Calcio

Tudor e l'ennesimo fallimento bianconero

Incapace di vincere nelle ultime otto partite e di trovare il gol da quattro uscite a questa parte, la Juventus scarica l’allenatore croato - Per un club alla confusa ricerca dei fasti del passato si tratta di un'altra ammissione di colpa - Spalletti, Palladino o Mancini per rimescolare di nuovo le carte
©EPA/SERGIO PEREZ
Massimo Solari
27.10.2025 17:44

Nemmeno il parere di Alex Del Piero, una delle poche figure ancora autorevoli agli occhi dei tifosi, è infine stato ascoltato. «Penso che oggi la Juve non abbia un problema di allenatore, ma qualcosa di più complesso: riguarda come è strutturata la squadra, come si è amalgamata, come sta rendendo». Parole pronunciate a margine dell’ottava partita consecutiva senza successo. Ebbene, la notte che ha seguito l’1-0 subito all’Olimpico, contro la Lazio, si è portato via sia il pensiero - per altro condivisibile - dell’ex numero 10, sia il posto di Igor Tudor sulla panchina bianconera. Esonerato, già, sette mesi dopo aver assunto ad interim le redini del club, quattro e mezzo dopo essere stato confermato dalla dirigenza in vista del Mondiale per club prima e - soprattutto - della stagione 2025-26 poi. Ironia della sorte, a dare la spallata definitiva al 47.enne croato è stato Maurizio Sarri, ultimo tecnico in grado di regalare lo scudetto alla Vecchia Signora.

Di algoritmi e infelici paragoni

L’analisi misurata, e finanche preoccupata di Del Piero, dicevamo, non ha inciso sul destino oramai segnato dell’ex compagno di squadra. E lo stesso si potrebbe affermare del calendario che attende Yildiz e compagni. Tudor si era aggrappato anche a questa variabile, se possibile rendendo ancor più fragile il personale incarico. A ridosso dell’ultima sfida diChampions League, al Bernabéu di Madrid, il mister bianconero aveva flirtato con il concetto - tanto caro agli anti-juventini - di complotto. «Penso a questa pazzia di calendario che non so chi l’abbia fatto, gli algoritmi o non gli algoritmi. Con i due punti che ci hanno preso a Verona, dove c’erano il rigore e l’espulsione, e se avessimo affrontato la Cremonese al posto del Milan, adesso saremmo primi in classifica e si direbbe grande Juventus e grande mister Tudor. È così. È così. È così. Sono al cento per cento convinto di questo». I vertici societari, quel giorno presenti in prima fila alla conferenza stampa, hanno assistito e ascoltato imperterriti. E però almeno uno di loro, Giorgio Chiellini, deve aver pensato alla figura che lo forgiò a Livorno: Walter Mazzarri. E non senza un pizzico di sconcerto, viste le successive caricature subite dall’allenatore toscano e dal personale repertorio di giustificazioni, tra mimiche dell’orologio, piogge improvvise e disturbi intestinali. Insomma, un paragone tutto fuorché benaugurante per Tudor, accostato pure all’arido 1990-91 targato «Gigi» Maifredi a fronte del quarto match orfano di reti all’attivo, che a conti fatti non avrà modo di rilanciarsi con Udinese, Cremonese, Torino, Fiorentina e Cagliara, o ancora Sporting e Bodo/Glimt.

«Un’anomalia storica»

A prendere le redini della Juve dovrebbe essere uno fra Luciano Spalletti, Roberto Mancini e Raffaele Palladino. Profili e idee diverse, persino opposte, rispetto al condottiero appena scaricato. E lo smarrimento che ne discende è inevitabile. A chi segue la compagine torinese, in effetti, continuano a mancare direzione e punti di riferimento. Occorrerebbero pazienza e margini temporali, che una società come la Juventus tuttavia non ritiene ammissibili. Il problema? Come osserva bene Angelo Carotenuto su Lo Slalom, la Vecchia Signora «è diventata un equivoco. È un mondo nuovo che continuiamo a chiamare con un nome antico». E ancora: «Negli ultimi cinque anni non è mai arrivata né prima né seconda, rischia di andare così per il sesto campionato di fila. (...) È un’anomalia storica non solo per la Juventus ma per l’intero calcio italiano». A essere destabilizzati, detto altrimenti, sono tanto i sostenitori bianconeri, quanto l’opinione pubblica. E quella imparziale, e quella schierata.

Cortocircuito prevedibile

Tudor, come suggerito, ha ben presto smarrito il filo del discorso, sul piano tattico e per l’appunto comunicativo. Anteponendo le prestazioni, effettive o presunte, ai risultati. La qualità scadente del materiale umano messo a disposizione del croato, però, non va sottaciuta. Così come la sua genesi, scollata dalla visione dello stesso Tudor, che in primavera era stato sponsorizzato da un direttore sportivo, Cristiano Giuntoli, nel frattempo accantonato. Il cortocircuito era prevedibile. «Il Como è una finta piccola, ha investito tanto e i giocatori li ha scelti tutti l’allenatore, una bella cosa» aveva in tal senso dichiarato Tudor alla vigilia dell’incontro poi perso malamente al Sinigaglia. Dicendo la verità e al contempo sparandosi sui piedi. A fargli eco, due settimane più tardi, è stato nientemeno che Alessandro Del Piero. Ma il parere autorevole dell’ex capitano e bandiera ha semplicemente accompagnato alla porta l’ennesimo allenatore - poco importa se sbagliato o incompreso - di una Juventus priva di identità e campioni.

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