Diritti

Dall’inizio dell’anno, siamo 15 in meno

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – Cosa viene fatto di concreto nel nostro cantone? – Dal collettivo Io l'8 ogni giorno all'associazione Puntozero
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Jenny Covelli
25.11.2022 09:01

Dall’inizio dell’anno, siamo 15 in meno. Chi? Le donne in Svizzera. E non perché quelle 15 abbiano scelto di trasferirsi, ma perché sono morte. Qualcuno le ha uccise. Il numero compare sul sito stopfeminizid.ch, che censisce le vittime di femminicidio nel nostro Paese. L’ultimo mercoledì: «Poco dopo le 18.00, la polizia di Zurigo è intervenuta per un'emergenza in un'abitazione della Baslerstrasse. Sul posto, gli agenti hanno trovato marito e moglie, con gravi ferite da arma da taglio. La donna, 40 anni, è morta sul posto malgrado i soccorsi, mentre il marito, 50 anni, è stato ricoverato in ospedale e ne è stato richiesto il fermo. Nell'abitazione c'erano anche i due figli minorenni». Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nei giorni che precedono e che seguono questa data, non si parla d’altro. Poi, tutto tace fino all'8 marzo, o fino al femminicidio successivo.

Il Consiglio di Stato, nella sua seduta del 23 novembre, ha approvato l’aggiornamento del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica. «Purtroppo gli atti che vengono denunciati sono pochi - ha sottolineato Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni -. Molti rimangono sommersi, occultati a causa di un rapporto sentimentale o di dipendenza economica della vittima». I numeri, anche nel nostro cantone, sono impressionanti: tre interventi di polizia al giorno secondo l’Associazione consultorio e casa delle donne. E, come detto, è solo la punta dell’iceberg. Come intervenire? «Prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate».

Rabbia e delusione

Concetti molto belli e giusti, che però non soddisfano chi, parallelamente al Cantone, un anno fa ha realizzato un altro «piano d’azione» per l’eliminazione della violenza sulle donne. Un piano «femminista». Si tratta del collettivo Io l’8 Ogni Giorno che ha reagito con «delusione e rabbia per l’incapacità - anzi la mancanza di volontà - a mettere in campo risorse, strumenti e misure realmente efficaci e in grado di prevenire e combattere la violenza domestica nelle sue varie forme e offrire alle vittime la protezione, l’accompagnamento e la giustizia cui hanno diritto».

A detta del collettivo, da noi contattato, «in un anno di lavori ci si poteva aspettare di più». Ma, soprattutto, «sembra non ci sia la volontà politica di intervenire con delle misure più strutturali che richiedono un maggiore investimento di risorse». Come il numero unico cantonale anti-violenza, rivendicato da tempo. La Confederazione ha previsto l’istituzione per l’attuazione della Convenzione di Istanbul, ma nel frattempo ogni iniziativa cantonale è ben accetta e alcuni si sono mossi, a differenza del Ticino. «L’impressione è che ci sia un po’ l’atteggiamento di scaricarsi l’onere del servizio», ma anche che ci si tiri indietro quando si tratta di investire risorse economiche. Io l’8 Ogni Giorno aveva infatti pure segnalato delle imprecisioni presenti nel Piano d’azione cantonale, in particolare per quanto riguarda i posti letto disponibili nelle case di accoglienza.

Anche quest’anno le donne scenderanno in strada con una manifestazione che si terrà sabato 26 novembre nella piazza davanti al LAC di Lugano, alle 15.00. «Le rivendicazioni sono sostanzialmente le stesse, poiché rimaste inascoltate»: il numero di emergenza, più posti letto nelle case rifugio, un reddito di emergenza per le vittime di violenza domestica, un codice rosa specifico negli ospedali. E, ancora, migliorare le procedure e i contatti affinché si offra un accompagnamento attivo alle vittime nel loro percorso di uscita dalla violenza. «È ora che le autorità prendano coscienza che non si può più aspettare o procedere a ritmo di lumaca: quante donne devono ancora morire, essere violentate, aggredite, minacciate? Quanto vale la vita delle donne?».

Formare per conoscere

Recentemente è pure nata l’associazione Puntozero, fondata (dalla consigliera nazionale Greta Gysin) con l’obiettivo di portare proposte costruttive e pragmatiche nel campo delle questioni di genere. E tra le prime azioni concrete c’è un corso gratuito e apartitico, articolato in sei serate, sulle dinamiche delle violenze di genere, le buone pratiche di prevenzione e protezione, nonché gli strumenti politici a disposizione per farvi fronte. «Una formazione mirata per tutti quelli che possono essere coinvolti in situazioni di violenza per capire prima e poter prevenire, e non solo curare o punire», spiega la presidente di Puntozero, Anna Biscossa. L’associazione ha accolto la richiesta di un gruppo di giovani politiche ticinesi di creare una formazione volta ad acquisire conoscenze e competenze per contrastare la violenza di genere. «Vogliamo dare un contributo all’aspetto formativo, proprio perché la premessa fondamentale è conoscere il problema, le normative, saper cogliere i segnali premonitori della violenza in modo da arrivare prima che la violenza si compia. Per noi è fondamentale agire prima». Spesso i politici non conoscono le norme internazionali e le procedure che hanno un’applicazione in Svizzera. «A volte non sono neppure a conoscenza della loro esistenza. Quando in realtà, poi, spetta sempre alla politica porre le condizioni ideali perché quello deve essere fatto venga effettivamente fatto». Ecco perché è importante la formazione.

Sensibilizzare per educare

Uno degli scopi dell’associazione è rivolgersi a un vasto pubblico, che comprenda anche gli uomini. «La preoccupazione – continua Biscossa – è che sempre più spesso gli episodi di violenza vengono percepiti come “una pazzia del momento”». La volontà è quella di instaurare un discorso di «cultura della non violenza rispetto al genere, qualunque esso sia, e di cultura di partecipazione attiva della società in difesa dei più deboli, chiunque essi siano». Affinché il problema venga affrontato non solo quando, purtroppo, avviene un episodio «eclatante», ma con «un’ottica di prevenzione, piuttosto che di cura».

Il primo appuntamento avrà luogo sotto forma di evento pubblico proprio questa sera, alle 20.30, presso il Liceo di Lugano 1. Verrà proiettato il documentario Sopravvissute della giornalista e regista RSI Anna Bernasconi, andato in onda su Falò. Cinque testimonianze che sono specchio di molte altre storie di vita quotidiana. Si tratta del sesto evento della campagna 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere a cui il Ticino ha aderito, come previsto dal Piano d’azione cantonale. «Un momento pubblico per sensibilizzare sul tema - conclude la presidente dell'associazione -. Ma anche educare le persone, la politica. Rendere attenti tutti, perché contro la violenza si può fare e si deve fare qualcosa».

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