Steffen a cuore aperto: «La Nazionale mi ha tormentato, ora voglio ritrovare la gioia»

Renato Steffen è tornato. E non solo al gol in Super League, dopo oltre un anno di digiuno. Il leader del Lugano è tornato anche ad aprirsi, come forse non aveva mai fatto da quando veste la maglia bianconera. Il suo 2025 - ha ammesso a margine dello splendido successo ottenuto contro l’YB - è stato tormentato. A pesare, però, non sono state solo le prestazioni insufficienti e gli infortuni. No, l’esperto 34.enne si è smarrito in attesa di un verdetto mai pronunciato. Quello sul suo impiego in Nazionale.
«Renatone» ha volutamente posto il tema sotto i riflettori. Con estrema sincerità e in ciascuna delle numerose interviste rilasciate al tramonto del girone d’andata. Certo, eravamo tutti pronti a indagare le cause di un’annata sportivamente da dimenticare, sul piano personale. Ma che il cuore dell’analisi condotta da Steffen finisse per pulsare proprio lì, sulla questione rossocrociata, è stato inatteso. Il vicecapitano del Lugano, invece, avvertiva l’esigenza di spiegarsi. Di sfogarsi, anche. «La maggior parte delle persone mi conoscono in qualità di calciatore. Per ciò che accade in campo. E sanno quanto sono esigente con me stesso e con la squadra. Si tende per contro a dimenticare che sono anche e solo un essere umano. Con le sue preoccupazioni. E il 2025, in questo senso, mi ha fornito molteplici turbamenti. C’era il mio ruolo a Lugano, di cui si discute sempre molto, ma anche la nazionale svizzera».
«Ci tenevo, ci tengo ancora»
Steffen, non è un mistero, ha sempre tenuto molto ai colori rossocrociati. E, se possibile, la nomina di Murat Yakin a commissario tecnico ha rinsaldato ulteriormente questo legame. Dopo una fugace apparizione in Nations League, nel settembre del 2024, il selezionatore elvetico non ha però più puntato sul giocatore bianconero. «E forse per troppo tempo sono rimasto in attesa di un’esclusione definitiva, che però - formalmente - non è mai giunta. Tutti sanno il significato che la Nazionale ha avuto, e magari ha ancora, per il sottoscritto. E accettare questa situazione non è stato per nulla semplice. Ora sono tranquillo e non mi aspetto nemmeno che Muri mi chiami per comunicarmi “ehi Reny, è finita”. Ma, ripeto, negli scorsi mesi ho dovuto lottare parecchio per metabolizzarlo. Si è reso necessario un profondo e onesto lavoro su me stesso. Un lavoro lungo. La Svizzera, d’altronde, ha sempre costituito un punto di riferimento per le mie prestazioni in bianconero. È stata una fonte di motivazione. E quando questa è venuta meno, è come se avessi perso una bussola. Non sono però il tipo che riconosce apertamente problemi del genere. È stupido dirlo, ma lo ritenevo un segno di debolezza. Occorreva qualcuno che mi aiutasse. Qualcuno che tuttavia non c’era, perlomeno secondo i miei bisogni. Di qui le citate difficoltà». Già. Oltretutto, Steffen e il Lugano erano nel frattempo chiamati a fornire delle risposte che spesso non sono arrivate. «Ma poi ci sono stati i problemi fisici e anche con la testa, probabilmente, non ero sul pezzo. Sono stato inghiottito da una spirale negativa».
«Finalmente si chiude il 2025»
L’ex Wolfsburg, lo ricordiamo, si è infortunato seriamente al costato il 17 settembre, contro il Losanna. Ebbene, il Lugano ha ritrovato risultati e fiducia proprio a seguito di quel match. «Ecco perché rientrare dopo due mesi e mezzo non è stato facile» ha ammesso Steffen. «Ma in vista dell’ultimo match dell’anno ho spiegato all’allenatore che mi sentivo molto bene ed ero pronto per iniziare una partita. Sono un giocatore che trova le migliori sensazioni quando è titolare, faticando - al contrario - da subentrante. E credo che con lo Young Boys si sia visto. Ho subito avvertito la giusta energia e aver ritrovato la rete, evidentemente, può solo giovarmi. Interpreto questo gol e questa prestazione come la chiusura di un cerchio. Il modo migliore per lasciarmi finalmente alle spalle un 2025 negativo e abbracciare con slancio il 2026. Eccola la cosa positiva del mondo del pallone. Esiste sempre una chance per rialzarsi e provare a progredire. Da gennaio continuerò a prendermi cura di me stesso, curando ancor di più la comunicazione con gli interlocutori più adatti. E ciò al fine di ritrovare pienamente la gioia e per contribuire al bene del Lugano al 100% delle mie potenzialità».
Le occasioni da cogliere
La formazione di Mattia Croci-Torti, va da sé, potrà solo beneficiare di un «nuovo» Renato Steffen. A maggior ragione dopo un’andata non sempre convincente sul piano offensivo. La base dalla quale ripartire, ad ogni modo, appare oltremodo solida: il 3. posto in classifica è lì a certificarlo. «Aver chiuso la prima parte della stagione nella top 6 è sicuramente positivo» ha confermato in merito Steffen. Per poi precisare: «Ma dobbiamo stare attenti. Il passato non è orfano di errori. E mi riferisco alla tentazione di lasciarsi attrarre dalla vetta della graduatoria, perdendo di vista l’essenziale. L’unica cosa che possiamo influenzare, infatti, è la singola prestazione. E quanto dimostrato contro lo Young Boys ne è l’esempio lampante. Poi, certo, a nutrire sia noi, sia la società, sono le ambizioni. Non si discute. Così come il calcio è fatto di sogni condivisi con i tifosi».
Come suggerito dal Crus e dal Chief Sports Officer Sebastian Pelzer, i piedi dovranno in ogni caso restare ben piantati a terra. «Di certo non ci metteremo a sostenere che il Lugano è il candidato numero uno per la conquista del titolo» ha avvisato pure Steffen. «Non è assolutamente così. Il pessimo inizio di stagione non può essere derubricato. E, allo stesso tempo, i gironi di ritorno del 2023 e 2024 raccontano di una squadra che - troppe volte - ha fallito nel gestire la pressione e i momenti in cui i punti pesavano per davvero. Ripeto: non siamo destinati a diventare campioni. Altri club, che scorgiamo alle nostre spalle, lo sono. Il compito del Lugano, semmai, dev’essere quello di farsi trovare pronto - come gruppo unito - qualora si presentasse la grande occasione. Ed è su questo che lavoreremo già dal ritiro in Spagna. L’atteggiamento mostrato nelle ultime settimane, di sicuro, mi rende ottimista».
«Nuovi arrivi? Benvenuti»
I bianconeri sono tornati credibili. E, grazie alla panacea dei risultati, pure affiatati. Intervenire uno spogliatoio ritrovato, inserendo nuovi giocatori e favorendo dinamiche diverse, non rischia dunque di trasformarsi in un autogol? Steffen non si è detto preoccupato. «Beh, se si tratta di elementi di qualità, con la corretta predisposizione e un DNA assimilabile a quello del gruppo attuale, anche dei nuovi innesti potranno permettere al Lugano di progredire. Non credo possano scuotere la struttura del Lugano nelle sue fondamenta e perciò sono i benvenuti. Con Sebastian la pensiamo allo stesso modo e le analisi della dirigenza saranno senz’altro ponderate. Nell’ultimo periodo si è creato un flusso positivo che eventuali neoacquisti saranno chiamati a cavalcare, beninteso in chiave collettiva».



