La rivalità

Federer-Nadal, il duello del secolo

Il basilese e lo spagnolo hanno segnato un'epoca, proprio come Borg e McEnroe – Il tutto, incredibilmente, sviluppando anche un'amicizia sincera
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Ats
15.09.2022 18:14

Per quindici, lunghi anni Roger Federer e Rafael Nadal hanno dato vita a una delle storie più appassionanti del tennis. Un duello di stili, risoltosi – risultati alla mano – a favore dello spagnolo. Complice la sua supremazia, netta, sulla terra battuta.

Nadal, un po’ come i pugili, ha vinto ai punti: 40 incontri, 24 vittorie del maiorchino contro le 16 dell’elvetico. La striscia cominciò con un successo di Nadal, un doppio 6-3 al Masters 1000 di Miami nel 2004. Si chiuse tre anni fa, nel 2019, con il capolavoro di Federer in semifinale a Wimbledon. Di Nadal, è vero, si ricorderà sempre la detronizzazione a Londra, nel giardino di Roger, nel 2008. Un trionfo arrivato al calar della sera, dopo quasi cinque ore di tennis sopraffino. Uno degli incontri-modello di questa disciplina, assieme a Borg-McEnroe del 1980 e pochi, pochissimi altri match.

Il bilancio

Molti, ancora oggi, sostengono che Federer abbia avuto una sorta di complesso nei confronti di Nadal. Che, in sostanza, abbia subito il rivale. Allo stesso tempo, le presenze di Rafa e, in seguito, di Novak Djokovic hanno spinto il Maestro a spostare sempre più in alto l’asticella delle ambizioni. E del suo gioco. Nel 2009, dopo aver perso in finale agli Australian Open, Federer non riuscì a trattenere le lacrime. Si prese la rivincita, a Melbourne, otto anni dopo. Firmando un ritorno in grande, grandissimo stile.

Nadal, dicevamo, ha vinto ai punti. È stato più forte nelle finali del Grande Slam (6-3) come in tutti i turni dei tornei major (10-4) e nelle finali di tutti i tornei (14-10). La spiegazione? La forza, bruta, sulla terra rossa, con 14 successi a 2 per Rafa di cui 4 in finale al Roland Garros. Federer, questo sì, ha mantenuto il vantaggio sull’erba (3-1).

La finale più giocata

Federer-Nadal, con nove precedenti, è stata la finale del Grande Slam più frequente nella storia del tennis. Nadal-Djokovic si sono fermati a sette, idem Djokovic-Murray. Ma non è tanto il numero di finali a contare, quanto il contrasto di stili. Proprio come Borg e McEnroe. Il talento assoluto da una parte, la potenza e l’allenamento asfissiante dall’altra. L’uno, però, ha imparato a giocare come l’altro. E viceversa.

«Con Federer – ha spiegato Nadal nella sua autobiografia, Rafa – l’unica cosa da fare è tenere alto il suo rovescio, costringerlo a colpire la palla alta, con la racchetta all’altezza del collo, metterlo sotto pressione, insidiarlo, cercare il break e minare il suo morale».

Federer, a fine carriera, aveva trovato un modo per contrastare lo strapotere fisico di Nadal, riducendo il divario nello score complessivo. Con il passare delle stagioni, invece, Nadal ha sviluppato il suo gioco aggiungendo un servizio efficace tanto sull’erba quanto sul duro, oltre a un rovescio a due mani formidabile e adatto a ogni superficie.

Che cosa sarebbe stato Roger senza Rafa?

Viene da chiedersi che cosa sarebbe stato Federer senza la presenza di Nadal e, come detto, di Djokovic. Ostacolandosi a vicenda, e quindi impedendo che un solo tennista prendesse il controllo totale del circuito, tutti e tre sono cresciuti. Federer e Nadal, ancora, hanno pure sviluppato un’amicizia vera e sincera.

Lo spagnolo, in particolare, non ha mai nascosto la sua ammirazione per il rivale. Nel suo libro, ad esempio, ha ammesso di avere un «gap di talento» con lo svizzero e di essere «sbalordito dalla qualità del suo gioco». Confessando di «non riuscire a credere di essere riuscito a batterlo», forse perché «Federer non era del tutto Federer quando giocava contro di lui».

Lo svizzero, di rimando, ha detto che è stato Nadal, un giocatore che «ha colpi che nessun altro ha», a fargli rimettere in discussione il suo gioco per diventare un campione ancora più grande.

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