«A Locarno peschiamo pistole, bombe e coltelli»

Dalle acque del Lago Maggiore ci sono più probabilità di pescare pistole e bombe che biciclette. Il «catalogo» metallico, però, offre anche tappi di bottiglia, bulloni o viti dalla storia misteriosa come pure ferri di cavallo e tante altre stramberie. Parola di Giulian «Jay» Rusconi - 29 anni di Locarno, nella vita collaboratore per il servizio di noleggio bici in Città - e Axel Alfieri - 25, di Cavigliano (Comune di Terre di Pedemonte), informatico - i «pescatori magnetici» per eccellenza nella regione.
Entrambi hanno il merito di aver portato nella Svizzera italiana, quasi per gioco, un passatempo insolito e sconosciuto. Oltre che di essere saliti alla ribalta delle cronache per ritrovamenti sorprendenti e, talvolta, inquietanti. Scoperte effettuate sfruttando gigantesche (e potentissime) calamite. Una dettagliata documentazione degli oggetti più curiosi, ma anche dei momenti salienti e più affascinanti delle azioni di recupero, è pubblicata nei media sociali sotto il nome «Magnet Fishing Ticino».


«Perché non provare qui?»
«Circa un anno fa, avevo visto dei filmati che mostravano esperti in azione tra i canali di Amsterdam. Li ho condivisi con Axel, all’epoca mio collega. Ci siamo incuriositi e abbiamo pensato: “Perché non provare anche qui?”». E così, ecco le prime sperimentazioni di un’attività che unisce spirito d’avventura e attenzione per l’ambiente.
All’inizio, i due amici si sono cimentati con attrattori piccoli e corde leggere, «giusto per provare», racconta Axel al Corriere del Ticino. «Era un modo per stare all’aperto facendo qualcosa di diverso e divertente». Ben presto, tuttavia, si rendono conto che sono necessari strumenti più potenti. Sei mesi fa, hanno dunque investito in elementi professionali, dieci volte più forti e in grado di catturare fino a 1.800 chilogrammi di massa. Il risultato? Incredibile. «Non pensavamo di riuscire a scovare tante armi da fuoco, proiettili e granate da mortaio», spiega Axel. Ma non solo: «Ci sono antichi orologi da taschino, un portamenù di ristorante con piedistallo in cemento, una radio d’epoca, una bilancia e monete di varie nazioni».
La sicurezza è una priorità
Giulian ricorda con entusiasmo il momento della svolta: «Abbiamo rinvenuto la prima rivoltella e da lì è cambiato tutto. Con il nuovo corredo tecnico, costato qualche centinaia di franchi, si potevano rivelare cose davvero interessanti».
La sicurezza, per i due «minatori» dei fondali nostrani, è una priorità. D’altronde, stare lontani dai problemi è una prerogativa, vista la particolare occupazione, a tratti spericolata. «Quando troviamo oggetti sospetti o temibili chiamiamo sempre la polizia. Gli agenti sanno chi siamo, fanno il verbale e ritirano tutto, anche se gli arnesi sono arrugginiti e in uno stato di degrado che li rende inutilizzabili», spiega ancora Giulian. Anche Axel conferma: «In effetti, facciamo lo stesso con le tante lame che riportiamo in superficie». E il resto? Si conserva come ricordo, con l’idea di creare un’esposizione oppure... si smaltisce all’ecocentro. L’iniziativa, infatti, si presenta con una forte componente ecologica.
«Una gran quantità di rifiuti»
«Dietro c’è una quantità enorme di rifiuti che eliminiamo», sottolinea Giulian. Un impegno concreto per la pulizia dei laghi, che si affianca alla voglia di coinvolgere la comunità.
I nostri interlocutori sono ben contenti di guidare chiunque sia interessato alle loro «battute di caccia dal magazzino di ferramenta a cielo aperto». Le zone più percorse a suon di lanci di funi non possono che essere le rive di Locarno e dintorni: Brissago, Tenero, la Verzasca, le Bolle (fino a 20 metri di profondità). E ricordano serate intense con i «soci» che hanno voluto provare l’esperienza. «Una volta eravamo usciti alle nove di sera ed è stato così spassoso che siamo rimasti fuori fino mezzanotte», racconta Giulian.
Chiunque si può cimentare
Il progetto intende rendere questo tipo di «esplorazioni» accessibili. «Chi vuole iniziare può guardare i video in rete o contattarci. Non servono dispositivi ingombranti per cominciare, poi si vede se vale la pena investire in qualcosa di più potente». Con aria di sfida, si congedano proclamando il loro motto portafortuna: «Dai che lo troviamo», esclamano all’unisono.
Perché è matematico. Ogni tiro di cima fatto con forza e convinzione farà riemergere un qualche tipo di meraviglia dallo specchio lacustre, grande o piccola che sia, anche se da sopra non si distingue nulla di sorprendente.