Così Kevin Behrens può diventare un supereroe

La dinamica è stata simile. Da un colpo di testa tentato al naso fratturato. In mezzo, il corpo possente di un avversario o di un compagno. Kylian Mbappé, all’esordio di Euro 2024, era andato a sbattere violentemente contro la spalla del difensore austriaco Kevin Danso. Kevin Behrens, da parte sua, ha colpito il capo di Lukas Mai invece del pallone, nei concitati attimi finali di Lugano-Zurigo. Ahia. E ancora ahia. Identici, per l’appunto, sia il responso degli esami medici, sia il rimedio: nessun intervento chirurgico, ma una maschera protettiva.
Quella del capitano dei Bleus aveva fatto scorrere fiumi di inchiostro. Un po’ perché lo stesso Mbappé aveva sondato il parere dei propri follower su X - «Des idées de masques?» -, rendendo la vicenda tanto virale, quanto oggetto di marketing. Un po’ perché il giocatore avevo sopportato a fatica l’accessorio medico, vivendo un prosieguo di torneo tormentato. «Non pensavo che giocare con una maschera fosse così terribile» le parole del 10 transalpino. «È davvero complicato perché limita la visione, il sudore rimane bloccato all’interno e quindi bisogna levare la protezione per farlo defluire. I primi giorni mi sembrava di vivere in 3D. È fastidioso e anche per questa ragione ho proceduto a cambiare il supporto a più riprese».
Due varianti
Dopo tanti altri casi celebri, da Paul Gascoigne a Victor Osimhen, passando a Heung-min Son e Josko Gvardiol durante i Mondiali in Qatar, sino a LeBron James nel basket, ora tocca a Behrens mascherarsi. E l’auspicio del Lugano, beh, è che il centravanti tedesco finisca per trasformarsi in un supereroe. Per riuscirci l’équipe medica del club bianconero si è affidata all’ortopedia Bösch di Cassarate, azienda specializzata che - in media - realizza 3-4 maschere l’anno da destinare ad atleti di alto livello. E a spiegarci come prende forma questo oggetto per certi versi iconico, è il tecnico Sandro Bösch. «Tutti i nostri dispositivi su misura, realizzati internamente, sono in fibra di carbonio o stampati in 3D. Entrambe le soluzioni garantiscono alta precisione e ampia possibilità di personalizzazione. Per i dispositivi finalizzati alle attività sportive, tuttavia, la scelta ricade generalmente sulla laminazione in fibra di carbonio, che coniuga leggerezza, resistenza e stabilità dimensionale». Non solo. «Il principale vantaggio della fibra di carbonio - precisa il nostro interlocutore - è la rapidità di produzione: in molti casi riusciamo a consegnare un dispositivo finito entro una giornata lavorativa». Tempi, questi, senz’altro graditi a Mattia Croci-Torti, che spera di poter avere a disposizione Behrens per il match di domenica a Ginevra.
Un processo minuzioso
L’ex attaccante del Wolfsburg, al proposito, potrebbe riprendere ad allenarsi in gruppo proprio oggi. E ciò, dicevamo, grazie alla visita e al trattamento nel laboratorio sito in riva al Ceresio. Sandro Bösch, in tal senso, snocciola il processo di lavorazione e creazione delle maschere in fibra di carbonio, partendo da un primo modello negativo. «In questa fase iniziale si rileva l’anatomia direttamente sul paziente con bende gessate immerse in acqua tiepida e applicate sulla zona interessata. In circa 5 minuti il gesso indurisce e il calco può essere rimosso». Dal negativo si ricava quindi il modello positivo. Come? «Si chiudono eventuali aperture residue e si effettua la colata di gesso da modello. Dopo circa 30 minuti il gesso è completamente indurito e pronto alla lavorazione». Ed è qui che l’arte si fa sopraffina. «Quasi sempre - osserva il tecnico ortopedico - è indicato uno strato di protezione tra pelle e carbonio. Utilizziamo Multiform, una lastra termoformabile da 3 mm, sagomata sul modello per garantire comfort e distribuzione delle pressioni». Già, poiché vanno messi in conto potenziali nuovi impatti con pallone e corpi altrui. A maggior ragione se ci si chiama Behrens e spizzate, sponde e sportellate costituiscono la specialità della casa. Ma come può uno spessore di appena 3 millimetri, «equivalenti a circa 5 strati di fibra di carbonio», fungere da scudo per un naso fratturato? «Gli strati - indica Bösch - vengono orientati in modo incrociato tra loro per garantire una rigidezza uniforme e una buona capacità di assorbire/redistribuire gli urti. Nelle aree dove è utile maggiore flessibilità, per contro, riduciamo il numero di strati e possiamo mantenere le fibre più unidirezionali, così da accompagnare meglio il movimento senza compromettere la protezione nelle zone critiche».
Gestire aria, sudore e comfort
Insomma, l’impresa sta nel coniugare resistenza e flessibilità. Come pure una certa comodità. «Il carbonio - prosegue Bösch - ha una superficie stabile e confortevole a contatto con la pelle. Quando necessario, integriamo pad in silicone (o rivestimenti interni specifici) che fungono da cuscinetto anti-scivolo e migliorano l’aderenza in presenza di sudorazione. A seconda del caso, possiamo aggiungere rivestimenti removibili e facilmente igienizzabili, oltre a sagomature che favoriscono ventilazione e comfort durante lo sforzo, mentre tramite rinforzi selettivi è possibile proteggere i margini della ferita».
Strati impregnati di resina
Una volta preparato il modello con le relative imbottiture, segue la cosiddetta «laminazione sottovuoto». Ancora Bösch: «Gli strati di tessuto in carbonio vengono impregnati con resina e consolidati in sotto vuoto mediante pompa del vuoto». Dopodiché, durante l’indurimento, vengono realizzati i cinturini di fissaggio, così da garantire stabilità anche durante il movimento. «Il taglio, la lisciatura e la rifinitura, a fine processo, variano a seconda del dispositivo» sottolinea l’esperto. «Al termine abbiamo il guscio in carbonio, i cinturini e l’imbottitura pronti per l’assemblaggio finale». Non si tratta però dell’ultimo intervento. «Un ulteriore punto di forza della laminazione in carbonio è la citata termoformabilità: nella fase di prova, se si rileva un punto di pressione, è possibile scaldare localmente il composito e adattarne leggermente la forma, ottenendo una calzata ottimale senza rifare l’intero dispositivo» conclude Sandro Bösch. Okay, ma che aspetto avrà la maschera di Kevin Behrens? I dettagli non possono esserci forniti. Il regolamento dell’UEFA in materia, ad ogni modo, è chiaro: «L’equipaggiamento medico indossato sul terreno di gioco deve essere a tinta unita e non può presentare segni distintivi della squadra e del produttore». Tradotto: il nuovo supereroe del Lugano non porterà una maschera bianconera.


