Calcio

Iacobucci e il Bellinzona: «Al Comunale ho cambiato vita»

Il portiere italiano dei granata si racconta: dal trasferimento in Ticino a un passato fatto di tanta Serie B, grandi campioni e allenatori noti - Domenica la delicata sfida con lo Sciaffusa
Il portiere dei granata. © CdT / Gabriele Putzu
Nicola Martinetti
21.10.2023 06:00

Fradicio e infreddolito, Alessandro Iacobucci ci viene incontro al termine dell’allenamento. Nativo di Pescara, il 32.enne abruzzese deve ancora prendere le misure del vero autunno ticinese. «Il freddo lo soffro proprio», ci dice sorridendo. È l’inizio di una piacevole chiacchierata.

Alessandro, lo sai che nel mondo del calcio ticinese, quando si pensa a Pescara, il primo pensiero va subito ad Angelo Renzetti?
«Immagino (ride, ndr). So chi è, però personalmente non lo conosco. È più noto dalle parti della mia compagna. So che per il Ticino ha dato tanto, in particolare a Lugano. E ancora oggi sta dando tanto».

A tua volta, in maniera diversa, hai ora la possibilità di lasciare il segno nella nostra realtà. Come mai, dopo aver trascorso l’intera carriera in Italia, hai deciso di trasferirti in Ticino?
«Volevo rimettermi in gioco, trovare qualche stimolo in più. In sintesi, volevo cambiare vita, sperimentando qualcosa di nuovo. Quando è arrivata la chiamata del Bellinzona, allora, non ci ho pensato su due volte. Sono qui per vivere una bella stagione, disputando un buon campionato».

Nel nostro cantone siamo abituati a seguire assiduamente la Serie A, mentre la B e la C, che tu hai bazzicato a lungo, non suscitano il medesimo interesse. Com’è fare il calciatore professionista in quelle leghe? È tosta?
«No, di duro non c’è niente. Fai qualcosa di cui sei innamorato, che ti trasmette passione. Non può essere tosta. Certo, quelli che hai citato sono campionati diversi rispetto alla Serie A. Più «pesanti», se mi passi il termine, e qualitativamente inferiori. Però quando in precedenza ti ho parlato di cambio di vita, mi riferivo più che altro al contesto. Dentro, ma soprattutto fuori dal campo. In Svizzera si sta bene, la vostra è una realtà tranquilla. Non c’è quel caos quotidiano che invece caratterizza le competizioni a cui ero abituato. Qui, lo ribadisco, ho trovato nuovi stimoli. E ora, ogni giorno, lavoro per fare sempre meglio».

Spulciando il tuo dossier saltano fuori diversi aneddoti curiosi. Uno dei 15 gol che hai incassato nelle tue 7 presenze in Serie A, ad esempio, porta la firma di un giovane Paulo Dybala. Mentre uno dei compagni con cui hai giocato più partite è l’attuale bomber dell’Empoli, Francesco «Ciccio» Caputo...
«Con “Ciccio” ho condiviso dei bei momenti sia a Siena, in gioventù, sia alla Virtus Entella qualche anno più tardi. È un grandissimo attaccante, che ha trovato il suo posto nella massima serie. Ma già all’epoca, quando giocavamo insieme, si vedeva che era un bomber di razza. In pochi hanno la sua cattiveria sotto porta».

Ma a te in allenamento segnava?
«Ovviamente no (ride, ndr)».

La realtà svizzera è tranquilla, non c’è quel caos quotidiano che caratterizza altre leghe in cui ho militato
Alessandro Iacobucci, portiere AC Bellinzona

Ad accomunarvi è pure il fatto di aver vestito la maglia della nazionale italiana. Lui quella maggiore, tu quella U20. In gioventù, insomma, sembravi destinato a una carriera ai massimi livelli. E nella stagione 2014/2015, hai pure disputato 7 incontri in Serie A nel Parma di Cassano e Amauri. Poi cos’è successo?
«Guarda, a questa domanda non so darti una risposta. Ho sempre cercato di dare il massimo, sia in azzurro sia nei club in cui ho militato, senza soffermarmi troppo a riflettere. Di quell’esperienza con la nazionale, comunque, mi tengo stretto l’onore e la fierezza che ho provato nell’indossare la maglia del mio Paese».

Il tuo percorso, dicevamo, alla fine ti ha portato al Comunale di Bellinzona. Ti aspettavi di affermarti così in fretta in maglia granata?
«Sapevo che all’ACB serviva un portiere, ma non è mai scontato approdare in una nuova squadra e trovare subito spazio. Ogni giorno scendo in campo con l’intento di dimostrare il mio valore, per guadagnarmi un posto da titolare. Il campionato è lungo, e la riga la si tira alla fine».

Il tuo arrivo ha relegato in panchina Alexander Muci, che a inizio stagione ha commesso alcuni errori importanti. Sei stato un giovane portiere anche tu, hai provato a metterti nei suoi panni?
«Certamente, ma tra noi si è subito instaurato un bellissimo rapporto. Durante il ritiro che abbiamo effettuato nell’ultima sosta internazionale, per dire, eravamo in camera assieme. In campo io do una mano a lui e lui dà una mano a me. Ci sosteniamo a vicenda».

Il ruolo di «chioccia» per un collega più giovane ti si addice? Lo apprezzi?
«Mi piace, sì. Ed è normale ricoprirlo una volta giunto alla mia età, dopo anni di carriera. Nelle ultime stagioni lo avevo già fatto con Alessandro Sorrentino, che ora gioca in Serie A con il Monza».

Tornando all’ACB, durante l’ultima pausa internazionale avete avuto modo di lavorare a fondo con il nuovo staff tecnico, guidato dallo spagnolo Mario Rosas. Come sta andando?
«Sta andando molto bene. Il mister è preparato e ci dà molte spiegazioni, molti consigli. La vittoria contro l’Aarau ha subito indirizzato le cose sui binari giusti, e la pausa ci ha permesso di continuare a lavorare sodo, spingendo in allenamento. Dobbiamo continuare su questa strada, dando il massimo ogni giorno».

A proposito di allenatori, l’elenco dei tecnici che hai avuto in carriera è impressionante. Da Antonio Conte ad Alessandro Nesta, passando per Pierpaolo Bisoli, Fabio Grosso, Marco Baroni, Roberto Donadoni e Giovanni Stroppa. Uno di questi ti ha lasciato qualcosa in particolare?
«Citarne uno sarebbe ingiusto, perché tutti loro mi hanno trasmesso e insegnato qualcosa. Se ho potuto vivere la carriera che ho fatto, è anche grazie a loro. Hanno sempre dimostrato grande serietà e ottime conoscenze».

Domenica ospitate lo Sciaffusa, un club che recentemente avete affrontato in più circostanze e con il quale siete in lotta per evitare l’ultima piazza. Come arrivate a questa sfida?
«Siamo determinati. Però a mio avviso non dobbiamo pensare a chi ci troveremo di fronte, bensì a noi stessi. Dobbiamo portare in campo la nostra forza, le nostre idee e la nostra cattiveria. Tutto il resto arriva in un secondo momento».

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