Il dibattito

I Mondiali in Qatar e i maxischermi della discordia

Diverse città europee hanno deciso di oscurare il torneo per denunciare le violazioni perpetrate a Doha - In Ticino, al contrario, i principali centri saranno della partita

Oscurare i Mondiali di calcio. Quantomeno a livello pubblico. A muoversi in questa direzione, cavalcando un’onda nata in Francia, sono diverse città svizzere. Concedere una vetrina al torneo e soprattutto al Paese che lo ospiterà - il Qatar - non è ritenuta cosa buona e giusta. E così, a differenza di tante estati del recente passato (anche nel 2018 con l’edizione di Putin, già...), a venire osteggiati sono maxischermi e villaggi dedicati ai tifosi. «Non è una decisione contro lo sport, né contro il calcio. No, nel mirino c’è il contesto politico della Coppa del Mondo. Una manifestazione che si pone in contrasto con i diritti dell’uomo, avendo alimentato condizioni di lavoro deplorevoli». Le ragioni di Vevey sintetizzano quelle di altri comuni elvetici. Che, partecipando a questa forma di protesta, invocano altresì la fragile situazione sul fronte energetico o lo spettro pandemico. Questione di priorità.

«Sanzioni pubblicitarie»

Morale e razionalità, dunque. O forse, come sottolineano alcuni osservatori, si tratta di opportunismo politico e finanche ipocrisia? «Di certo siamo di fronte a una nuova forma di mobilitazione» rileva Carole Gomez, direttrice di ricerca all’Istituto francese di relazioni internazionali e strategiche (IRIS). «Sin qui avevamo assistito al boicottaggio sportivo, diplomatico o ancora economico. In questo caso è invece corretto parlare di boicottaggio delle municipalità e, di riflesso, popolare». Eppure sarebbe più appropriato riferire di un tentato osteggiamento. Sì, perché giocatori, allenatori e persino tifosi - sono stati venduti 2,9 milioni di biglietti sui 3,1 disponibili - al Mondiale in Qatar ci andranno senza tentennamenti. «In effetti - indica Gomez - si è consapevoli di non poter influire concretamente sullo svolgimento del torneo. Considerata l’ampia paletta di rivendicazioni - diritti dei lavoratori, ambiente, comunità LGBT -, è però possibile contribuire a quelle che abbiamo definito “sanzioni pubblicitarie”. Insomma, seppur in ritardo sulla tabella di marcia e senza la benché minima chance di bloccare il Mondiale, si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica, comunicando ancora e ancora la propria contrarietà di principio all’avvenimento in agenda. L’azione a discapito dell’indifferenza, per intenderci. Il fatto che una simile mossa permetta poi di risparmiare sui costi di organizzazione e sicurezza, beh, lo trovo un altro vantaggio non trascurabile per i Comuni interessati».

Tenderemo a simpatizzare per il boicottaggio della Coppa del Mondo quanto più avremo l’impressione che la società in generale si attende questo da noi
Juan Manuel Falomir, professore ordinario in psicologia sociale all’Università di Ginevra

Ecco, ma di che municipalità stiamo discutendo? E in che misura il rispettivo colore politico ha facilitato l’offensiva ai maxischermi? «Senza dubbio assistiamo a precise strategie politiche» conferma Carole Gomez. Per poi evidenziare «la contraddittorietà» che soggiace a molte di queste posizioni: «Soprattutto sul piano del tempismo e quindi dell’opportunismo. Evocare il boicottaggio di un evento permette d’altronde di polarizzare i pareri dei cittadini, mostrandosi al contempo proattivi».

La percezione degli altri

È tuttavia lecito chiedersi se fermezza e coerenza ammanteranno tutto il periodo del torneo. O se, alla prova dei fatti, quello sbandierato dalle autorità si rivelerà una sorta di bluff. «Questo è il grande quesito e aspetto da monitorare» afferma Gomez: «Banalmente, sarà interessante valutare il comportamento dei diversi Esecutivi anti-schermi giganti qualora la Francia o la Svizzera dovessero avanzare nel Mondiale. Essendo la prima edizione non estiva, sarà per contro complicato paragonare l’affluenza nei locali. Quest’ultimo, comunque, è un altro fattore da tenere d’occhio per misurare il coinvolgimento o l’avversità della popolazione una volta iniziata la competizione».

Forse una via di mezzo sarebbe preferibile. Piccoli villaggi o eventi dove e durante i quali sensibilizzare i presenti sulle ombre del torneo
Lisa Salza, responsabile sport e diritti umani Amnesty International Svizzera

