Quando il terrorismo prende di mira lo sport

Lo sport. Ancora una volta. Anche se, per fortuna, la partita di calcio fra Belgio e Svezia al Re Baldovino ha fatto solo da corollario ai tragici eventi di Bruxelles. Ovvero, l'attentatore dopo aver ucciso due tifosi della nazionale svedese si stava dirigendo allo stadio. Detto questo, non è la prima volta che il terrorismo irrompe nella sfera sportiva. Chi architetta un attentato, d'altronde, sa fin troppo bene che lo sport è una cassa di risonanza formidabile e, soprattutto, raduna nello stesso momento, in un determinato luogo, atleti e una moltitudine di tifosi. Non a caso, la lista di attentati legati allo sport è lunga, purtroppo. Molto lunga.
Monaco 1972
Tutto, in epoca moderna, è cominciato poco più di cinquant'anni fa. Alle Olimpiadi. Monaco 1972, proprio così. Ne abbiamo parlato, di striscio, qui. Ricordando una pellicola importante come Munich. La mattina del 5 settembre, nella seconda settimana dei Giochi, otto membri del gruppo terroristico palestinese Settembre Nero, spacciandosi per atleti, si sono introdotti nel villaggio olimpico. L'obiettivo? I membri della delegazione israeliana. C'è chi, fra gli atleti, è stato ucciso nelle stanze dopo una tremenda colluttazione. Altri, invece, sono stati fatti prigionieri.
Sono state, quelle, ore concitate. E terribili. Settembre Nero si è detto disposto a trattare. Della serie: libereremo gli ostaggi a patto che Israele liberi 234 detenuti palestinesi e che agli attentatori venga concesso un aereo per raggiungere il Cairo (con gli ostaggi). Dopo lunghe trattative, è stato infine organizzato un trasferimento in elicottero all'aeroporto della base militare di Fürstenfeldbruck, dove era stata predisposta una trappola. Le autorità, tuttavia, non sono riuscite a salvare gli ostaggi. In tutto, sono deceduti undici atleti israeliani, un poliziotto tedesco, un pilota di elicottero e cinque degli otto terroristi palestinesi.
La Germania è stata pesantemente criticata per come ha gestito la crisi. Il Comitato olimpico internazionale, dal canto suo, è stato a lungo criticato per il suo silenzio sulla vicenda. Le scuse ufficiali, per dire, sono arrivate soltanto nel 2022, durante una cerimonia di commemorazione a Tel Aviv. Cinquant'anni dopo.
Atlanta 1996
Di nuovo Olimpiadi. Ma anni e anni più tardi. La data? Il 27 luglio 1996. In estrema sintesi, quel giorno un attentato dinamitardo ha scatenato il panico al Centennial Park, il cuore nevralgico dei Giochi estivi di Atlanta, negli Stati Uniti. Si è trattato di un attentato di stampo cristiano, con due morti e 111 feriti. A compierlo, un estremista che si batteva da tempo contro l'aborto, Eric Rudolph. Arrestato solo nel maggio del 2003, dopo una lunga, lunghissima caccia all'uomo.
Le autorità americane, inizialmente, sotto pressione perché quello di Atlanta non era certo il primo attentato su suolo statunitense, avevano concentrato le indagini su Richard Jewell, la guardia giurata che aveva individuato la bomba. Senza altre piste, l'FBI a lungo ha cercato prove per incolparlo. Senza, ovviamente, trovarle. Inizialmente considerato un eroe, Jewell in seguito ha subito un pesantissimo linciaggio mediatico. Con il Paese per anni diviso al riguardo. Clint Eastwood, nel 2019, ha sfruttato la vicenda per farne un film: Richard Jewell.
La Coppa d'Africa 2010
Balzo in avanti. 8 gennaio 2010. Il giorno in cui la nazionale di calcio del Togo è stato attaccato da colpi di mitragliatrice nell'ambito della Coppa d'Africa. L'offensiva ha avuto luogo nell'exclave angolana di Cabinda, incastrata fra la Repubblica del Congo e la Repubblica Democratica del Congo. Un'offensiva istigata dai ribelli del Fronte per la Liberazione dell'Exclave di Cabinda, che da tempo si battono per l'indipendenza della provincia. L'agguato è stato organizzato da una quindicina di guerriglieri. Ed è costato la vita all'autista del bus e a due membri dello staff togolese: Abalo Amélété, l'allenatore in seconda, e Stanislas Ocloo, l'addetto stampa. Diversi giocatori sono rimasti feriti, anche gravemente. Il portiere Kodjovi Obilale, ad esempio, non si è più ristabilito completamente. Tant'è che, complici problemi alla deambulazione, ha dovuto abbandonare la carriera professionistica. Emmanuel Adebayor, all'epoca capitano della squadra, ha descritto così l'attacco: "Non è che uno o due ragazzi abbiano sparato al nostro autobus una o due volte. No, il nostro autobus era fermo e la gente ha sparato per 30 minuti. Riuscite a immaginarlo? A essere sincero, è stata una delle peggiori esperienze che ho vissuto in vita mia".
