«Il lupo sbrana pure di giorno, la politica ora la smetta di ignorarci»

«Non siamo cittadinanza di serie B», sbotta al Corriere del Ticino Alberto Tomamichel, sindaco di Bosco Gurin. L’appello non è quello di una voce isolata, ma una lettera aperta firmata anche dagli altri colleghi della Val Rovana (Campo, Cerentino, Linescio), indirizzata al Governo per esortarlo a prendere misure contro il lupo. «Dopo che il predatore ha lasciato le sue tracce ad Artore, nel territorio di Bellinzona, uccidendo due pecore vicino a una fermata dei mezzi pubblici, il Cantone in un batter d’occhio ha emanato un ordine di abbattimento. Pure noi, però, abbiamo visto troppi animali sbranati. Nell’ultimo caso, di appena pochi giorni prima, si è trattato di una ventina di capre in pieno giorno, tre delle quali morte. Eppure tutto tace. È ora di finirla, la politica deve smetterla di ignorarci».


Fino a un paio d’anni fa, la situazione era differente: «Si poteva ancora salvare qualcosa e avevamo organizzato un incontro sul posto con il consigliere di Stato competente. Oggi, tuttavia, le cose sono peggiorate. Quest’ultimo attacco, avvenuto al mattino poco dopo le otto in una valletta a ridosso dell’arrivo della seggiovia, è la goccia che fa traboccare il vaso. Stiamo parlando di un luogo frequentato da turisti, vicino al ristorante Rossboda. Non ci sono state reazioni, né dall’Esecutivo cantonale né dagli uffici che dovrebbero essere incaricati di seguire contingenze del genere. D’altronde non me l’aspettavo nemmeno, visto come l’onorevole Claudio Zali ha sempre sorvolato». L’intervistato si spinge oltre: «Non posso e non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se in quel momento ci fosse stato nei paraggi un gruppo di bambini in procinto di iniziare un’escursione».
«Messi da parte»
La speranza, adesso, è che la musica cambi, di fronte a scenari sempre più drammatici. «Certo, non siamo una città e fatti del genere possono fare meno notizia in una regione periferica. Malgrado ciò, da tempo sollecitiamo che si faccia qualcosa. Vedendo la celerità della reazione dopo l’episodio avvenuto nella capitale, ci siamo sentiti messi da parte dalle autorità». Lo sfogo del 60.enne prosegue ricordando le difficoltà di un intero settore: «L’agricoltura di montagna è in pericolo. La gente è esasperata, stanca, non ce la fa più. Chi vive e lavora qui è già oltre il limite».
Come se non bastasse, di mezzo ci si mette pure una certa trafila burocratica: gli accertamenti, le analisi del DNA «e intanto la vita avanza con i suoi eventi e le persone si dimenticano. Alla fine, non succede nulla. Finora non ho sentito di alcuna misura contro l’animale che ha colpito qui, nonostante abbia già portato via un numero di vittime sufficiente per far scattare le direttive previste. Che si tratti di un branco o meno, bisogna muoversi». Il nostro interlocutore evidenzia infine un’ultima questione, quella dei confronti. «Dicono che ci sia la tendenza a una diminuzione degli esemplari presi di mira dal grosso canide. In realtà, sono gli alpeggi ad essere sempre meno “caricati”, quindi quella prospettata dagli esperti è un’evoluzione piuttosto ovvia. Il messaggio che vogliono far passare è fuorviante e non tiene conto del fatto che in molti abbiano smesso di portare bestiame in quota, perché non si può più lavorare in queste condizioni». Tomamichel parla di 200-250 tra ovini e caprini in meno nel giro di un paio di stagioni: «In questo momento siamo solo a un terzo di quella corrente e se continua così, con queste predazioni, alla fine tra dispersi e morti non ne scenderà più nemmeno un individuo. Manca la volontà di intervenire, è triste dirlo».
Spunta un nuovo branco
Intanto, l’Ufficio caccia e pesca ha da poco confermato la presenza di almeno due giovani lupi e di un esemplare adulto lungo la dorsale alpina tra la bassa Vallemaggia e la bassa Valle Verzasca. Una coppia era già nota in quest’area da circa un anno. La recente riproduzione fornisce la conferma della formazione di un nuovo branco, denominato «Madom».
«Subito un progetto sui tiri dissuasivi»
Mozione al Consiglio di Stato
Autorizzare gli allevatori sugli alpeggi a difendere i propri animali dagli attacchi del lupo con un corso sull’utilizzo di armi di dissuasione e fornendo il materiale. Lo chiede una mozione al Consiglio di Stato di Sem Genini e Roberta Soldati (primi firmatari), che invita a prepararsi in caso di adozione di una base legale sui cosiddetti tiri d’inselvatichimento e - se la cosa non dovesse andare a buon fine - proponendo comunque a Berna un «progetto pilota» come già fatto da altri Cantoni.