L'intervista

«Il quartiere alle Officine FFS sarà realtà dopo il 2030»

Bellinzona, intervista al capodicastero Territorio e mobilità Mattia Lepori in carica da un anno - Si esprime sull'innovativo comparto, sui prossimi passi e sulla possibilità di accogliere un'antenna del Politecnico federale di Zurigo
In primo piano la storica "Cattedrale", che sarà il fulcro del moderno quartiere. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
14.05.2025 06:00

Cesare Pavese forse esagerava quando diceva che le cose si ottengono quando non si desiderano più. La Città l’innovativo quartiere al posto delle Officine FFS lo vuole eccome. Ma dovrà aspettare dopo il 2030. Il Corriere del Ticino ne ha parlato con il capodicastero Territorio e mobilità Mattia Lepori, in carica da un anno.

Il futuro quartiere che sorgerà alle Officine FFS di Bellinzona da poco più di un anno è «bloccato» da un ricorso inoltrato da un gruppo di cittadini al Tribunale cantonale amministrativo. Avete sollecitato i giudici o attendete con serenità la sentenza, sperando che sia favorevole come per l’ex oratorio di Giubiasco?
«Nel rispetto della separazione dei poteri dello Stato e dell’autonomia dei tribunali non abbiamo sollecitato nessun giudice. Siamo sempre in attesa della sentenza che ovviamente auspichiamo possa essere favorevole e permetterci di continuare con l’iter che porterà alla realizzazione di quello che sarà il progetto più importante dei prossimi decenni per il Bellinzonese».

Trattandosi di una censura riguardante la Legge organica comunale (LOC), ossia contro la decisione del Governo che ha bocciato i ricorsi contro il via libera del Legislativo del 4 aprile 2023 alla variante pianificatoria, temete che possano profilarsi altri ricorsi quando il progetto verrà posto in pubblicazione?
«Purtroppo non possiamo escluderlo. Una volta evaso il cosiddetto ricorso LOC si apriranno i termini per l’eventuale referendum ed i ricorsi secondo la Legge sullo sviluppo territoriale (LST). Come detto, auspichiamo però che prevalga una visione d’insieme che riconosca il valore strategico di questo progetto per il futuro del territorio».

Il progetto, però, non è fermo, immaginiamo. A che punto sono i lavori? In particolare ci riferiamo agli approfondimenti in corso per l’inserimento di un autosilo da 90 posteggi nel comparto (studio di fattibilità) e ai possibili contenuti dell’area dell’Almenda.
«Sono stati svolti degli approfondimenti preliminari, in particolare sulle condizioni da porre per la progettazione dell’ampia area verde al centro del comparto chiamata Almenda e delle sue componenti. Attualmente si attende perlomeno l’esito della procedura di pubblicazione LST prima di compiere ulteriori passi».

Non si è persa l’occasione per concretizzare il primo quartiere senza automobili del Ticino, diventando così dei pionieri?
«Come Municipio riteniamo che con la variante siano stati fatti dei passi importanti dal punto di vista ecologico, ad esempio con una rilevante riduzione del fabbisogno di posteggi e con l’obbligo di rispettare degli standard energetici elevati. L’obiettivo dell’Esecutivo, più che diventare un pioniere, è quello di attuare delle scelte ponderate che tengano conto con la dovuta misura di tutti gli interessi e sensibilità in campo permettendo lo sviluppo della Città».

Vi state chinando anche sui contenuti futuri della «Cattedrale»? Si sta andando (più) verso la cultura e la socialità oppure verso un luogo di aggregazione?
«Si tratta di un edificio con dei volumi enormi che nelle intenzioni pianificatorie ospiterà attività dai contenuti misti: culturali, espositivi e commerciali. Il tutto nel pieno rispetto dell’importanza storica dello stabile. L’obiettivo è quello di conservare ma nel contempo valorizzare la ‘Cattedrale’, mettendola in sinergia con l’ampio spazio verde dell’Almenda al centro del nuovo quartiere. Questi due elementi rappresenteranno il cuore pulsante del comparto e diventeranno senz’altro un nuovo spazio qualitativo d’aggregazione della Città. Il percorso che porterà alla progettazione ed alla scelta dei contenuti di dettaglio deve ancora essere discusso e definito».