Al limite del surreale, per contro, la risposta della CAF, la Confederazione africana, l'organizzatore del torneo. In sostanza, la nazionale togolese avrebbe dovuto prendere l'aereo, come previsto dal regolamento, e non spostarsi in bus. La stessa CAF che, in seguito, è stata fortemente criticata per aver sospeso la squadra, ritiratasi dalla Coppa.
La maratona dell'orrore di Boston
Una giornata di festa e di grande, grandissima partecipazione sportiva – parliamo del 15 aprile 2013 – è stata funestata da due bombe artigianali esplose a distanza di 13 secondi l'una dall'altra. Eccola, la maratona di Boston più famosa di sempre. Gli esplosivi erano stati piazzati a pochi metri dal traguardo. Il bilancio, terribile: tre morti e 264 feriti.
A compiere l'attentato sono stati due fratelli di origine cecena: Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev. Il primo, giorni dopo le esplosioni, è stato ucciso durante un inseguimento con la polizia. Il secondo è riuscito a fuggire salvo poi essere ritrovato ventiquattro ore più tardi. La città di Boston, per ore e ore, giorni e giorni, ha vissuto in un generale stato di paura e terrore. Negli scontri a fuoco hanno perso la vita due agenti della polizia.
I fratelli Tsarnaev, con il loro gesto, volevano vendicare i musulmani morti in Afghanistan e Iraq a causa dell'intervento americano. Dzhokhar Tsarnaev è stato condannato a morte.
Lo Stade de France
Gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi sono ancora freschi, freschissimi nella memoria di tutti noi. Fra gli obiettivi dei terroristi, lo sappiamo, c'era anche lo Stade de France, o quantomeno l'area circostante. Qui, beh, ha avuto luogo il primo attacco, rivendicato dallo Stato Islamico.
Quella sera si stava disputando l'amichevole fra Francia e Germania. Allo stadio di Saint-Denis c'erano 80 mila spettatori. La prima esplosione è stata udita, anche e soprattutto all'interno dell'impianto, al quarto d'ora di gioco. Tre minuti più tardi, con Evra in possesso di palla, la seconda esplosione. Il gioco è proseguito, anche perché sulle prime, in campo come sugli spalti, nessuno poteva sapere che fuori dallo stadio due uomini si erano appena fatti saltare in aria. Due esplosioni che, nell'insieme, hanno provocato un morto (oltre ai due attentatori) e una dozzina di feriti. Ma il bilancio sarebbe stato tremendamente più alto se anche solo uno dei due terroristi fosse riuscito a entrare nello Stade de France. Dove, fra gli altri, si trovava l'allora presidente della Repubblica François Hollande. Queste le sue parole: «Quando si è sentita la prima detonazione, ho capito subito che potevamo trovarci di fronte alla realtà di un attentato. Quando è scoppiata la seconda esplosione, non ho più avuto dubbi».
Contemporaneamente, altri attacchi hanno preso forma nel centro di Parigi. Il bilancio finale? 130 morti, 413 feriti.
Come al Re Baldovino, anche quella sera gli spettatori sono stati invitati a rimanere sugli spalti. Considerati sicuri rispetto al caos che regnava in città. Alcuni giocatori della nazionale francese, fra l'altro, sono stati particolarmente toccati dagli attentati. La sorella di Antoine Griezmann, ad esempio, si trovava al Bataclan, teatro di uno degli attacchi. Lassana Diarra, invece, ha perso uno dei suoi cugini.
L'ultimo, pesante attacco legato a uno stadio è stato quello nel 2016, a Istanbul, nei pressi dello stadio del Besiktas. L'attentato, rivendicato da un gruppo curdo, ha causato la morte di 38 persone. 166 i feriti. A conferma che lo sport, oltre a unire, può anche essere il teatro di feroci atti di violenza.