Il caso

«L'obbligo di denuncia è una decisione che mi sembra giusta»

L’amministratore apostolico Alain de Raemy torna sulla condanna di don Rolando Leo - Parla della sofferenza che non è «misurabile su una scala» e del suo predecessore, Valerio Lazzeri, al quale nel 2021 un giovane confidò le malsane attenzioni del prete: «Vennero prese le misure necessarie»
© CdT/Chiara Zocchetti

«Questa vicenda ci insegna ad avere sempre un’attenzione molto grande a chi esprime disagio, non solo nell’ambito dell’abuso sessuale, ma anche nell’abuso di potere e spirituale. Bisogna promuovere la libertà di parola nelle relazioni spirituali. Abbiamo già iniziato nei Vicariati un percorso di prevenzione rivolto ai preti e lo abbiamo fatto anche con il personale della Curia e con i colleghi della Conferenza missionaria. E proseguiamo». L’amministratore apostolico Alain de Raemy, intervistato ieri dal portale catt.ch, è tornato sulla condanna di don Rolando Leo a 18 mesi sospesi con la condizionale. L’accusa inoltrerà Appello.

Gli aspetti sotto la lente

Monsignor Alain de Raemy si esprime sulla sofferenza. E lo fa anche alla luce della nota stampa del Gruppo di ascolto per le vittime di abusi in ambito religioso che ha puntualizzato che «non esistono violenze ‘lievi’». Secondo l’amministratore apostolico della Diocesi di Lugano «la sofferenza soggettiva non si può misurare. La sofferenza e il vissuto della persona prima della situazione dell’abuso c’entrano con la sofferenza provocata dall’abuso. Tutte le persone sono diverse tra loro, ma la sofferenza c’è sempre. Talvolta una persona può rendersi conto di aver subito un abuso molto tempo dopo aver subito l’atto, ma quando se ne rende conto, quella persona soffre. Non è una sofferenza misurabile su una scala».

Cosa successe allora

Alain de Raemy si sofferma inoltre sul ruolo avuto dal suo predecessore, il vescovo Valerio Lazzeri, al quale nel 2021 un giovane si era rivolto segnalando un abuso da parte di don Rolando Leo: «La decisione è stata presa secondo le conoscenze che aveva la Curia in quel momento, prendendo le misure del caso e indirizzando il prete da uno psicologo dove è andato. Il giovane, adulto al momento dei fatti, decise di non denunciare». Un percorso che il sacerdote, mantenendo tutti gli incarichi in seno alla Diocesi e le funzioni in ambito scolastico, aveva iniziato e poi interrotto. Gli abusi erano ripresi ai danni di altri giovani, tra i quali ragazzi di età inferiore ai 16 anni, fino alla primavera 2023.

L'iniziativa e le prospettive

Il Governo intende introdurre ora nella Legge cantonale sulla Chiesa cattolica una norma che stabilisca l’obbligo di segnalazione degli abusi compiuti dal clero, come proposto dall’iniziativa di Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi (MPS). Una decisione che «mi sembra giusta. Se lo Stato ha l’obbligo di informare la Chiesa quando un membro del clero viene accusato, deve esserci anche l’obbligo da parte della Chiesa di denunciare un caso allo Stato. Si tratta di un aspetto previsto dal diritto canonico e che ora viene applicato alla legge cantonale sulla Chiesa».

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