Il commento

Dalla tragedia del Covid al tetto d'Europa: il calcio dell'Atalanta è vita

Quattro anni fa i nerazzurri dominavano il Valencia in Champions League, poco prima che tutto si fermasse per un tempo apparentemente infinito – Dublino, finalmente, ha permesso al club e alla città di chiudere un cerchio
Marcello Pelizzari
23.05.2024 09:45

«Ho detto no alla tribuna d'onore, vedrò la partita con i tifosi». Detto, fatto. Tant'è che al fischio finale, sui social, ha postato un selfie in mezzo a quelli che, un tempo, chiamavamo distinti. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, a suo modo è il simbolo del trionfo nerazzurro di Dublino. Di un'Europa League diventata realtà grazie a un tre-a-zero che spedisce per direttissima l'Atalanta nell'Olimpo del calcio. Il simbolo o uno dei simboli, volendo includere il Gasp, Gian Piero Gasperini, e soprattutto il mattatore in campo, Ademola Olajade Lookman, autore di una tripletta devastante. L'Atalanta, questa Atalanta, ha riconciliato tutti noi con il calcio. Senza necessariamente scomodare aspetti retorici o eccessivamente romantici. Ma, ecco, ieri sera è andata proprio così. Al di là del tifo o del cosiddetto senso di appartenenza.

Giorni fa, il sito specializzato Ultimo Uomo metteva assieme questi concetti e queste frasi: «Lo sport, e il calcio in particolare, nasce come un gioco, ma il significato che le persone ci riversano dentro lo trasforma ciclicamente in una questione di vita o di morte. Una squadra, i colori di una maglia, dovrebbero essere solo il simbolo dell’appartenenza a un Paese, o a una comunità, ma quasi sempre finiscono per trasformarsi nell’appartenenza stessa, nel senso di far parte di quel Paese, o di quella comunità». Vita o morte, già. E l'Atalanta, nel senso di Bergamo, ne sa qualcosa. Di più, battendo (anzi, dominando) il Bayer Leverkusen ha chiuso un cerchio. Nel 2020, a febbraio, i nerazzurri vissero una notte simile. Quantomeno, sovrapponibile. Si giocavano gli ottavi di Champions League e in un San Siro stracolmo di passione la Dea affrontò il Valencia. Il risultato? Un inequivocabile 4-1. Ma quelli erano giorni particolari. Da una successiva indagine, infatti, emerse che l'appuntamento fu una vera e propria «bomba» per la diffusione del coronavirus nella provincia di Bergamo, fra le aree più colpite al mondo dalla pandemia. Oltre un quinto dei tifosi presenti a Milano quella sera, in seguito, svilupparono sintomi. Chiamatela pure tempesta perfetta.  

Solo Bergamo e i bergamaschi, oggi, possono descrivere quanto vissuto. Il rumore continuo delle sirene, i camion pieni di bare, una città nel frattempo divenuta spettrale e sinonimo, purtroppo, di morte. Proprio il calcio, tuttavia, contribuì a strappare un sorriso. E, di riflesso, a favorire la rinascita. Un sorriso, allora, carico altresì di rimpianti. Perché in coda alla Champions League 2019-20, una sorta di final eight di ispirazione baskettara nella bolla di Lisbona, in Portogallo, l'Atalanta sfiorò davvero l'impresa delle imprese. Tenendo a bada il Paris Saint-Germain di Mbappé e Neymar salvo poi crollare sul più bello, all'ultimo respiro, al novantesimo e oltre complici le reti di Marquinhos e Choupo-Moting. Quasi quattro anni più tardi, invece, di rimpianti non ce ne sono. C'è, semmai, un'intera città in estasi per un manipolo di eroi. C'è una favola da raccontare che poi, a ben vedere, tanto favola non è. Perché l'Atalanta è un club serio, di progetto dicono gli esperti. E di prospettiva. «Chi vince in Italia fatica a gestire i costi, noi no» ha detto al riguardo Gasperini. Lanciando una frecciata nemmeno troppo velata all'Inter scudettata, fresca di passaggio al fondo Oaktree

È un successo umano, quello dell'Atalanta. Figlio della sofferenza, da un lato, e di spese oculate e intelligenti dall'altro. L'immagine di Giorgio Gori – uno dei volti della pandemia, suo malgrado – in mezzo alla sua gente, a Dublino, ebbro di gioia e felice, nel senso di «persona che ha lo spirito sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato», è il termometro della gioia, tutta, della Dea. È il calcio che si prende il palcoscenico. Diventando vita.