’ultimo turno del girone B non ha offerto un altro successo agli uomini di Murat Yakin. «Ma abbiamo provato a vincere anche a questo giro» assicura il commissario tecnico ai microfoni della RSI. Vargas ha illuso a inizio ripresa, ma a fare la differenza in positivo con i cambi è stato Franco Foda. L’allenatore dei «Dardani» ha trovato in Zhegrova la miccia per accendere i suoi e spingerli a trovare il pareggio grazie a Muslija. Rieder, gettato nella mischia a gara in corso, ha invece tradito gli elvetici. Nessun dramma. «Perché la missione è stata compiuta e non era evidente» sottolinea Breel Embolo.

«Una grande nazionale»

A fare eco al centravanti elvetico è Michel Aebischer. Che nella sua analisi si spinge anche oltre. Gonfiando il petto: «Non è mai normale accedere a un Mondiale. Ma se ce la facciamo sempre è perché abbiamo tanta qualità e un gruppo affiatato. Sì, siamo forti. Siamo una grande nazionale». E allora è doveroso festeggiare il percorso quasi perfetto di questa formazione. «Un po’ di birra e un po’ di vino ce li siamo meritati. Abbiamo fatto una grande cosa ed è giusto godersela» aggiunge sempre Aebischer. Il sorriso di Manuel Akanji è più consapevole. «Siamo molto felici, a fronte di un cammino molto solido. Personalmente sono soddisfatto di aver diretto una difesa che ha subito solo due reti». E se ciò è stato possibile è anche per merito dell’esperienza di Ricardo Rodriguez. «Che bello, davvero, poter vivere la quarta Coppa del Mondo della mia carriera» ammette il terzino rossocrociato, che insieme a capitan Xhaka raggiunge quindi il traguardo già tagliato da Valon Behrami e Xherdan Shaqiri.

Dai fischi agli applausi

E chissà come avrebbero reagito i due ex nazionali, sangue kosovaro, di fronte ai fischi riservati a Granit Xhaka. Le considerazioni del leader della Svizzera in merito alle valutazioni di Avdullahu e Hajdari - passati al Kosovo - non sono piaciute al pubblico di Pristina. Che, appunto, ha riservato un trattamento per certi versi sorprendente al beniamino e numero 10 elvetico, perlomeno sino alla sua sostituzione, quando sono arrivati pure tanti applausi. A meritarseli, ad ogni modo, è l’intera nazionale svizzera, capace di domare con personalità e bellezza un girone che si presentava come un tranello. «È una gioia enorme» indica in merito il ct Yakin. «Le aspettative nei nostri confronti erano importanti. Beh, non le abbiamo tradite, fornendo una serie di prestazioni all’altezza, dominando ogni avversario. Il lavoro minuzioso svolto negli scorsi mesi e durante la preparazione alle partite ha pagato».  

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