Senza idee e mordente: cara Svizzera, che ti succede?
Era dal marzo del 2008 che la Svizzera non rimediava una sconfitta così pesante. In panchina quale riserva, all’epoca del 4-0 rimediato dalla Germania, figurava pure Hakan Yakin. Il fratello Murat, lunedì sera, deve aver provato la medesima frustrazione. Impotente, di fronte alla lezione impartita dal Portogallo alla sua Svizzera. Una sconfitta tremenda nella forma e nella sostanza. All’Estádio José Alvalade di Lisbona, Xhaka e compagni sono stati surclassati. E sul piano del ritmo, e a livello tattico. «Soprattutto difensivamente, non siamo stati all’altezza» ha commentato il ct rossocrociato. Già, la campagna di qualificazione ai Mondiali in Qatar sembra lontanissima. Della formazione quasi imperforabile dello scorso autunno - appena un gol incassato in sei uscite ufficiali - non si è trovata traccia nemmeno nella seconda gara di Nations League. È vero, mancavano sia Elvedi, sia Akanji. E proprio per questa ragione, forse, il turno di pausa concesso a Sommer, non si è rivelato particolarmente felice. La scarsa lucidità della retroguardia elvetica - Frei e soprattutto Schär sono stati disatrosi - ha in tal senso fatto il paio con quella di Yakin a bordo campo.
Travolti dagli eventi
L’allenatore della Nazionale, per dire, non è stato in grado di dare un contegno ai suoi uomini. Quando, cioè, era chiaro a tutti cosa non andasse fatto per esaltare le grandi qualità di Cristiano Ronaldo. Sì, i rossocrociati sono stati travolti dagli eventi, palesando un’evidente scollatura tra i reparti e - come suggerito - l’inadeguatezza di alcuni elementi in campo. «Avevo un brutto presentimento prima del raduno» ha osservato al proposito il direttore delle squadre nazionali Pierluigi Tami. «Il gruppo è in difficoltà. Non bisogna nasconderlo. Alcuni giocatori non si sono presentati all’appuntamento con la Nations League in buone condizioni. La salute della Nazionale, però, passa da una presa di coscienza che non può che essere collettiva. Ognuno deve fare un passo in più, provando a elevare il proprio livello. Contro il Portogallo, al contrario, l’organizzazione e la concentrazione sono state deficitarie». Testa e gambe, detto altrimenti, non hanno fornito i necessari impulsi.


4-2-3-1, la foglia di fico
E pensare che il ritorno del modulo prediletto avrebbe dovuto favorire la reazione elvetica. La grigia prestazione con la Repubblica Ceca, d’altronde, sembrava già essere quella di troppo. A conti fatti, il 4-2-3-1 gradito da capitan Xhaka e dal fantasista Shaqiri ha però costituito un’inconsistente foglia di fico. Mascherare le lacune sul piano delle idee, o quantomeno nell’applicazione delle stesse, è risultato impossibile. «Ma non ha senso parlare di singoli o dell’atteggiamento dei senatori, è la prestazione collettiva che è mancata» si è affrettato a dichiarare Murat Yakin. Cercando al contempo di allontanare il concetto di «crisi». Eppure, il 2022 della Svizzera non suggerisce altri termini. Quattro partite, nessuna vittoria e tre sconfitte. Il tutto, e già, con il ritorno nel cuore del campo di Granit Xhaka quale minimo comun denominatore. Il diretto interessato, sul tema, si è detto infastidito. «Murat , che è il capo, mi ha semplicemente chiesto dove preferisco giocare. E la mia risposta è stata “in una mediana a due”. Se poi devo giostrare più avanti, allora non mi resta che svolgere il mio lavoro. Tutto qui». Come indicato, però, né a Praga con un altro modulo, né spalleggiato da Sow contro il Portogallo, la resa è stata decente. Anzi.
Difesa in emergenza a Ginevra
Ai Mondiali, intanto, mancano 170 giorni. E sulla strada che porta in Qatar, gli imminenti impegni di Ginevra non sembrano essere carichi di speranza. Vi diamo un indizio. Giovedì, contro la Spagna e in una sfida che potrebbe già segnare il percorso rossocrociato nel girone, il ct rischia di dover rinunciare a Elvedi, Akanji e pure a Schär (squalificato). Per la difesa, tradotto, non restano che Frei e Cömert. Al tramonto di una stagione logorante, scattata dodici mesi fa con Euro 2020, è inoltre oggettivamente difficile attendersi un netto cambio di marcia. Le recenti battute d’arresto di diverse selezioni di primo piano - dall’Italia alla Francia, passando dal Belgio e l’Inghilterra - suggeriscono la particolarità del momento. La stessa Spagna non sta brillando. Ma anche se motivazioni e freschezza fisica sono alleate che giocano a nascondino, allo Stade de Genève l’assenza di dignità e convinzione non sarà ammessa.