L'intervista

«Si dibatta pure su Yakin, ma noi di dubbi non ne abbiamo»

A pochi giorni dalla settimana che deciderà le sorti europee della Nazionale, il presidente dell'ASF Dominique Blanc torna a proteggere il commissario tecnico: «La sua posizione non è un tema di discussione»
Murat Yakin e Dominique Blanc, il giorno dell'annuncio del nuovo ct della Nazionale. ©Keystone/Della Valle
Massimo Solari
08.11.2023 06:00

Nessun tentennamento. Nessuna paura. Anzi. A ridosso della settimana decisiva per le sorti europee della Nazionale, il presidente dell’ASF Dominque Blanc torna a difendere a spada tratta il commissario tecnico Murat Yakin. E lo fa in un’intervista voluta fortemente per fare chiarezza.

Presidente Blanc, una piccola provocazione dunque per cominciare: perché ha spinto per rilasciare questa intervista proprio ora? Il momento è forse delicato?
«Le grandi polemiche che hanno invaso i media elvetici dopo il pareggio contro la Bielorussia, così come le preoccupazioni e i numerosi interrogativi emersi, meritavano delle risposte».

Ecco, appunto: dopo il deludente pareggio casalingo con la Bielorussia, sul portale ufficiale della Federazione era apparsa una sua breve intervista. Nella stessa dichiarava: «Non c’è alcun dibattito in seno all’ASF per quanto concerne la posizione dell’allenatore della nostra selezione nazionale». Ma come è possibile che non vi siate minimamente interrogati sull’operato di Murat Yakin dopo quanto accaduto in Kosovo e soprattutto a San Gallo?
«Ribadisco il senso della mia affermazione. La posizione di Murat Yakin, in quanto commissario tecnico della Svizzera, non è un tema di discussione interno all’ASF. Lo sono, al contrario, le prestazioni offerte sul campo dalla selezione maggiore. Riflessioni al proposito hanno avuto e hanno luogo tra i responsabili della parte sportiva, Pierluigi Tami su tutti, ma non solo. E ci tengo a sottolinearlo».

Intervenire nel mezzo delle prossime partite se la situazione si mette male? Siamo realisti, non vi sarebbe il margine

Il confine che separa il ruolo di Murat Yakin e le prestazioni, o meglio i risultati ottenuti dalla sua squadra è però molto sottile. Perché il secondo ambito non ha chiamato in causa - non per forza negativamente - il primo?
«Ai miei occhi la questione è chiara. Se si tratta di discutere la qualità e la portata delle partite giocate o da disputare, beh, lo si fa proprio con l’allenatore in carica.E con lui soltanto. Riconsiderare il suo contratto e i termini dello stesso costituirebbe tutt’altro discorso. Un discorso, appunto, che non ha ragione di esistere in questo momento».

Nella citata intervista aveva accennato proprio al contratto di Murat Yakin. «Ci incontreremo dopo le qualificazioni e pianificheremo il futuro insieme». Ma gli spazi di manovra non rischiano di essere esigui? Se la Svizzera accederà direttamente a Euro 2024, in fondo, è già previsto il rinnovo automatico dell’accordo con il ct sino al torneo...
«È vero. La situazione contrattuale dell’allenatore è chiara e contempla la clausola da lei citata. In caso di mancata qualificazione, invece, il rapporto di lavoro si concluderebbe alla fine del 2023. Dopo aver strappato il biglietto per l’Europeo, perché ovviamente ci crediamo, prepareremo l’avvenire rossocrociato insieme. Cosa significa? Ora non lo posso determinare. Un futuro condiviso può essere tanto ampio quanto lo è l’accordo fra le parti».

