Calcio

Sabbatini, Belhadj e la cronaca di una foto storica "rovinata"

Lo scatto simbolo della premiazione ufficiale della Coppa Svizzera è diventato un piccolo caso, con il tunisino a coprire il capitano – Ecco la versione divertita dei due protagonisti
Massimo Solari
30.06.2022 15:10

Il Lugano sta preparando a fondo la nuova stagione. Le immagini trionfali del 15 maggio, di tanto in tanto, tornano però ad albergare i pensieri dei protagonisti e dei tifosi bianconeri. Ecco, a proposito di scatti storici. Il ritiro di Malles Venosta è stata l’occasione per risfoderare la foto simbolica della consegna ufficiale della Coppa. Una foto che Belhadj, tarantolato, ha «rubato» a capitan Sabbatini.

Ve lo immaginate Mariano Diaz - una stagione da comprimario e appena 12 minuti disputati in Champions League con il Real Madrid - che sventola la bandiera della Repubblica Dominicana coprendo Karim Benzema e Marcelo, intenti a sollevare la coppa dalle grandi orecchie appena conquistata ai danni del Liverpool? Apriti cielo. E infatti non è successo. Il brasiliano - istituzione del club - e il bomber e capitano dei Galácticos hanno alzato la «decimocuarta» senza ostacoli, affiancati dagli altrettanto monumentali Modric e Caravajal. Il tutto per la gioia dei fotografi presenti allo Stade de France, pronti a rendere eterna un’altra pagina di sport.

I piani del capitano stravolti

Ecco. Il 15 maggio scorso, sulla tribuna del Wankdorf, le cose non sono andate esattamente allo stesso modo. Ricordate? Il Lugano ha appena surclassato il San Gallo e la premiazione ufficiale dei bianconeri sta entrando nel vivo. Tutti i giocatori e i membri dello staff hanno ricevuto la propria medaglia. Mentre il presidente della Confederazione Ignazio Cassis si appresta a consegnare la Coppa Svizzera a Mijat Maric e Jonathan Sabbatini. «I piani erano questi, e lo avevo anche dichiarato ufficialmente» premette il capitano bianconero. Per poi precisare: «Sì, mi sarebbe piaciuto condividere questo momento simbolico con Mijat e Mattia Bottani, compagni di mille battaglie». E poi? «E poi diciamo che Belhadj, e in parte anche Durrer, si sono fatti prendere dall’entusiasmo. Mettendosi in primo piano e, per certi versi, nascondendoci». Precisazione doverosa: mentre riavvolge il nastro dei ricordi - ancora freschi - Sabbatini sorride divertito. «Nei giorni successivi ne abbiamo parlato con Maric e Belhadj, scherzandoci su. Prendete il povero Botta: quasi non si vede nel frangente in questione, risucchiato alle nostre spalle. Però appunto, sono cose che succedono. L’euforia era enorme». E Belhadj, da noi interpellato sul «caso» di Berna, non può che confermare. «Ero troppo felice, davvero. Ho solo 22 anni e vincere un trofeo così importante mi ha fatto perdere un po’ il controllo». Già, i fotografi - quelli del Wankdorf - e i libri di storia ricorderanno per sempre la bandiera della Tunisia, sventolata di fronte ai leader bianconeri.

La Tunisia e i sogni mondiali

Nessun dramma, dicevamo. Prendete l’allenamento di questa mattina, sostenuto prima del secondo e ultimo test in programma nel ritiro altoatesino. Al termine della seduta, Sabba e Belhadj si sono intrattenuti per diversi minuti, il primo a dare indicazioni al giovane collega. «Jonathan è un modello per me» conferma il centrocampista nordafricano: «Al suo fianco, in questo primo anno a Lugano, ho potuto imparare davvero tanto. È il capitano. Ma pure uno dei giocatori più importanti del campionato svizzero. E lo dico senza esitazioni». Di più. A seguito delle partenze di Lovric e Custodio, maestro e allievo potrebbero presto trovarsi allo stesso livello, lì a giostrare nel centrocampo disegnato da Mattia Croci-Torti. «È l’obiettivo per il quale lavoro quotidianamente» conferma Belhadj, sforzandosi di parlare in un italiano coraggioso. «Nella scorsa stagione tutto era nuovo e, anche a causa di un infortunio, ho trovato poco spazio». Solo due partite da titolare in Super League, per l’esattezza. «Credo però di aver ripagato la fiducia che il Crus mi ha accordato nel finale di torneo, disputando due buone prove con Servette e Basilea». Vero. Non a caso sia la dirigenza, sia lo staff tecnico credono molto nel centrocampista prelevato dall’Es Sahel. Poco importa se dovesse arrivare - come sembra - un altro centrocampista. «Questo scenario non mi spaventa. Il primo ad avere una grande fiducia nei miei mezzi sono io» sottolinea Belhadj. «Vi faccio un esempio: per quanto difficile, non ho ancora rinunciato al sogno di partecipare al Mondiale di fine anno con la Tunisia. Ripeto: le possibilità sono minime, ma perché no? Spetta a me dimostrare quanto valgo».

L’ultimo ritiro estivo? Forse no

E Jonathan Sabbatini, cuore bianconero, cosa sogna? Quella in corso, per l’uruguaiano, dovrebbe essere l’ultima preparazione estiva della carriera... «È vero. Con la società ho firmato un contratto 1+1. Un anno da calciatore e uno da scout. C’è però un’opzione che contempla anche una seconda stagione in campo. E per me, questa, è una grande motivazione. Dimostrerò di poter essere un giocatore importante anche dopo il giugno del 2023. Continuo a divertirmi e, in questi giorni di ritiro, ho pure dimostrato di stare molto bene sul piano atletico. È strano: mi sento come un ragazzo appena arrivato in prima squadra che deve mettersi in mostra, convincendo mister e società». No, Sabbatini - 344 gettoni con la maglia del Lugano - non è ancora sazio. «C’è sempre qualcosa che mi spinge a fare meglio. A uscire dalla mia zona di comfort. Detto della clausola inserita nel mio contratto, in questa stagione avrò la possibilità di entrare nella storia del club, raggiungendo e superando il record di 346 presenze di René Morf. Negli scorsi anni era invece stato l’inseguimento di un trofeo a stimolarmi». Un traguardo clamoroso, tagliato lo scorso 15 maggio in una giornata indimenticabile. Già, una giornata «rovinata» solo dalla scomposta esaltazione di Belhadj. «Perciò voglio fare una promessa a Sabba: darò tutto per permettergli di ritrovarsi nella stessa situazione il 4 giugno del 2023» conclude il tunisino.

Correlati