Oltre alla SUPSI con il Dipartimento tecnologie innovative dobbiamo attenderci altri istituti e/o aziende orientate all’innovazione? Qualche società si è già fatta avanti?
«Lo scorso 11 novembre lo Switzerland innovation park Ticino è stato formalmente riconosciuto quale parco associato a quello di Zurigo all’interno della rete nazionale Switzerland innovation, il cui insediamento è previsto nel nuovo quartiere Officine. Insieme al Centro di competenze Lifestyle Tech e a quello specializzato sui droni, a dare concreta vita al Parco dell’innovazione ticinese ci sarà anche il Life sciences competence center. Quest’ultima è una realtà su cui la Città ha già investito molto, convinta del potenziale che il settore della ricerca rappresenta per lo sviluppo economico di tutto il Cantone. Il centro di ricerca creerà sicuramente delle esternalità positive e, pure in considerazione della centralità di Bellinzona, aumenterà la nostra attrattiva per le imprese del settore».

C’è un sogno, poi. Quello di poter accogliere un’antenna del Politecnico federale di Zurigo a Bellinzona. Rimarrà una visione o vi sono buone possibilità?
«Nel medio termine deve rimanere un obiettivo. Sarebbe auspicabile che il Politecnico persegua in un qualche modo una filosofia federalista e preveda di conseguenza una presenza in tutte le regioni linguistiche del Paese. Sta a noi creare le condizioni quadro affinché sia possibile permettere a determinati dipartimenti di portare avanti la ricerca con l’eccellenza a cui siamo abituati anche alle nostre latitudini. Ritengo che proprio la costituzione dello Switzerland innovation park Ticino sia un primo passo nella giusta direzione».

I bellinzonesi quando potranno mettere piede nel moderno quartiere? Se azzardiamo il 2030 siamo troppo ottimisti?
«Purtroppo penso che il 2030 sia irrealistico, in quanto ci si deve dapprima confrontare con la procedura di approvazione della pianificazione, con le richieste di credito, con i concorsi di progettazione, di domanda di costruzione e di appalto, tenendo conto per i vari passaggi delle eventuali procedure ricorsuali. Ora la priorità è quella di poter disporre di una nuova base pianificatoria per poi iniziare con le varie procedure edilizie».

Intanto, nell’immediato, c’è il primo colpo di piccone per la realizzazione dell’edificio principale delle nuove Officine FFS di Castione. La data storica è in agenda in giugno, fra un mese. I ritardi del cantiere vi hanno infastidito come Municipio? Ricordiamo che il sito produttivo originariamente avrebbe dovuto essere messo in esercizio nel 2026, mentre l’inaugurazione è oggi prevista nel luglio 2028.
«I ritardi non fanno mai piacere, ancor di più quando si tratta di grandi progetti come lo è il nuovo stabilimento industriale FFS di Castione. Tuttavia abbiamo imparato a restare sempre positivi pensando ai benefici che si otterranno una volta realizzate queste opere. Per il Municipio l’aspetto più importante era quello di confermare i posti di lavoro nel Bellinzonese. Ricordo che il nuovo impianto garantirà almeno 360 posti di lavoro a tempo pieno e in aggiunta 80 posizioni per apprendisti. In questo contesto, perciò, non possiamo che essere soddisfatti».

La Città ha appena ricevuto la conferma della plausibilità da parte del Cantone delle proprie zone edificabili. Cosa significa esattamente? In che modo la notizia è da mettere in relazione al nuovo quartiere Officine?
«Corretto. La Sezione dello sviluppo territoriale ha stabilito che la zona edificabile del Comune di Bellinzona è coerente con le prospettive di crescita della popolazione e di posti di lavoro nei prossimi 15 anni, ritenendo corretti i parametri utilizzati dal Comune. Ci hanno confermato che le zone edificabili non devono quindi essere ridotte. La notizia è senz’altro positiva perché ci permette di tranquillizzare i proprietari, ma non influenza direttamente la variante di PR alle Officine che ha un impatto neutro sulla contenibilità: essendo una zona industriale già edificata con delle unità insediative non è mai stata considerata un azzonamento che avrebbe aumentato l’edificabilità del comparto».

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