Mondiale 2026, stiamo arrivando e ne siamo pienamente consapevoli

Anche Murat Yakin, come molti altri allenatori, è affezionato a un paio di espressioni. Per dire: durante Euro 2024, mentre il percorso elvetico si faceva vieppiù convincente, il commissario tecnico non perdeva l’occasione di sottolineare l’art und weise della sua squadra. La «maniera», insomma, grazie alla quale era stato possibile fornire una determinata prestazione e, di riflesso, ottenere dei risultati importanti. A margine del 4-1 rifilato alla Svezia che - salvo inimmaginabili scenari apocalittici - ci ha catapultato al Mondiale 2026, il selezionatore rossocrociato si è invece aggrappato a un altro termine. Ancora e ancora. Souverän. Così, nella pancia dello Stade de Genève, Yakin ha voluto descrivere atteggiamento e proposta di gioco. Una partita, tradotto, «superiore» all’avversario, che per un tempo è parso potersi accontentare del rigore tattico e del controllo dell’asse centrale per farla franca. Macché. Xhaka e compagni sono emersi prepotentemente alla distanza, cavalcando episodi e momenti clou del match. Sono così arrivati il quarto successo e il tredicesimo punto di queste qualificazioni. Ecco perché di Souverän, osservando l’ultima partita e, più in generale, il cammino, è appropriato serbare pure la sfumatura «regale».
In totale controllo
«Abbiamo affrontato il girone da favoriti e lo abbiamo dimostrato sul campo» ha confermato in questo senso il ct. Di qui la consapevolezza che ha accompagnato la delegazione elvetica verso Pristina, dove martedì s’intende vivere un epilogo ordinario. O, per dirla a rovescio con capitan Xhaka, «una sfida con la quale evitare di scrivere la storia». Per farsi sorprendere dal Kosovo, per altro già inebriato dal sensazionale accesso agli spareggi, occorrerebbe d’altronde annegare nella vergogna, sommersi da sei reti di scarto. «Nel calcio può succedere di tutto, e i giocatori che fronteggeremo lotteranno, ci provocheranno e cercheranno di infastidirci» ha riconosciuto Yakin. Per poi tuttavia aggiungere. «Beh, non lo permetteremo; disponiamo della necessaria intelligenza, bravura ed esperienza per gestire la situazione. Anzi. L’idea di una sconfitta non ci frulla nemmeno per la testa. Questa squadra vuole solo vincere, ed è il pensiero - coltivato sin qui - che porteremo sul rettangolo verde anche contro il Kosovo».
«Qualità e intensità»
Non è sempre andata in questo modo. O meglio: le tre tornate di qualificazione dell’era Yakin hanno vissuto dinamiche molto differenti tra loro. Si è infatti passati dal piacere della scoperta e dell’inatteso, che con poco da perdere si tramutò nell’euforico accesso a Qatar 2022, per poi ingrigirsi e quasi autosabotarsi nell’avvicinamento all’ultimo Europeo. «Ma sento di poter dire che la mia Nazionale ha sempre cercato uno sviluppo, costruendo e costruendosi attorno alle sue figure chiave» ha sottolineato in merito Yakin. «Anche lo scorso autunno, in Nations League, siamo andati incontro a una crisi di risultati, vero, e però - a mio avviso - non sul piano del gioco».
La convinzione dell’allenatore, da alcuni mesi, è anche quella del direttore delle squadre nazionali Pierluigi Tami. «La qualità e l’intensità del nostro gioco, alla lunga, è in grado di mettere in difficoltà ogni avversario» ci ha confermato il dirigente ticinese. «Sì, da giugno ho registrato un click da parte della Svizzera. Non solo. La compattezza della squadra non cede nemmeno nelle difficoltà, permettendoci di mantenere sempre un certo controllo. Oggi la selezione maggiore è l’espressione massima di un’idea, quella di voler giocare a calcio con personalità, che inculchiamo pure a livello giovanile e che - orgogliosamente - ho appena toccato con mano ai Mondiali U17 a Doha».
Dalle lamentele agli applausi
Se il messaggio continua a passare, ad ogni modo, è perché al vertice c’è un commissario tecnico che tiene il passo dei leader a sua disposizione. Un commissario tecnico allo stesso tempo ricettivo e persuasivo, il cui contratto è prossimo all’automatico rinnovo sino all’estate 2028. «Ravviso una crescita anche del coach e dello staff» ha riconosciuto Tami: «La qualificazione a Euro 2024 non aveva esattamente preso forma secondo l’idea di calcio alla quale alludevo poc’anzi. E me ne ero persino lamentato pubblicamente. Come il sottoscritto, però, anche Murat aveva ravvisato l’esistenza di alcuni cantieri ai quali mettere mano. E, con il giusto impegno, è stato bravo e coerente nel permettere ai suoi uomini di fare ulteriori passi avanti».
Va da sé, ora si tratta di fare bene anche il più semplice. «In un girone spalmato su sole sei gare, ogni risultato assume un peso notevole» ha indicato Tami. «Per dire: anche il pareggio ottenuto in Slovenia dopo una buona partita andava analizzato sotto la giusta luce. E non, come ci si è forse affrettati a dire, con un pizzico di scetticismo. La matematica, ad ogni modo, conta. Perciò in Kosovo dovremo certificare anche nei fatti una qualificazione per la quale nutriamo già grande consapevolezza. A maggior ragione alla luce della vittoria maturata ai danni della Svezia, in un match che nascondeva diverse insidie».


