«Siamo un Festival che ascolta e prende nota delle critiche»

Il Locarno film festival, c’è. La Città, c’è. Anche a fronte delle critiche più forti. Anzi. Per riprendere le parole del sindaco, Nicola Pini (presente, chiamato in causa e intervenuto) «è così che ci piace». La partecipazione all’assemblea informativa aperta al pubblico e organizzata dalla kermesse cinematografica (principale manifestazione culturale non solo della regione o del Cantone, ma della Svizzera) è stata intensa. Il microfono, ieri sera nella sala del GranRex e dopo un breve silenzio in ricordo del fotografo Massimo Pedrazzini (collaboratore di lunga data), era rivolto a spettatrici e spettatori: c’è chi ha raccontato di trovarsi male con il sistema di prenotazione. Chi ritiene troppo angusti gli spazi in piazza Grande e propone una riduzione del numero di sedie. Chi, invece, vorrebbe vedere più sottotitoli ai film in proiezione.
Edizione di grande successo
Un consiglio d’amministrazione praticamente in corpore ha preso nota. E, in parte, pure risposto su alcune questioni. Ribadendo lo stretto legame con il territorio. Al tavolo, la presidente Maja Hoffmann e il vicepresidente Luigi Pedrazzini, più il direttore artistico Giona Nazzaro e il presidente della direzione, Raphäel Brunschwig.


«Abbiamo fatto il punto sull’edizione di quest’anno, dimostrando come sia stata un grande successo, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo», ha dichiarato Brunschwig al Corriere del Ticino al termine della serata. «Abbiamo registrato un aumento dell’affluenza, degli accreditati e della visibilità sui media, nazionali e internazionali. Inoltre, la presenza di personalità di rilievo e l’eccezionale qualità del programma hanno contribuito a rendere Locarno78 particolarmente significativa», ha aggiunto. «Naturalmente, ci sono temi su cui è necessario riflettere. Uno di questi è la questione dello schermo, molto dibattuta durante la serata. Abbiamo ascoltato nuovamente le perplessità emerse riguardo alla soluzione adottata quest’anno».
Disponibilità al confronto
Il riferimento è alla struttura montata all’esterno, nel luogo simbolo della rassegna, che regge il telone bianco su cui scorrono i fotogrammi delle magiche serate festivaliere: fino all’anno scorso, il modello era quello disegnato negli anni Settanta dal celebre architetto Livio Vacchini, quest’anno «mandato in pensione» a favore di una soluzione più moderna e razionale, in grado di far risparmiare la considerevole somma di 150.000 franchi annui.
Una scelta che aveva fatto storcere il naso a un gruppo di specialisti, che ha poi raccolto oltre 9.400 firme in una petizione intitolata «Don’t touch the screen» (Non toccare lo schermo), sottolineando l’importanza espressiva e storica della «geniale» opera composta da elementi tubolari d’acciaio. «Su questo punto abbiamo ribadito la nostra disponibilità al confronto, mettendo tutte le opzioni sul tavolo. Da qui partiremo per individuare la soluzione migliore, tenendo conto di tutti gli aspetti: economici, organizzativi, architettonici e, non da ultimo, quelli legati alla condivisione e alla sensibilità del pubblico», ha ancora dichiarato Brunschwig.
«Conta la rilevanza»
L’intervistato, tuttavia, si spinge oltre: «Internamente discutiamo molto su quale sia il “cuore” del Festival. Alcuni sostengono che sia il cinema. Penso che il nostro fulcro sia la rilevanza culturale. La perseguiamo attraverso la settima arte, che è saldamente al centro del nostro agire, ma siamo pienamente consapevoli che dobbiamo farlo in ogni ambito, idealmente comprese le infrastrutture temporanee. Tutto questo deve essere compatibile con una serie di fattori, come le risorse finanziarie, i tempi di allestimento e altri aspetti organizzativi».
Dalle poltroncine rosse, non sono infatti mancate domande sull’esistenza, nell’organigramma, di una figura competente nel ramo della progettazione, alfine di garantire un certo valore estetico alle varie costruzioni temporanee.
«Messaggio forte e chiaro»
«Non sappiamo ancora con certezza quale direzione prenderemo per il futuro, ma possiamo affermare con sicurezza che questa consapevolezza sarà ancora più presente nelle nostre riflessioni. Il messaggio che ci è arrivato dai frequentatori del Festival, in particolare da chi ha firmato la petizione, è stato forte e chiaro. Non è che ne fossimo all’oscuro prima, ma abbiamo dovuto fare delle riflessioni pragmatiche, dettate dalle diverse esigenze che in questi mesi abbiamo esplicitato più volte».