Il caso

«Il medico cantonale non era competente»

Casa anziani di Sementina: ecco le motivazioni della Corte di appello che ha prosciolto i vertici dell'istituto in relazione ai decessi durante la pandemia da coronavirus - Il compito spettava al Governo
© CdT/Gabriele Putzu
Alan Del Don
15.05.2025 17:04

Da condannati a metà al proscioglimento. È stata ribaltata dalla Corte di appello e di revisione penale di Locarno la sentenza della Pretura penale del 18 gennaio 2023 a carico dei vertici della casa anziani Circolo del Ticino di Sementina in relazione ai 22 decessi avvenuti nell’istituto durante la prima ondata pandemica da coronavirus, quindi nella primavera 2020 (da metà marzo a metà aprile). Il verdetto è stato comunicato oggi ai media dal Municipio in quanto non si è svolta un’udienza pubblica per il dibattimento di secondo grado trattandosi di una procedura per contravvenzioni che si svolge in forma scritta.

La direttrice sanitaria, il direttore amministrativo e l’ex capocure hanno «sofferto pesanti attacchi e contestazioni sul piano non solo politico, nondimeno hanno continuato a operare e svolgere i compiti loro affidati, dimostrando professionalità e facendo mai mancare il proprio prezioso contributo nella presa a carico nel tempo dei tanti ospiti delle strutture per anziani della Città», sottolinea l’Esecutivo. Resta ora da capire se il procuratore generale Andrea Pagani si appellerà al Tribunale federale. Ha un mese per decidere se impugnare o meno il giudizio di oltre 40 pagine.

Provvedimenti astratti

La sentenza, datata 9 maggio ma comunicata oggi alle parti, è molto tecnica e affronta questioni di diritto di non facile comprensione, come abbiamo potuto appurare. Tutto ruota attorno - come peraltro era già stato il caso in prima istanza - alle direttive emanate dalle autorità superiori per arginare la diffusione della COVID-19 nelle strutture per la terza età. In particolare la Corte di appello e di revisione penale si è chinata sulla competenza giuridica del medico cantonale nel promulgare quelle disposizioni. Provvedimenti che, nel primo processo, i difensori degli imputati - gli avvocati Mario Postizzi, Luigi Mattei ed Edy Salmina - avevano definito «generali e astratte» biasimando inoltre l’atteggiamento del Consiglio di Stato che «aveva abdicato al suo potere».

Solo decisioni sui temi puntuali

La massima istanza giudiziaria ticinese ha accolto la tesi dei legali prosciogliendo i vertici della casa anziani di Sementina e riconoscendo loro anche un’indennità di 61.500 franchi ciascuno, mentre le spese e le tasse di giustizia sono poste a carico dello Stato. Il medico cantonale - ha appreso il nostro giornale - non era insomma competente per emanare quelle disposizioni anche se si era in un periodo di emergenza sanitaria. La legislazione cantonale, infatti, sancisce che la competenza è del Governo. E, pertanto, non potevano nemmeno esserci delle deleghe. Il medico cantonale avrebbe potuto, semmai, prendere decisioni su tematiche puntuali ma non attraverso un atto normativo.

Erano tutte raccomandazioni

Quelle direttive, per farla breve, erano semplicemente delle raccomandazioni e non degli obblighi vincolanti per chi si trovava a dirigere gli istituti per la terza età in quelle terribili settimane segnate dal flagello chiamato coronavirus. Ergo: sono cadute tutte le accuse. Anche quelle che erano costate la condanna parziale in primo grado al pagamento di multe comprese tra i 1.000 e i 1.500 franchi.

Ossia il divieto di accesso di terzi alla casa anziani per evitare che il virus si propagasse, la non sospensione delle attività di gruppo e per la vicenda dei tre pittori che, in piena pandemia, avevano ottenuto il via libera per ritinteggiare il terzo piano della casa anziani Circolo del Ticino. Anche per tutte queste fattispecie, ribadiamo, i vertici della struttura di via Pradasc sono stati assolti.

Duro l'MPS

Fin dall’inizio in prima fila nell’esigere chiarezza grazie a Matteo Pronzini, il Movimento per il socialismo ha preso atto con «tristezza» della sentenza, di fronte alla quale «non si può che rimanere allibiti». L’MPS ritiene che «sentenze di questo tipo, difficilmente comprensibili dalla popolazione, non contribuiscono a rafforzare la fiducia nella giustizia, già messa a dura prova negli ultimi anni da vicende che ne hanno evidenziato la vicinanza al potere politico e alle sue logiche spartitorie». Il movimento coordinato da Giuseppe Sergi invita infine la Procura a ricorrere al Tribunale federale contro il verdetto.

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