Il dibattito

«Il ritorno dello schermo di Vacchini? L'atteggiamento che ha prevalso è quello del dialogo»

Il Film festival fa dietrofront: l’iconica struttura progettata negli anni Settanta dal celebre architetto, mandata quest’anno in pensione, tornerà a sorreggere il telo in piazza Grande per l’edizione del 2026 – Intanto si prospetta un concorso per la successione
Introdotta quest’estate, ormai non si rivedrà più. © LFF/Massimo Piccoli
Jona Mantovan
09.12.2025 21:23

Era stata mandata in pensione, ma adesso... «tornerà». Già nel 2026. Come si potrebbe leggere al termine dei titoli di coda di una pellicola dedicata a un popolare supereroe, solitamente campione d’incassi. In questo caso - però - si parla sempre di cinema, ma della struttura progettata dall’architetto Livio Vacchini negli anni Settanta per sorreggere il telo del Festival in piazza Grande. Oggi pomeriggio, clamoroso «dietrofront». Un vero e proprio «colpo di scena» degno dei migliori titoli hollywoodiani: tutte le ragioni esposte a favore della sua sostituzione (già messa in pratica nell’edizione archiviata quest’estate, la numero 78) sono infatti cadute. All’origine della scelta, l’ondata di preoccupazione tra specialisti e operatori del mondo culturale in agitazione per un allestimento «qualitativamente inferiore dal punto di vista stilistico e architettonico».

«Ascoltiamo le critiche»

Attorno al tema era stata avviata una raccolta di firme, accompagnata da dibattiti, pomeriggi informativi, varie azioni di sensibilizzazione e, infine, da una serata aperta al pubblico (il 10 settembre) organizzata dal Consiglio d’Amministrazione stesso, il quale aveva sottolineato l’intenzione di «ascoltare e prendere nota delle critiche».

«In mattinata abbiamo ricevuto la notizia direttamente da loro e, come gruppo promotore della petizione, l’abbiamo accolta con grande piacere», racconta al Corriere del Ticino il primo firmatario, Michele Bardelli (che nella vita opera come professionista associato all’omonimo studio), il quale precisa con soddisfazione come abbia prevalso «l’atteggiamento di dialogo che abbiamo sempre auspicato».

«Solo un esperimento»

«La nostra richiesta, cioè salvaguardare questo importante elemento fondamentale e iconico della manifestazione, è stata accolta». La grande mobilitazione aveva permesso di sfiorare le diecimila sottoscrizioni (arrivando a 9.400, al grido di «Don’t touch the screen» - Non toccare lo schermo) per salvare un simbolo così radicato da essersi meritato anche la riproduzione sulle banconote da 20 franchi, in circolazione dal 2016 e ancora attuali. «Il “passo” compiuto quest’anno è stato considerato solo un esperimento provvisorio, che ha portato a rivalutare l’ipotesi di mantenere la costruzione originale realizzata con elementi tubolari d’acciaio che porta la prestigiosa firma del visionario creatore locarnese», commenta il nostro interlocutore, che non nasconde come la messa fuori servizio sia comunque un destino pressoché inevitabile.

«Resta la soluzione migliore»

«Sì, è probabile che, prima o poi, sarà dismessa. Tuttavia, prima di decidere, occorre riflettere seriamente. Dal punto di vista tecnico, al momento non sembra necessario un cambiamento: finché la proiezione resta un fascio di luce bianca su una superficie bianca o argentata, quella impiegata da così tanto tempo rimane la soluzione migliore».

Gara «sul lungo periodo»

Per quanto riguarda il futuro, la stessa nota diffusa dalla kermesse parla di un concorso d’idee volto a individuare un socio che, «sulla base di un’attenta valutazione del contesto in evoluzione e delle esigenze che si pareranno in prospettiva», accompagnerà la rassegna, nei prossimi cinque anni, nella «definizione di una soluzione globale e sostenibile» ad ampio raggio, per tutte le costruzioni temporanee.

Una competizione che, nelle intenzioni, dovrà guardare oltre, nel «lungo periodo e tenendo conto dei principali sviluppi urbanistici previsti sul territorio, tra cui il progetto «La Nouvelle Belle Époque»la riqualificazione della Rotonda, il comparto scolastico della Morettina e l’area del Palexpo (ex FEVI), affinché il Festival possa continuare a evolvere con coerenza e responsabilità all’interno di un contesto cittadino in rapida trasformazione - sempre al servizio del pubblico e chiunque abbia a cuore il futuro della manifestazione». In conclusione, nel testo, una dichiarazione di Eloisa Vacchini, dell’omonimo studio d’architettura: «In una manifestazione quale il Festival, le infrastrutture ne determinano il successo, in quanto sono parte integrante dell'esperienza collettiva. Se oggi la pratica pone delle domande nuove, le risposte tecniche non sono mai ovvie, in quanto funzioneranno solo se garantiscono la sopravvivenza delle idee che hanno generato l’identità o la magia di un gesto».  

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