Pallacanestro

La notte di Banchero

L'italoamericano è stato la prima scelta assoluta del draft NBA 2022, chiamato dagli Orlando Magic — Come funziona il processo di selezione dei giovani giocatori?
Stefano Olivari
24.06.2022 16:32

Paolo Banchero è stato la prima scelta assoluta del draft NBA 2022, chiamato dagli Orlando Magic, in una serata, in Europa nottata, sempre di culto per tutti gli appassionati di pallacanestro ma spesso incomprensibile al resto del mondo. Che al massimo ricorda foto imbarazzate e vestiti imbarazzanti: anche quello di Dolce & Gabbana indossato dall’italoamericano rientra in questo filone. Il draft ha generato film, libri e migliaia di citazioni sparse in quella cultura pop che colonizza tutti, ma i suoi meccanismi sono poco conosciuti. Cosa è quindi successo, in pratica?

Meccanismi riequilibratori

Le leghe professionistiche statunitensi dei diversi sport, dal football NFL al basket NBA, dal baseball MLB all’hockey su ghiaccio NHL, ma il discorso potrebbe essere allargato anche al calcio MLS, si basano su logiche differenti ma hanno in comune un’idea di base: tutti i partecipanti alla competizione devono avere la realistica speranza di poterla vincere, nel giro di pochi anni. Inconcepibile per uno sportivo americano che l’Ajax nemmeno immagini di strappare la Champions League al Real Madrid o che il Lucerna non abbia come progetto a breve termine quello di raggiungere lo Zurigo. Da questa filosofia nascono diversi meccanismi riequilibratori, dal tetto agli ingaggi a tanti altri. Uno di quelli adottati dalla NBA è appunto il draft: le squadre peggiori della stagione appena chiusa hanno il diritto di scegliere i migliori giovani del momento. Non tutti, ma quelli over 22 e quelli fra i 19 e i 22 anni che si "dichiarino", manifestando la volontà di abbandonare l’università anche con tre anni di anticipo o, nel caso di non americani, i loro club di origine.

Parliamo di soldi

Di solito i più forti già a 19 anni provano ad entrare nella NBA ed è proprio il caso del non ancora ventenne Banchero che dopo una stagione a Duke è entrato nella lega dalla porta principale. Perché l’importo massimo dei contratti, almeno per i primi anni di carriera, è legato alla posizione in cui si è stati scelti. Banchero, per andare sul concreto, per una realistica durata di quattro anni guadagnerà quasi 50 milioni di dollari (quindi 12,5 a stagione), mentre l’ultimo chiamato del primo giro, cioè il trentesimo (le squadre NBA sono 30), Peyton Watson, prenderà in totale circa 11 milioni dai Denver Nuggets. Nessuno assicura che Banchero starà tutta la carriera ad Orlando, anzi la storia recente della NBA con i superteam (cioè squadre con tre o quattro stelle, che magari rinunciano a qualche milione pur di giocare in un contesto presunto vincente) dice altro, ma di sicuro per i prossimi anni non potrà giocare altrove a meno di non andare in Europa.

In Italia no

Abbiamo detto "andare" e non tornare perché Banchero è italiano soltanto formalmente, per via del nonno: non parla una parola di italiano, non è mai stato in Italia nemmeno da turista e non ha mai manifestato un particolare calore verso la Nazionale. Quella del Banchero italiano è stata più che altro un’idea della federazione italiana, per sopperire alla cronica mancanza di lunghi. L’anno scorso Banchero non partecipò al torneo preolimpico di Belgrado e poi nemmeno ai Giochi di Tokyo, con la scusa di doversi preparare per la stagione a Duke, quest’anno non sarà agli Europei perché dovrà organizzare il suo ingresso nella NBA: e lo avrebbero voluto sia Sacchetti l’anno scorso sia Pozzecco, nuovo allenatore degli azzurri, per gli Europei del prossimo settembre. Andrà a finire che se diventerà troppo forte giocherà le Olimpiadi di Parigi 2024 con la maglia degli Stati Uniti, lui nato e cresciuto a Seattle. Comunque Banchero, ala forte o centro di 2,08, rimarrà nella storia, come minimo, da numero 1 del draft NBA 2022, davanti a Chet Holmgren (Oklahoma City Thunder) e Jabari Smith (Houston Rockets). Con in totale 10 giocatori su 58 (2 chiamate sono saltate per squalifica) che hanno disputato l’ultima stagione fuori dagli Stati Uniti: fra questi il ventenne comasco Gabriele Procida, cresciuto a Cantù e poi passato alla Fortitudo Bologna, scelto alla 36 dai Blazers ma già passato ai Pistons.

Come Bargnani

Facile il paragone fra Banchero e Andrea Bargnani, l’unico altro italiano scelto al numero 1 assoluto nel draft NBA, nel 2006 (in quella tornata Thabo Sefolosha fu numero 13, chiamato dai Sixers, mentre Clint Capela sarebbe stato scelto alla 25 dai Rockets nel 2014), un Bargnani che poi ha avuto una carriera buona ma inferiore alle attese diventando anche oggetto di battute (anche nel recentissimo Hustle, su Netflix, di cui il Corriere del Ticino ha scritto nei giorni scorsi) e comunque la prova che anche celebrati addetti ai lavori possano fare errori come i tifosi del bar. In realtà nella storia del draft NBA ci sono stati numero 1 molto peggiori di Bargnani, che alla fine nella NBA ci ha giocato dieci stagioni, di cui sette nei Toronto Raptors che avevano puntato su di lui. Valutazioni comunque che vanno fatte non soltanto in relazione alle carriere, ma anche a chi si sarebbe potuto scegliere.

Al posto di Doctor J

La peggior prima scelta NBA di tutti i tempi, per distacco, è LaRue Martin, che nel 1972 fu dai Portland Trail Blazers preferito a Bob McAdoo e addirittura a Julius Erving, più noto come Doctor J, che sarebbe andato nella ABA (la lega rivale della NBA, durata fino alla fusione avvenuta nel 1976). Martin avrebbe combinato poco e si sarebbe ritirato a 26 anni… Una storia clamorosa anche con il senno dell’epoca, perché è chiaro che con il senno di poi si trovano errori in ogni draft. Nel 2013 i Cleveland Cavaliers chiamarono alla numero 1 Anthony Bennett, ma non furono soltanto loro a sbagliare, perché il futuro MVP e trascinatore dei Milwaukeee Bucks, Giannis Antetokounmpo, sarebbe stato scelto solo alla 15. Terzo gradino del podio, ma qui per sfortuna, il Greg Oden scelto alla numero 1 dai Blazers (ancora loro, nella storia anche per avere nel 1984 preferito come numero 2 Sam Bowie a Michael Jordan) al posto di Kevin Durant e poi martoriato dagli infortuni. Un giochino che potrebbe andare avanti all’infinito e che contribuisce al fascino del draft: la NBA dà a tutti la possibilità di migliorare il proprio futuro, poi se uno è incompetente è giusto che rimanga in fondo.

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