Il caso

I partiti predicano cautela: «Occorre valutare caso per caso»

Prevale lo scetticismo sull’opportunità di estendere ai parlamentari le tutele oggi in vigore per i media: «Dobbiamo evitare effetti controproducenti»
© CdT/Chiara Zocchetti

Secondo il presidente dell’UDC Piero Marchesi, la discussione sulla tutela dei parlamentari è «legittima e necessaria», ma deve essere separata dal caso specifico di Dadò per evitare giudizi influenzati da simpatie personali: «È giusto riflettere su quali siano le protezioni da garantire a un parlamentare affinché possa svolgere bene il proprio ruolo, anche in situazioni scomode. Ci sono infatti casi in cui l’attività parlamentare può portare a denunciare fatti o situazioni che altri non avrebbero il coraggio di rendere pubblici». In questo senso Marchesi condivide l’intento del Centro, purché questa riflessione venga separata dal caso specifico: «Altrimenti si finisce per discutere in base alle simpatie personali: chi apprezza Dadò sarà a favore, chi non lo sopporta sarà contrario». Ma ai politici vanno estese le medesime garanzie riservate ai media? «In un certo senso, l’attività del parlamentare può essere paragonata a quella del giornalista. Allo stesso modo, il parlamentare - che rappresenta uno dei poteri dello Stato - deve poter agire con un adeguato livello di protezione, proprio per consentirgli di affrontare situazioni delicate o scomode», avverte Marchesi, per il quale tuttavia il caso specifico deve servire solo da spunto per aprire questa riflessione.

Lega: «La politica è politica»

Anche per Daniele Piccaluga «la discussione non dovrebbe in alcun modo essere collegata alla vicenda che vede come protagonista Dadò». Tuttavia, il coordinatore della Lega è anche dell’avviso che ogni deputato deve poter svolgere il proprio ruolo «a pieno titolo», purché siano temi di sua competenza: «Sono favorevole a ragionare sul tema, se ve ne fosse la necessità. Ma credo anche che debba essere valutato caso per caso. La politica, a mio avviso, deve fare la politica. Noi siamo chiamati a risolvere alcuni problemi, ma non tutto è di nostra competenza. Quindi se un parlamentare riceve una segnalazione che esula dai suoi compiti è giusto che la trasmetta agli organi competenti».

PLR: «Aperti a discuterne»

In generale, osserva dal canto suo il presidente del PLR Alessandro Speziali, «siamo aperti a valutare se vi siano strumenti migliori di quelli attualmente in nostro possesso per assolvere meglio al nostro compito». Tuttavia, «se da un lato è importante che il politico continui a essere un canale sicuro ed efficace per chi segnala comportamenti o fatti delicati, è altrettanto fondamentale che si possano evitare effetti controproducenti o abusi». Insomma, dice Speziali, «siamo aperti a riflettere su nuovi strumenti, concepiti per servire davvero gli obiettivi di una politica efficace, onesta e trasparente».

PS: «Gli strumenti esistono»

Più attenuato il giudizio del co-presidente del PS Fabrizio Sirica per il quale gli attuali strumenti non sono in discussione: «Dagli elementi che ho appreso non mi pare che il caso Dadò riguardi una carenza di tutele. Ci si può appellare al diritto di non rispondere, o dire espressamente che non si vuole rivelare la fonte». Sirica riconosce comunque la difficoltà di gestire informazioni sensibili ricevute nell’ambito dell’attività parlamentare: «Per quel che è la mia esperienza occorre valutare di volta in volta, magari con l’aiuto di un avvocato o del servizio giuridico che è a nostra disposizione, ponderando con attenzione se i documenti di cui un parlamentare entra in possesso abbiano una rilevanza penale e se vi sia un interesse pubblico nel renderli noti o se la fonte risponde a un interesse particolare». Una protezione «totale» potrebbe portare «a esprimere commenti lesivi dell’onore di persone senza valutare con attenzione la portata delle proprie parole», conclude Sirica.

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