Forum di Davos

Il messaggio di Macron a Putin: «La Russia non vincerà la guerra»

Il presidente francese e il neoeletto presidente argentino Javier Milei sbarcano nei Grigioni – Con loro anche il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez – In mattinata da Roma era arrivato agli organizzatori anche un messaggio di papa Francesco – La Svizzera è al lavoro per organizzare la conferenza internazionale di pace
Il presidente francese Emmanuel Macron con la presidente della Confederazione Viola Amherd. © KEYSTONE / LAURENT GILLIERON
Dario Campione
17.01.2024 20:11

La guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente, il possibile ruolo dell’Europa in un mondo in cui la povertà e la disuguaglianza sociale sembrano crescere a dismisura. Ma anche l’imbarazzante show del neopresidente argentino Javier Milei, accolto inizialmente con curiosità e non senza entusiasmo da una platea numerosa, ma salutato alla fine - come ha scritto El País in un sapido commento - «soltanto dai timidi applausi, e in gran parte sconcertati», di un uditorio incredulo.

La seconda giornata del World Economic Forum (WEF) di Davos ha messo in fila molti protagonisti della scena politica mondiale: dal segretario di Stato USA Antony Blinken al presidente francese Emmanuel Macron, dal premier spagnolo a papa Francesco, il quale ha inviato ai partecipanti un messaggio scritto di straordinaria forza morale.

Viaggio in India e in Cina

«La Russia non può vincere, e non vincerà in Ucraina», ha detto Macron parlando ai delegati del Forum grigionese. Ed è stata sicuramente questa l’affermazione politicamente più significativa della giornata. Un messaggio chiaro, rivolto al presidente russo Vladimir Putin impegnato, in questi ultimi giorni, a rivendicare successi sul terreno che in realtà non ci sono.

Macron ha accolto con favore un possibile vertice mondiale per la pace in Ucraina, annunciato lunedì dalla consigliera federale Viola Amherd e da Ignazio Cassis. «È una tra le iniziative utili», ha detto. Aggiungendo tuttavia che «le condizioni devono permetterlo». E queste condizioni, inevitabilmente, prendono le mosse da un ritiro delle truppe di Mosca dai territori occupati con l’invasione del febbraio di due anni fa. Lo scenario rimane molto complicato. Lo stesso Cassis non è stato in grado di dire se la Russia sarà invitata al vertice sulla pace in Ucraina qualora questo si concretizzasse. Tra poche settimane, il capo del DFAE andrà in Cina e in India per sondare due dei grandi colossi asiatici sulla questione. «I contorni non sono ancora chiari - ha spiegato Cassis ai giornalisti - Tutto dipende dal modo in cui i Paesi influenti vorranno essere coinvolti. Certo è che non potrà esserci una conferenza di pace degna di questo nome, una conferenza che porti cioè alla cessazione delle ostilità, senza la Russia», ha sottolineato il consigliere federale.

L’inferno di Churchill

In mattinata, anche il segretario di Stato USA Antony Blinken aveva parlato del conflitto in Ucraina, e alla domanda su una possibile prospettiva immediata di un cessate il fuoco aveva risposto dicendo di non intravvederla, pur sottolineando che «gli Stati Uniti sono sempre stati aperti a un’intesa». Parlando ai delegati del Forum, Blinken ha ammesso di «non riuscire a pensare a un momento della sua carriera in cui ci siano state più sfide globali contemporaneamente: dalla guerra a Gaza e in Ucraina alle tensioni su Taiwan». Sfide per affrontare le quali serve determinazione e risolutezza, le stesse qualità invocate in tempo di guerra da Winston Churchill: «Quando si tratta di cose difficili, quando stai attraversando l’inferno, continuate ad andare avanti», è stata la citazione di Blinken.

E quell’immagine, l’inferno, è tornata nelle parole con cui il segretario di Stato americano ha descritto lo «straziante» conflitto in corso a Gaza. Uno scontro che può essere risolto soltanto con la nascita di uno «Stato palestinese con una struttura di governo che dia alle persone ciò che vogliono e lavori con Israele per essere efficace». La sofferenza «mi spezza il cuore - ha aggiunto Blinken - ma bisogna agire. E la domanda è: che cosa si deve fare?». Il capo della diplomazia USA ha confermato di aver sentito, nelle ultime settimane, «praticamente tutti i Paesi del Medio Oriente; Paesi che vogliono gli Stati Uniti al tavolo delle discussioni su come porre fine alla guerra di Israele con i militanti di Hamas a Gaza». Su quale possa essere la soluzione, però, non sono giunte indicazioni precise.

Etica e potere

A Davos si è discusso anche del messaggio rivolto da papa Francesco agli organizzatori del Forum. Un breve testo, diffuso dalla Sala stampa del Vaticano in inglese, in cui il pontefice è tornato su temi a lui molto cari: la lotta alla povertà, l’etica del potere, la necessità della pace. «Il mondo dell’impresa e della finanza opera ormai in contesti economici sempre più ampi, dove gli Stati nazionali hanno una limitata capacità di governare i rapidi cambiamenti delle relazioni economiche e finanziarie internazionali - ha scritto il Papa - Questa situazione richiede che le imprese stesse siano sempre più guidate non solo dalla ricerca del giusto profitto, ma anche da elevati standard etici, soprattutto nei confronti dei Paesi meno sviluppati, che non dovrebbero essere alla mercé di sistemi finanziari abusivi o usurari».

Il raggiungimento del bene comune, ha aggiunto Francesco, «è un obiettivo al di fuori della portata dei singoli Stati, anche di quelli dominanti in termini di potere, ricchezza e forza politica». Ecco perché è indispensabile agire tutti nel segno di una solidarietà universale. Forse ancora utopica.

Sulla scia delle parole del Papa le cose dette dal primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, il quale è intervenuto subito dopo Milei ed è sembrato, anche per questo, rispondere a tono alle affermazioni del presidente argentino.

«Aiutateci ad aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, a fermare l’emergenza climatica, a difendere la democrazia e a lottare contro la regressione rappresentata da un’ondata reazionaria che sta travolgendo il mondo. In breve: aiutateci a dare alle persone una vita migliore», ha chiesto Sánchez ai delegati del Forum. «Non ingoiamo i vecchi postulati neoliberali che presentano lo Stato come un’entità che non genera valore. O affermano che l’unica responsabilità delle aziende è quella di aumentare i profitti per i loro azionisti. Queste idee sono state smentite dalla scienza e dalla storia», ha concluso.