Già, intraprendere un’azione collettiva non per forza comporterà il soffocamento della passione per il calcio e la sua massima espressione. Tradotto: sul divano di casa o al bancone le rimostranze per il Qatar potrebbero finire in fuorigioco. «Boicottare i villaggi dei tifosi, continuando però a guardare le partite a domicilio, favorisce l’espressione pubblica del disaccordo (verso i valori rappresentati dal Qatar e dalla FIFA per esempio) senza intaccare il piacere per il gioco» osserva in merito Juan Manuel Falomir, professore ordinario in psicologia sociale all’Università di Ginevra. «La motivazione alla base dell’atteggiamento critico - sia esso pubblico o privato -, è in ogni caso difficilmente dissociabile dalle conseguenze attese. Decisione e modalità del dissenso dipendono in larga misura dalla percezione della loro efficacia». Quanto, invece, un simile comportamento viene dettato dalla ricerca del consenso altrui? «La partecipazione a mobilitazioni collettive - sottolinea Falomir - può essere influenzata da processi legati all’interazione sociale e all’identità sociale derivanti dalla nostra appartenenza a un gruppo, a un Paese o a una cultura. Tenderemo quindi a simpatizzare per una protesta del genere qualora dovessimo percepire che la società in generale e gli altri che riteniamo pertinenti osteggeranno la Coppa del mondo. E, sì, se avremo l’impressione che si attendono questo da noi».

Tifosi ma anche consapevoli

Una recente indagine di Amnesty Svizzera, intanto, ha constatato che l’81% degli svizzeri è favorevole alla creazione - da parte della FIFA - di un fondo per risarcire i lavoratori vittime di abusi sui cantieri degli stadi. Il 70% vorrebbe inoltre che l’ASF assumesse un ruolo più critico sul dossier. «La prima percentuale sale addirittura all’86% fra chi sostiene di voler seguire almeno un match del torneo» precisa Lisa Salza, responsabile per la Svizzera del settore sport e diritti umani. «Salutiamo il dato con soddisfazione: dimostra che la passione per il pallone può sposarsi con uno sguardo critico verso lo spettacolo sportivo». L’intransigenza di diverse città d’Europa sembra tuttavia fare a pugni con lo spirito costruttivo di attori come Amnesty International, in prima linea nel combattere le macchie del Mondiale ma comunque aperto a negoziazione e dibattito. «Crediamo che la pressione sugli attori coinvolti, FIFA, Qatar e ASF in primis, debba avvenire combinando altri strumenti che hanno già avuto successo in passato» spiega Salza. «Per quanto concerne l’iniziativa sui maxischermi, forse una via di mezzo sarebbe preferibile. Piccoli villaggi o eventi dove e durante i quali sensibilizzare i presenti sulle ombre del torneo. È ciò a cui stiamo per esempio lavorando nelle città di Berna e Winterthur e che non per forza sarebbe possibile obbligando i tifosi a restare davanti alla tv di casa o nei bar».

E in Ticino? «L'offerta sarà mantenuta»

Se molte città svizzera rinunceranno, in Ticino i centri principali hanno invece deciso di garantire i maxischermi. A Chiasso, spiega il sindaco Bruno Arrigoni, «allestiremo un capannone nella piazza del Municipio: la gestione è affidata ai rioni di carnevale e la struttura permetterà di ospitare prima i tifosi che vorranno seguire le partite del Mondiale e poi il tradizionale Chalet di Natale». Anche a Lugano il maxischermo è confermato. «In questo caso - spiega il capodicastero eventi Roberto Badaracco - la Città non si fa promotrice dell’iniziativa, ma mette gratuitamente a disposizione uno spazio al Centro esposizioni di Lugano». E questo perché «il Mondiale rappresenta un importante momento di aggregazione per i cittadini». Tutti i costi connessi con l’operazione, però, «saranno a carico dei promotori, costi energetici compresi». L’annuncio pubblico scadeva lunedì e «si sono annunciati alcuni interessati», dice Badaracco: «Ora vaglieremo le varie proposte per capire se i loro progetti sono sostenibili». La decisione di spostarsi al Conza nasce dal fatto che «in centro città era impossibile organizzare un maxischermo per la concomitanza dei mercatini di Natale». Inoltre, «un capannone da riscaldare in pieno inverno avrebbe comportato costi d’energia esorbitanti, non in linea con le direttive che noi stessi abbiamo emanato». Nessun dubbio anche a Bellinzona: «Proporremo un maxischermo esterno in piazza del Sole nell’ambito del consueto villaggio dedicato alle festività natalizie», ha confermato qualche settimana fa Renato Bison, municipale a capo degli eventi della Città. Per i meno calorosi, invece, ci sarà la possibilità di assistere alle partite in diretta TV anche nelle tensostrutture del villaggio di Natale. E se a Locarno nulla è ancora certo, a Mendrisio il Municipio ha deciso proprio ieri sera. «Proietteremo le partite nella sala cinematografica del Plaza, quindi al chiuso e con una buvette», dice il capodicastero Paolo Danielli.

Ma le polemiche, anche nel nostro cantone, non mancano. A Bellinzona, MPS e Unità di Sinistra hanno chiesto di non usare le strutture per seguire le partite. E questo tanto per ragioni «etiche» quanto per questioni energetiche. Una richiesta simile è arrivata anche a Lugano. Un’interpellanza interpartitica chiede infatti al Municipio di non concedere spazi pubblici per la visione delle partite. Negli scorsi giorni, infine, l’MPS ha scritto una lettera ai Comuni, chiedendo loro di rinunciare alle iniziative: «I comuni ticinesi non possono restare indifferenti alle sistematiche violazioni dei diritti delle persone sfruttate dal Qatar per l’organizzazione dei mondiali di calcio». 

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