Il senso di Mikaela Shiffrin

Una cosa, più di altre, ci affascina delle gare di Mikaela Shiffrin. Non tanto l’azione, e quindi la tecnica sopraffina della sciata. Nemmeno l’arrivo, inteso come traguardo tagliato con buona probabilità di celebrare un successo. No, è alla partenza che, in qualche modo, veniamo ipnotizzati. Nell’avvicinarsi al cancelletto, molte colleghe cercano la carica definitiva: sbattendo gli sci, picchiando un guanto con l’altro, dandosi una botta sul casco. Il capo, rivolto verso il basso, s’incunea poi fra le braccia tese, mentre le ginocchia piegate si preparano a spingere con forza. I modi di Mikaela sono differenti. È una questione di postura - verticale sino all’ultimo - e di sguardo, che sembra perdersi nella neve di fronte a lei. Shiffrin non si lancia in pista. Shiffrin si abbandona alla pista. E, puntualmente, diventa un tutt’uno con essa.
In questa stagione è già accaduto in tre occasioni. Tre slalom tutti dominati dall’americana. L’ultima vittoria è arrivata domenica, a Copper Mountain, Colorado. A casa sua, insomma. «Ed è stato incredibile, sono riuscita a entrare in piena connessione con il tracciato» ha non a caso commentato la 30.enne a margine della gara.
Una strategia pagante
Oddio, quella che gli spettatori potrebbero aver confuso con una dimostrazione di onnipotenza si è prodotta pure una settimana prima a Gurgl, in Austria, come pure - in precedenza - nell’amata Levi, in Finlandia. In ciascuna di queste prove, in effetti, Shiffrin ha rifilato oltre un secondo, talvolta persino più di un secondo e mezzo, alla prima inseguitrice. In occasione delle finali di Sun Valley, al tramonto dell’ultima annata di Coppa del Mondo, Lena Dürr aveva registrato un distacco di 1’’13. Ma è il 23 febbraio scorso, a Sestriere, che il volto della statunitense era tornato a illuminarsi. La caccia al 100. successo in carriera, d’altronde, era stato interrotto bruscamente a fine novembre 2024. La caduta di Killington e le gravi lesioni riportate all’addome sembravano aver spezzato l’incantesimo, per certi versi accanendosi su un’atleta che in gennaio - durante la discesa di Cortina - si era infortunata seriamente al ginocchio. La sensibilità e la fragilità psicologica di Shiffrin avrebbero potuto uscire a pezzi dal doppio stop. E invece l’atleta ha intrapreso un percorso pagante, all’insegna della prudenza e della misura. «La cosa migliore che si possa fare è stabilire delle priorità, almeno per me, privilegiando le gare in cui penso di sentirmi più a mio agio» sintetizzava Shiffrin a ridosso dell’inizio della stagione 2025-26, lungo la quale sono nel frattempo maturate le vittorie numero 102, 103 e 104. Dettaglio: la domanda a cui si trattava di rispondere, però, non chiamava in causa la Coppa del Mondo e l’approccio alle varie specialità. Alla sciatrice più vincente della storia era stato chiesto quale strategia intendesse adottare in vista delle Olimpiadi.
«What’s the Point?»
I Giochi di Milano-Cortina, già. All’appuntamento a cinque cerchi di febbraio mancheranno sia Lara Gut-Behrami, sia Petra Vlhova, mentre il grado di competitività di Federica Brignone rimane incerto. Parliamo di tre delle quattro campionesse capaci di conquistare la generale di CdM nello scorso decennio. La quarta, va da sé, è Mikaela Shiffrin, il cui valore per le prossime Olimpiadi invernali è dunque inestimabile. Sia in chiave collettiva, considerata la portata dell’evento e le attese del pubblico, sia sul piano personale. Nel quadro di un palmarès incredibile, e a fronte di una proporzione di successi impressionante in rapporto alle gare disputate, il legame tra Shiffrin e la gloria olimpica costituisce l’eccezione. Si badi bene, l’americana si è messa al collo due ori, a Sochi 2014 in slalom e a PyeongChang 2018 in gigante. E però, il 4. posto tra i paletti stretti ottenuto in Corea e soprattutto il tracollo di Pechino 2022 - con le uscite di pista in slalom, gigante e combinata - sono un’anomalia del sistema. O, più umanamente, uno stigma.
«La mia storia olimpica mi ha insegnato ad affrontare tutto con una mente aperta e a mantenere una cerchia ristretta di persone di cui mi fido e a cui tengo» osservava Shiffrin in ottobre. «Sento che stiamo iniziando la stagione in un momento davvero positivo. Sono ottimista al riguardo, ma non mentirò: i Giochi sono stati meravigliosi per me, e poi sono stati come una zanzara». Gioia e tormento, appunto. Quelle all’orizzonte, al momento, rappresentano invece una visione. «L’atteggiamento che vorrei trasmettere è che le Olimpiadi non stanno accadendo a me, ma sono io che sto accadendo a loro». Ricordate la partenza al cancelletto? Lo sci e la statunitense stupiscono ed emozionano quando l’osmosi è totale. Ma come funziona il processo? La regina delle nevi ha deciso di indagarne i meccanismi in un podcast, appena lanciato e intitolato What’s the Point with Mikaela Shiffrin. «La domanda più frequente che mi viene rivolta è: “Perché continui a farlo? Hai vinto tutto. Perché ti interessa?”. E io rispondo: “Non lo so. Lo so e basta”. Amo ancora allenarmi. Amo ancora sciare, migliorare e sentire che sto diventando più brava o più veloce». Eccolo il punto. Ecco il senso di Mikaela Shiffrin.