Nessuno se lo augura, ma se le cose dovessero andare male contro Israele e Kosovo, il rischio di chiudere il gruppo al terzo posto sarebbe concreto. Può assicurare sin d’ora che, anche con questo scenario, l’ASF non interverrebbe prima dell’ultima, delicata trasferta in Romania?
«È nostra intenzione concentrarci sulle tre partite in sei giorni. E, mi permetto di aggiungere, in un lasso di tempo così ristretto non vi sarebbe chissà quale margine per intervenire. No, la formazione si preparerà, viaggerà, scenderà in campo e si riposerà. Insomma, bisogna anche essere realisti e pragmatici. Non solo: non spetta a noi dubitare. E ciò dal momento che possiamo contare su una selezione di valore. Lo suggerisce il ranking e non lo hanno vanificato i tre pareggi, certo deludenti, incontrati nel girone. Questi match, tra l’altro, non li abbiamo persi. No, li abbiamo praticamente tutti dominati. E la squadra, la qualità dei giocatori mandati in campo sono le stesse osservate nella prima parte delle qualificazioni, quando la Svizzera aveva vinto e convinto. Perciò rimaniamo fiduciosi e questa fiducia riteniamo importante trasmetterla all’intero ambiente. Ripeto: i dubbi non sono ammessi. Demoralizzarsi o credere di essere diventati d’improvviso degli incapaci, non sarebbe corretto».

Perché, a suo avviso, Murat Yakin rimane quindi l’uomo giusto per l’avvenire della Nazionale rossocrociata?
«C’è una direzione sportiva incaricata di valutare questi aspetti. E il team guidato da Pierluigi Tami dispone di tutte le competenze necessarie in questo senso. Proprio Tami, per altro, aveva chiarito immediatamente la sua posizione in merito a Murat Yakin, nel quadro di un’intervista rilasciata allaRSI dopo il 3-3 con la Bielorussia. Come il ct, il direttore delle squadre nazionali gode del totale sostegno dei vertici dell’ASF. Le sue riflessioni sportive, in un momento complicato, erano dunque anche le nostre».

Anche Pierluigi Tami ha pieno sostegno. La sua posizione sull’allenatore è anche la nostra

Le ultime prestazioni della squadra hanno alimentato il dibattito fra i sostenitori e i detrattori del commissario tecnico. Aggiungiamoci le polemiche generate dalle forti esternazioni di Granit Xhaka a margine del 2-2 di Pristina, solo un mese prima di raggiungere il record di presenze di Heinz Hermann. Perché la Nazionale svizzera rimane così divisiva?
«Ma la polarizzazione attorno alla Nazionale non è nuova. Ed è benvenuta. Tutte le opinioni, anche le più lontane fra loro in merito al ct o al capitano della squadra, vanno rispettate. Dimostrano l’interesse e la passione per la Svizzera. Ma anche le grandi aspettative per questa selezione. Il dibattito è normale e in un modo o nell’altro ci tocca tutti. La direzione sportiva e il comitato centrale dell’ASF devono però scegliere una linea e difenderla, con pragmatismo. E qual è la situazione attuale? Abbiamo 15 punti, non abbiamo perso una partita e il primo posto del girone - con una gara in meno della Romania - è nelle nostre mani. Direzione sportiva e staff tecnico della selezione maggiore riconoscono anche la delicatezza del momento, ma al contempo sono sicuri di farcela. Di qui l’importanza di stabilizzarsi e serrare i ranghi».

Avete le idee chiare, è evidente. Ma da presidente dell’ASF non è frustrante, talvolta, non percepire la stessa unità d’intenti all’interno della squadra? E mi riferisco alle piccole tensioni fra Murat Yakin e Granit Xhaka.
«Frizioni di questo tipo, nel mondo del calcio, non sono poi così rare. Fondamentale è saperle trattare e, se possibile, padroneggiare. Le discussioni fra Yakin e Xhaka, due personalità forti, hanno avuto luogo. Peccato che determinate esternazioni, e lo riconosco a mia volta, siano state date prima in pasto all’opinione pubblica e non siano rimaste all’interno. Quando si vengono a creare situazioni simili, comunque, è inevitabile conviverci. E, perché no, saperle interpretare in chiave positiva. Nella fattispecie, è stato favorito il confronto e soprattutto un chiarimento fra le parti. Le incomprensioni sono alle spalle e sia l’allenatore, sia il capitano, guardano alle imminenti partite con un solo obiettivo».

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